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Le due associazioni “Associazione delle imprese attive nella Blockchain in Italia” e “Associazione Blockchained” hanno impugnato davanti al TAR Lazio il provvedimento adottato dall’Agenzia delle entrate riguardante le “istruzioni per la compilazione del modello 2019 per la dichiarazione dei redditi delle persone”, con le quali era previsto l’obbligo di inserire, all’interno della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche, le valute virtuali, in quanto qualificabili come redditi finanziari di provenienza estera.

L’impugnazione aveva ad oggetto la parte del provvedimento che annoverava le valute virtuali fra le “altre attività estere di natura finanziaria”, assoggettandole agli obblighi previsti dal cosiddetto “monitoraggio fiscale” introdotto dalla Direttiva 88/361/CEE e recepito in Italia con il decreto legislativo 28 giugno 1990, n. 167. Le ricorrenti lamentavano un’erronea equiparazione tra gli investimenti in attività finanziarie estere e le criptovalute, anche in considerazione dell’esclusione, ai sensi del decreto legislativo 231/2008, dalla categoria degli operatori finanziari dei prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale. Contestualmente, i ricorrenti aggiungevano che “il prezzo che viene attribuito alle valute virtuali è dato unicamente dal fatto che la maggior parte di esse esiste in misura finita, essendo asset digitalmente scarsi e irreplicabili, seppure restino strumenti essenzialmente di comunicazione, aventi la sola utilità data dalla loro attitudine al trasferimento, il cui valore è rappresentato dalla somma che qualcuno è disposto a spendere per servirsene”.

Nonostante le suddette argomentazioni, il Tar Lazio respingeva il ricorso affermando che lo stesso legislatore avesse assoggettato agli obblighi di monitoraggio le monete virtuali a seguito delle modifiche, apportate dal decreto legislativo n. 90 del 2017, al decreto legislativo di cui sopra che inserivano le monete virtuali tra le operazioni soggette al monitoraggio fiscale. Con riferimento alla natura delle criptovalute, il Tar si è concentrato principalmente sull’aspetto funzionale delle stesse che impone di applicare il regime di tassazione non tanto in base al mero possesso delle valute virtuali in quanto tali, bensì rispetto al loro utilizzo entro il novero delle diverse operazioni possibili, coerentemente con la loro natura effettiva che è rappresentativa di valori, sia pure scaturente da un riconoscimento pattizio e volontario dei soggetti che le utilizzano, e quindi valutabili come parte del patrimonio del soggetto titolare.

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