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Il Tribunale UE ha richiesto un’analisi rigorosa delle concentrazioni in mercati oligopolistici e dei possibili effetti non coordinati.

Con sentenza del 28 maggio 2020, causa T-399/16, il Tribunale dell’Unione Europea ha annullato la decisione della Commissione Europea che aveva vietato una concentrazione tra due dei quattro operatori infrastrutturati di rete mobile (MNO) del Regno Unito (rispettivamente, il primo e il quarto operatore per customer base e il secondo e il quarto per fatturato), offrendo spunti sullo standard probatorio da soddisfare per l’analisi dei potenziali effetti anticoncorrenziali di una concentrazione in mercati oligopolistici, in particolare in presenza di una teoria del danno che ipotizzi l’esistenza di “effetti non coordinati” (ossia, prodotti da possibili condotte unilaterali dell’impresa risultante dalla concentrazione).

Ad avviso della Commissione, la riduzione da quattro a tre concorrenti che sarebbe conseguita a tale operazione avrebbe potuto produrre effetti non coordinati negativi sia nel mercato retail della telefonia mobile nel Regno Unito, in termini di aumento dei prezzi dei servizi e riduzione della qualità dei servizi, sia nel mercato all’ingrosso, da un lato ostacolando lo sviluppo dell’infrastruttura di rete mobile nel Regno Unito e frustrando l’incentivo a investire nello sviluppo nella rete e dall’altro limitando la possibilità degli operatori virtuali di ottenere condizioni di accesso all’ingrosso alla rete favorevoli.

Il Tribunale ha ricordato preliminarmente che sebbene il Regolamento sulle concentrazioni (Regolamento CE 139/2004) permette in linea di principio di vietare una concentrazione in mercati oligopolistici anche nel caso in cui l’operazione non dia luogo alla “creazione o al rafforzamento di una posizione dominante”, nell’ambito di una teoria del danno fondata su effetti non coordinati la mera riduzione delle pressioni concorrenziali dovuta alla scomparsa di uno degli operatori, in linea di principio, non è di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza di un “impedimento significativo alla concorrenza effettiva” tale da consentire di vietare una concentrazione. Il Tribunale ha precisato che, nel contesto dell’analisi del significativo impedimento, la Commissione è tenuta a produrre prove sufficienti che dimostrino la forte probabilità che il prospettato impedimento significativo si realizzi.

Quanto ai possibili effetti non coordinati nel mercato retail, il Tribunale ha preliminarmente ritenuto che la Commissione abbia errato a valutare l’operatore “acquisito” come “importante forza concorrenziale”, in assenza della prova da parte della Commissione che tale operatore esercitasse una pressione competitiva sugli altri tale da risultare indispensabile per un’effettiva concorrenza nel mercato.

In relazione all’analisi quantitativa degli effetti della concentrazione sui prezzi effettuata dalla Commissione, il Tribunale ha ritenuto che la decisione non avesse dimostrato, con un grado di probabilità sufficientemente elevato, che i prezzi avrebbero potuto subire un aumento significativo. In particolare, ad avviso del Tribunale, la Commissione ha ignorato le possibili efficienze che usualmente derivano dalle operazioni di concentrazione (in particolare derivanti dalla razionalizzazione e integrazione dei processi di produzione e distribuzione dell’entità risultante dall’operazione), ritenendo erroneamente che fosse onere delle parti notificanti provarle.

Per ciò che concerne i presunti ostacoli allo sviluppo dell’infrastruttura di rete mobile nel Regno Unito (dovuti alla circostanza che gli MNO inglesi erano parte di due distinti accordi di condivisione di rete e che l’entità risultante dalla concentrazione sarebbe divenuta parte di entrambi gli accordi), il Tribunale ha criticato la decisione della Commissione per non avere analizzato correttamente i prospettati possibili effetti di scadimento dei servizi offerti o della qualità della rete  e gli effetti dell’aumento della trasparenza sugli incentivi a investire nella rete.

Infine, il Tribunale ha osservato che, di per sé, la semplice riduzione del numero degli operatori presenti sul mercato all’ingrosso non fosse sufficiente a dimostrare i possibili effetti negativi sul potere negoziale degli operatori virtuali, in particolare alla luce della mancata prova della natura di “importante forza concorrenziale” dell’operatore acquisito.

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