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Se è vero che l’industria della moda deve essere, per sua natura, costantemente al passo con i tempi, è altrettanto vero che questo si traduce nella continua realizzazione di nuovi prodotti, modelli e campionari da portare all’attenzione del pubblico attraverso le campagne pubblicitarie.

È, dunque, possibile ridurre il carico fiscale in funzione delle spese sostenute per lo svolgimento di tali attività? Sembrerebbe di sì, sebbene, lo diciamo da subito, il contesto normativo sia particolarmente frastagliato e spesso di non facile comprensione.

Il quadro normativo attualmente vigente presenta diverse norme che prevedono, tra gli altri, il riconoscimento di un credito d’imposta per le attività di design e ideazione estetica per la concezione e realizzazione di nuovi prodotti e campionari nonché per gli investimenti pubblicitari. Al contempo, alcune attività di ricerca e sviluppo relative a determinati beni immateriali (IP) rientrano nell’alveo del c.d. Nuovo Patent Box.

In particolare, per le attività di design e ideazione estetica svolte da imprese operanti nei settori tessile e della moda, calzaturiero, dell’occhialeria, orafo, del mobile e dell’arredo e della ceramica, per la concezione e realizzazione di nuovi prodotti e campionari, il credito d’imposta è riconosciuto: nel 2023, in misura pari al 10 per cento della relativa base di calcolo, nel limite massimo annuale di 2 milioni di euro; negli anni 2024 e 2025, in misura pari al 5 per cento, nel limite massimo annuale di 2 milioni di euro.

La disposizione si colloca nell’alveo del c.d. nuovo credito d’imposta “Ricerca, Sviluppo e Innovazione”, per attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design introdotto dalla Legge di Bilancio 2020 (art. 1, commi 198-208, L. 160/2019) al quale possono accedere tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e le stabili organizzazioni di soggetti non residenti.

L’agevolazione spettante è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite modello F24, in tre quote annuali di pari importo a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione, a condizione che vengano rispettati gli obblighi documentali, di certificazione, le normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e gli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.

Il nuovo credito d’imposta “Ricerca, Sviluppo e Innovazione” è calcolato in percentuale su diverse tipologie di spese, relative, inter alia (i) al personale impiegato nello svolgimento di attività design e ideazione estetica ammissibili al credito d’imposta, (ii) a quote di ammortamento, canoni di locazione finanziaria o semplice e altre spese relative ai beni materiali mobili utilizzati nell’ambito delle attività rilevanti, (iii) a contratti, materiali, forniture e altri prodotti analoghi impiegati nelle attività rilevanti.

Quanto alle attività agevolabili, il Decreto Mise del 26 maggio 2020 ha chiarito che sono ammissibili al credito d’imposta “Ricerca, Sviluppo e Innovazione” (i) le attività di design e ideazione estetica finalizzate ad innovare in modo significativo i prodotti dell’impresa sul piano della forma e di altri elementi non tecnici o funzionali (quali linee, contorni, colori, struttura superficiale, ornamenti) e (ii) con specifico riferimento alle imprese operanti nel settore dell’abbigliamento e negli altri settori nei quali è previsto un rinnovo ad intervalli regolari dei prodotti, i lavori relativi alla concezione e realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentino determinati elementi di novità, in relazione alla fase precompetitiva, che termina con la realizzazione dei campionari non destinati alla vendita.

Ferme le summenzionate disposizioni normative, non è sempre facile individuare quali siano le attività effettivamente agevolabili che devono essere, in ogni caso, dotate dei requisiti di “novità” e “significatività”. Al fine di ottenere un’attestazione circa la loro qualificazione e ammissibilità al credito d’imposta, è possibile richiedere una certificazione preventiva. È stato recentemente pubblicato il comunicato stampa con il quale il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha finalmente annunciato la firma del DPCM che regola la procedura di certificazione. Si tratta di un decreto molto atteso dagli operatori, dal momento che l’ottenimento di quest’ultima consentirà alle imprese di operare in condizioni di “certezza”.

Un meccanismo di funzionamento simile a quello sin qui descritto per il credito “Ricerca, Sviluppo e Innovazione” è previsto per il c.d. “Bonus Pubblicità” che riconosce un credito d’imposta, nella misura massima del 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, alle imprese e agli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie, sulla stampa quotidiana e periodica, anche on line, e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, il cui valore sia superiore di almeno l’1% rispetto agli analoghi investimenti effettuati nell’anno precedente sugli stessi mezzi di informazione.

L’accesso a tale agevolazione (che, ad oggi, non prevede limitazioni temporali) richiede la presentazione telematica di una prima domanda con “effetto prenotazione” delle risorse, seguita da un’ulteriore comunicazione tramite la quale confermare gli investimenti effettuati.

Ad esito della presentazione di tutte le domande, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria pubblica l’elenco dei soggetti ammessi alla fruizione del credito sulla base delle risorse destinate alla copertura dell’agevolazione.

Il Bonus Pubblicità spettante è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite modello F24, si qualifica quale Aiuto di Stato ed è concesso nel limite massimo dello stanziamento annualmente previsto e nei limiti dei regolamenti dell’Unione europea in materia di aiuti “de minimis“.

Di diverso tenore il c.d. Nuovo Patent Box, che prevede il riconoscimento di una deduzione maggiorata delle spese di ricerca e sviluppo sostenute per il potenziamento e la creazione di alcuni asset IP utilizzati nell’attività d’impresa.

In sintesi, l’agevolazione consente, attraverso l’effettuazione di variazioni in diminuzione da apportare in sede di compilazione dei modelli dichiarativi, (i) di maggiorare del 110% le spese sostenute nello svolgimento di attività di ricerca e sviluppo finalizzate al mantenimento, al potenziamento, alla tutela e all’accrescimento del valore dei beni immateriali agevolabili già esistenti (c.d. regime agevolativo ordinario); (ii) di recuperare, a decorrere dal periodo d’imposta in cui viene ottenuto un titolo di privativa industriale, le spese di R&S che hanno contribuito alla sua creazione fino all’ottavo periodo d’imposta antecedente (c.d. meccanismo premiale).

Sono agevolabili i costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a (i) software protetto da copyright; (ii) brevetti industriali (inclusi i brevetti per invenzione, le invenzioni biotecnologiche e i relativi certificati complementari di protezione), brevetti per modello d’utilità, brevetti e certificati per varietà vegetali e le topografie di prodotti a semiconduttori; (iii) disegni e modelli giuridicamente tutelati; (iv) due o più dei suddetti beni immateriali collegati tra loro da un vincolo di complementarietà, tale per cui la realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi sia subordinata all’uso congiunto degli stessi.

Quanto sin qui rappresentato rappresenta una panoramica limitata e, certamente, non esaustiva delle agevolazioni attualmente in vigore. Le differenti modalità di calcolo e l’individuazione dei costi agevolabili, unitamente alle limitazioni quantitative previste, rappresentano per gli operatori un indubbio profilo di complessità al quale si aggiungono ulteriori componenti.

Infatti, qualora il soggetto beneficiario delle agevolazioni sia parte di un gruppo multinazionale con fatturato consolidato pari o superiore a 750 milioni di euro, sarà soggetto alla disciplina del c.d. Pillar 2. Quest’ultima, in estrema sintesi, prevede il versamento di un ammontare minimo di imposte (pari al 15%) per ciascuna giurisdizione nella quale opera il gruppo da valutare sulla base del livello di imposizione effettiva (c.d. effective tax rate – ETR), tenendo conto anche degli eventuali incentivi di natura agevolativa volti a ridurre il carico fiscale reale.

Si tratta di regole emanate in ambito OCSE con l’obiettivo di contrastare pratiche fiscali distorsive volte alla riduzione del livello di imposizione. Il recepimento della direttiva UE n. 2022/2523 del 14 dicembre 2022 determinerà l’introduzione di norme specifiche all’interno dell’ordinamento italiano con decorrenza 1° gennaio 2024.

Sarà fondamentale, quindi, comprendere se e in quale misura le agevolazioni sin qui riepilogate (e le moltissime altre ad oggi in vigore) possano impattare sul calcolo dell’ETR e sull’eventuale imposizione della c.d. Top-up Tax che verrà prelevata, in prima istanza, dallo Stato di residenza della capogruppo al fine di ristabilire il livello minimo di tassazione, qualora si riscontri l’esistenza di una giurisdizione “a bassa imposizione”.

L’evoluzione normativa rappresentata dovrà, infine, essere coordinata con la c.d. Legge Delega per la riforma fiscale che prevede, tra l’altro, la modifica dell’attuale meccanismo di funzionamento dell’IRES (con l’introduzione di un’aliquota ridotta per i contribuenti che non distribuiscono utili o effettuano specifici investimenti) e la revisione degli incentivi fiscali ad oggi in vigore.

Su di un simile argomento, il seguente articolo può essere di rilievo “Il nuovo patent box, cosa cambia per le imprese e cosa bisogna sapere?

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