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L’Avvocato Generale della Corte di Giustizia europea si è pronunciato sui profili di responsabilità intermediari per illeciti compiuti da terzi tramite la piattaforma di e-commerce degli intermediari.

La Corte di giustizia dell’Unione Europea si sta per pronunciare sulle cause riunite C-148/21 e C-184/21 che vedono protagonisti due big, da un lato, del mercato della moda, e dall’altro della gestione del mercato online. Il caso è di notevole interesse, in quanto consente di approfondire i profili di responsabilità degli intermediari nel caso in cui vengano commessi illeciti compiuti da terzi tramite la piattaforma di e-commerce messa a disposizione dagli stessi intermediari.

In attesa della decisione della Corte, è d’interesse soffermarsi sulle sue future possibili conseguenze a fronte dell’Opinione dell’Avvocato Generale Szpunar dello scorso giugno 2022.

La questione della responsabilità dei siti e-commerce che operano su internet è un problema certamente non nuovo. Tuttavia, si ripropone costantemente con caratteristiche e in termini sempre differenti mano a mano che il mercato evolve di pari passo con la tecnologia e nuove forme di intermediazione compaiono nel settore di internet.

Internet occupa un posto sempre più importante nelle nostre società, da un punto di vista sociale ma anche economico e gli intermediari che vi operano svolgono un ruolo essenziale a tale riguardo. Il ruolo crescente degli intermediari online, che si pongono come punto di incontro tra domanda e offerta della compravendita, implica necessariamente che la loro attività vada a toccare quella di altri operatori e possa, in una certa misura, rappresentare una minaccia per i diritti da questi ultimi vantati.

In particolare, il problema si pone rispetto alla proliferazione di attività di vendita di prodotti contraffatti a scapito dei titolari di diritti di proprietà intellettuale rispetto ad essi. Le piattaforme di vendita online, infatti migliorano l’accessibilità ai prodotti e favoriscono la commercializzazione, aumentando il volume dei prodotti e attività illecite connesse. L’identificazione di venditori di merce contraffatta non è sempre semplice e, in ogni caso, la loro individuazione e localizzazione può rappresentare un ostacolo all’insorgenza di una responsabilità a loro carico.

La Direttiva 2000/31/CE disciplina il commercio elettronico, ma, tuttavia, non pone alcun obbligo di sorveglianza in capo ai providers rispetto agli illeciti compiuti da terzi utilizzando i servizi messi a loro disposizione, tra cui la vendita di prodotti non conformi alla legge. Ampliare la responsabilità degli intermediari online potrebbe costringerli a esercitare un controllo su tutte le possibili violazioni dei diritti di proprietà intellettuali che potrebbero accadere sui loro e-commerce, nonché ostacolare ogni forma di innovazione nel settore. Spetta dunque alla giurisprudenza compiere un bilanciamento degli interessi presenti, tracciando il confine tra le situazioni in cui può insorgere la responsabilità diretta del gestore di un mercato online e quelle in cui detto gestore non può essere ritenuto direttamente responsabile di una violazione dei diritti di un titolare di un marchio commessa sulla piattaforma da esso gestita.

In questo caso, l’intermediario è allo stesso tempo distributore e gestore di un mercato online. Questo tipo di intermediari, a detta dell’Avvocato Generale, operano in un modo “ibrido”, pubblicando offerte di vendita di prodotti, fornendo a terzi vetrine virtuali insieme ad altri tipi di servizi.

I providers possono essere esonerati da responsabilità nel momento in cui la loro attività, meramente tecnica e automatica, risulti passiva, senza controllo o conoscenza dei contenuti in circolazione sulla piattaforma. Al contrario, laddove il loro ruolo sia attivo, di partecipazione o rielaborazione del contenuto illecito, o di indicizzazione dello stesso, il rischio di essere chiamati a rispondere aumenta esponenzialmente.

Nonostante sia necessario, a parere dell’Avvocato Szpunar, che la Corte precisi la nozione di “uso” del marchio nel commercio, lo stesso ritiene che il gestore del sito di e-commerce non ne farebbe uso e, conseguentemente, non potrebbe essere considerato responsabile per violazioni di marchi compiute da soggetti terzi. Spetterà dunque alla Corte valutare come rilevi l’”uso” di un segno distintivo di un terzo da parte di un intermediario all’interno della propria comunicazione commerciale che consenta all’utente di ipotizzare una connessione tra il segno e l’intermediario stesso. Il semplice fatto che le inserzioni del provider e quelle dei venditori terzi coesistano non può comportare che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento possa percepire i segni visualizzati nelle inserzioni dei venditori terzi come parte integrante della comunicazione commerciale.

Tuttavia, l’Avvocato Generale non sembra escludere la possibilità di configurare in capo all’intermediario, sulla base del diritto nazionale una forma di responsabilità indiretta. Interessante notare, a tal proposito, come i giudici italiani già da tempo hanno adottato un approccio di favore rispetto ai titolari dei diritti lesi e a providers di questo tipo viene spesso chiesto di intervenire e rimuovere i contenuti illeciti, con un aggravio di responsabilità in caso di condotta attiva.

Il punto di vista dell’utente risulta, dunque, un elemento fondamentale nella risoluzione della questione. In attesa della pronuncia della Corte di giustizia, ci limitiamo a riflettere sulle possibili implicazioni ed esiti che la vicenda avrà sul settore.

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