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L’industria del cinema, della televisione e della cultura sono da sempre un terreno fertile per la moda, che negli ultimi anni ha implementato e rafforzato forme di collaborazione che richiedono nuovi accorgimenti nei contratti per essere affrontate.

I meccanismi che hanno reso iconici il tubino nero di Givenchy indossato da Audrey Hepburn nel film Colazione da Tiffany o le decolleté Hangisi di Manolo Blahnik ai piedi di Carrie Bradshow nella serie TV Sex and The City non solo non sono cambiati, ma hanno rafforzato il legame tra la moda e gli altri mezzi di comunicazione, rendendo evidente la forza di tale connessione in termini di pubblicità e introiti. E infatti, oggi i brand sono sempre più consapevoli di quanto la loro immagine e l’intero business ruoti attorno e dipenda non solo dall’oggetto fisico in sé (ossia, il vestito, l’accessorio, eccetera), ma anche dal sapiente utilizzo di altri mezzi di comunicazione.

Alcuni esempi sono il successo dei telefilm Bridgerton, che ha determinato l’aumento della richiesta di corsetti del +23%, del reboot di Gossip Girl, che ha dato nuova linfa ai look preppy con un aumento delle vendite di gilet scozzesi del +47% e del +41% delle minigonne a pieghe e della miniserie TV Halston, che ha fatto salire del +550% le ricerche sul brand.

Altro ambito di espansione del mondo della moda – meno battuto e senza dubbio più di nicchia – è quello della letteratura. A questo riguardo, è stato osservato come alcuni marchi stiano sperimentando nuove forme di marketing, svincolate dai prodotti, che mirano a posizionarli in una dimensione più eterea e “poetica”.

Tra queste, un esempio è la collaborazione nei contratti tra aziende della moda con scrittori o poeti, che assumono un ruolo simile a quello del testimonial (si pensi, ad esempio, alla poetessa Amanda Gorman, che durante il discorso d’insediamento del presidente americano Biden indossava un cappotto Prada, poi divenuto virale). Altra forma utilizzata è la sponsorizzazione di eventi letterari o la creazione di contenuti di carattere culturale: ad esempio, in occasione di una mostra dedicata a Pier Paolo Pasolini, Gucci ha realizzato con un’etichetta indipendente un vinile, dal titolo “Canzonette”, esposto nel percorso, con una grafica composta da opere realizzate dall’illustratore Martoz, che si è a sua volta ispirato a una serie di fotografie che ritraevano l’autore.

Quest’ultimo esempio è utile a comprendere la quantità di diritti diversi che possono intersecarsi quando si pensa ad un progetto di questo tipo e i relativi contratti che devono essere stipulati dal brand. In questo caso, ad esempio, è possibile ipotizzare che siano stato sottoscritti da un brand della moda (i) contratti di sponsorship o collaborazione con il museo e/o con l’organizzatore della mostra, (ii) un contratto di edizione e di produzione musicale, (iii) un contratto con cui è stata commissionata l’opera all’illustratore e (iv) un’autorizzazione all’utilizzo delle fotografie da parte del fotografo o dei suoi eredi.

In considerazione di questa crescente complessità, diviene pertanto fondamentale valutare attentamente tutte le clausole contrattuali e l’allocazione delle responsabilità tra le parti. Fermo restando che ciascun contratto (di collaborazione, di product placement, di partnership, di sponsorizzazione, di testimonial, e così via) richiede accortezze specifiche, di seguito inquadriamo – più in generale – le clausole maggiormente rilevanti in questa tipologia di progetti:

  1. Qualora il brand consegni i propri prodotti (ad esempio, ad un produttore cinematografico), sarà necessario disciplinare le modalità e i tempi di consegna e le spese di trasporto, stabilendo quale parte se ne fa carico. Quando i prodotti dovranno essere restituiti (ad esempio, una volta concluse le riprese) occorrerà indicare nel contratto la data entro cui essi devono essere resi, nonché le spese dell’eventuale trasporto. Inoltre, è opportuno prevedere che i prodotti siano restituiti nel medesimo stato in cui erano stati consegnati;
  2. È sempre auspicabile indicare dettagliatamente le modalità di presentazione e collocamento degli abiti e accessori all’interno del contesto narrativo di riferimento, la durata e il grado di esposizione. Tali elementi devono essere tenuti in considerazione anche in relazione al corrispettivo che la controparte contrattuale può richiedere al brand;
  3. Tra gli obblighi e garanzie in capo alla controparte contrattuale, sarà opportuno prevedere, tra le altre cose, la garanzia che il contesto narrativo nel quale i prodotti sono inseriti non violi i diritti di terzi di qualsivoglia natura, né norme di legge o altri accordi precedentemente sottoscritti; che i prodotti e/o i marchi verranno utilizzati e mostrati secondo modalità tali da non nuocere o recare pregiudizio all’immagine e reputazione del brand; che i crediti del brand siano indicati in maniera espressa, e così via;
  4. È poi importante disciplinare la responsabilità della controparte contrattuale e l’eventuale danno risarcibile, ad esempio, nel caso in cui i prodotti vengano danneggiati, nel caso in cui la realizzazione dell’opera venga annullata, nel caso in cui l’utilizzo dei prodotti non sia in linea con la brand identity; e
  5. Nel caso si tratti di un contratto di testimonial, sarà cruciale disciplinare un’eventuale esclusiva, la cessione dei diritti di immagine, le ipotesi di recesso e risoluzione, così come prevedere clausole morali. Inoltre, qualora l’influencer sia un letterato o un poeta, i brand dovranno essere disposti a negoziare contratti meno rigidi dei tradizionali contratti di influencer marketing, attesa la necessità di garantire la più ampia libertà artistica all’autore e quella di sganciarsi da logiche prettamente commerciali, con il rischio – però – che diventi sempre più complesso individuare il confine tra operazione culturale e pubblicità occulta.

È evidente, pertanto, che in uno scenario sempre più complesso come quello attuale, in cui la moda non è più confinata alle passerelle, gli strumenti giuridici che rendono possibili queste collaborazioni devono essere necessariamente flessibili per poter disciplinare scenari senza precedenti nell’intricata relazione tra diversi settori del cinema, della televisione e delle opere culturali e nuove forme di marketing.

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