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L’8 luglio 2022, i giudici della III Camera del Tribunale di Parigi, specializzata in materia di proprietà intellettuale, si sono pronunciati sul caso Druet-Cattelan, giudicando l’irricevibilità del ricorso proposto dallo scultore francese Daniel Druet con cui quest’ultimo rivendicava la paternità di nove tra le più celebri opere di Maurizio Cattelan e chiedeva il risarcimento di oltre 5 milioni di euro.

Questa vicenda ha riaperto il dibattito sul significato dell’arte concettuale e sul riconoscimento del ruolo degli artigiani e degli assistenti nel contribuire alla realizzazione delle opere dietro le indicazioni dell’artista. Il caso ha avuto inizio lo scorso maggio, quando Druet ha citato in giudizio la Galerie Perrotin, ovvero la galleria francese dell’artista italiano, e il museo Monnaie de Paris, che ha esposto le opere di Cattelan nel 2016 e nel 2017, per violazione dei propri diritti di proprietà intellettuale, chiedendo di essere riconosciuto quale coautore delle sculture. Druet e Cattelan hanno lavorato insieme dal 1999 al 2006, periodo in cui Druet, su incarico dell’artista italiano, ha realizzato nove delle sculture più celebri di Cattelan – tra cui, La Nona Ora, ovvero un modello in cera che raffigura Papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite, e Him, che raffigura Hitler con le sembianze di un bambino che prega in ginocchio.

I giudici del tribunale per la proprietà intellettuale di Parigi hanno ritenuto che la richiesta di Druet fosse “inammissibile” poiché Cattelan non è mai stato citato direttamente in giudizio, peraltro aggiungendo che, in ogni caso, Druet avrebbe solamente eseguito i lavori che gli erano stati commissionati da Cattelan, riconosciuto quale unico ideatore e autore delle opere. L’avvocato della Galerie Perrotin ha infatti sottolineato come siano sempre state fornite istruzioni precise a Druet circa le modalità di realizzazione dell’opera, e che “la realizzazione materiale dell’opera è secondaria rispetto alla sua concezione”. L’avvocato dello scultore francese che, al contrario sostiene che l’opera sia solamente la scultura, ha invece replicato affermando che “Cattelan, per sua stessa ammissione, è incapace di scolpire, dipingere e disegnare”, aggiungendo poi che l’artista italiano avrebbe trasmesso a Druet delle semplici idee, e non delle precise istruzioni, e che anzi lo stesso Druet avrebbe dato numerosi suggerimenti a Cattelan nella realizzazione delle opere.

Nella decisione i magistrati francesi hanno ritenuto essere fuori discussione il fatto che le precise direttive per allestire le sculture di cera in una specifica configurazione – con particolare riferimento al loro posizionamento all’interno degli spazi espositivi, al fine di suscitare emozioni nel pubblico – siano state emanate unicamente da Cattelan, e non da Druet, il quale non ha avuto alcun ruolo nella scelta relativa alla disposizione scenografica della presentazione delle sculture – come, ad esempio, la scelta dell’edificio, la dimensione delle stanze, l’illuminazione, e persino la distruzione di un tetto in vetro o di un pavimento in parquet affinché l’allestimento  risultasse più realistico e suggestivo – o al contenuto del possibile messaggio oggetto dell’allestimento.

Chiuso un caso, se ne apre un altro. Cattelan, infatti, è ora protagonista di una nuova vicenda giudiziaria oltreoceano che vede coinvolta la sua celebre opera Comedian – ovvero la famosa banana appesa al muro con il nastro adesivo. Il contenzioso è stato promosso da Joe Morford, che gli contesta la violazione del copyright sulla sua opera Banana & Orange, che comprende due pannelli rettangolari verdi, a cui sono attaccate con il nastro adesivo grigio un’arancia e una banana. Dal canto suo, Cattelan sottolinea che la banana utilizzata nella sua opera Comedian è vera, mentre quella usata da Morford sarebbe sintetica, aggiungendo inoltre che non può essere protetta dal copyright l’azione di attaccare una banana con il nastro adesivo. Sarà ora compito dei giudici americani decidere se Cattelan è scivolato sulla buccia di banana di Morford.

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