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La Corte di Giustizia Europea si è pronunciata sul rinvio pregiudiziale proposto dalla Commissione tributaria provinciale di Parma in merito all’assoggettamento alla c.d. “betting tax” italiana degli intermediari nazionali della trasmissione dei dati di gioco (i “CTD”) collegati a bookmaker senza licenza (causa C-788/18). Si tratta di un nuovo episodio del “caso Stanleybet”, nota società di scommesse sportive, la quale gestisce i propri CTD sul territorio italiano tramite licenza maltese, senza possederne una italiana.

In particolare, nonostante il regime di imposizione fiscale introdotto negli ultimi anni dal Governo italiano, il bookmaker maltese ha deciso di continuare ad operare sul territorio nazionale senza versare le imposte sui ricavi realizzati tramite i suoi intermediari in Italia. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha quindi contestato a uno dei CTD di Stanleybet il mancato pagamento dell’imposta unica, ritenendo la società responsabile in solido. Tale avviso di accertamento è stato impugnato da Stanleybet, insieme con il proprio mandatario, sulla base del contrasto con i principi comunitari di libera prestazione dei servizi, di non discriminazione in materia fiscale e di parità di trattamento, e la questione è stata infine sottoposta alla Corte di Giustizia Europea per la pronuncia pregiudiziale.

Ebbene, interrogata sulla questione, la CGUE ha ritenuto che la richiesta di pagamento non possa essere considerata discriminatoria, in quanto l’imposta unica di cui in oggetto si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza operare alcuna distinzione in base al luogo di stabilimento di tali operatori. “La legge italiana non prevede un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi venga eseguita in Italia o in altri Stati membri” e il potenziale rischio di doppia imposizione (in Italia e a Malta) di Stanleybet deve tener conto del fatto che gli Stati membri dell’UE godono di una certa autonomia in materia fiscale e che, pertanto, non sono obbligati ad adeguare i propri sistemi fiscali ai diversi sistemi di tassazione degli altri Stati membri.

Alla luce di quanto precede, la CGUE è così giunta alla conclusione che la legislazione europea non osta ad una normativa di uno Stato membro che renda i CTD stabiliti in tale Stato membro soggetti ad una imposta sulle scommesse in solido con gli operatori di scommesse, loro mandanti, stabiliti in un altro Stato membro, indipendentemente dal luogo in cui tali operatori siano stabiliti e dall’assenza di concessione per l’organizzazione delle scommesse.

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