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Le piattaforme social hanno ormai ridefinito il modo in cui interagiamo con la musica, sollevando questioni complesse sulle condizioni dei contratti di licenza e sulla remunerazione degli artisti.

Con la rubrica “Musica Legalissima” le professioniste e i professionisti del Dipartimento Intellectual Property and Technology di DLA Piper vi accompagnano durante il Festival di Sanremo 2025, esplorando le tendenze e i fenomeni più recenti del mondo della musica.

Le piattaforme social hanno ormai ridefinito il modo in cui interagiamo con la musica, e da semplici social network in cui postare foto, stories, e più di recente video di pochi secondi, sono diventate vere e propri motori di ricerca musicale, spingendo brani e artisti verso vette di popolarità inaspettate. Tuttavia, questa rivoluzione ha sollevato questioni complesse sul rapporto tra piattaforme e l’industria discografica, in particolare sulle condizioni dei contratti di licenza e sulla remunerazione degli artisti per lo sfruttamento della loro musica.

Gli accordi di licenza tra le piattaforme e le major discografiche

Per consentire agli utenti di inserire brani nei propri contenuti, le piattaforme siglano contratti di licenza con le principali case discografiche, regolando così la remunerazione degli artisti e l’utilizzo delle loro tracce. Nel corso degli anni, tutti i maggiori social network hanno stretto accordi con le tre grandi major – Universal Music Group (“UMG”), Sony Music e Warner Music – ma le trattative non sono sempre state lineari.

A differenza dei sistemi di streaming tradizionali, alcune piattaforme social, come ad esempio TikTok, non generano ricavi diretti dalla riproduzione della musica, ma piuttosto dal coinvolgimento degli utenti e dalla pubblicità. Questa dinamica ha spinto le case discografiche a negoziare compensi più elevati, facendo leva sulla necessità di riconoscere un maggior valore alle opere dei titolari dei diritti, oltre che un compenso adeguato.

Le licenze musicali: tra opportunità e controversie

Le piattaforme social che utilizzano musica registrata devono ottenere licenze adeguate al fine di evitare di incorrere in violazioni del diritto d’autore. Le licenze musicali si suddividono in diverse categorie, ciascuna con un ruolo specifico nel garantire il compenso agli artisti, ai compositori e alle etichette discografiche.

  1. Licenze di sincronizzazione (Sync Licenses): consentono l’uso di una registrazione musicale all’interno di contenuti audiovisivi, come gli short-form video, che oggi rappresentano uno dei formati più comuni, di fruizione di contenuti musicali, soprattutto tra i giovanissimi. Queste licenze devono essere concesse sia dal titolare dei diritti sulla registrazione musicale (il cd. produttore fonografico) sia dai detentori dei diritti sul testo e sulla composizione musicale (autori e editori musicali).
  2. Licenze per l’esecuzione pubblica (Performance Licenses): sono necessarie quando la musica viene riprodotta pubblicamente, come nel caso dei social media. In molti paesi, queste licenze sono gestite da società di gestione collettiva, come ASCAP e BMI negli Stati Uniti o SIAE in Italia, che raccolgono e distribuiscono i proventi agli aventi diritto.
  3. Licenze meccaniche (Mechanical Licenses): riguardano la riproduzione di una composizione musicale, ad esempio per il download o lo streaming on-demand. Queste licenze diventano rilevanti quando la piattaforma permette agli utenti di riprodurre e interagire con brani musicali all’interno dei loro contenuti.

Il caso Universal Music Group e TikTok

In questo scenario, il processo di negoziazione tra piattaforme e le case discografiche che concedono l’uso dei loro brani è spesso complesso. Un esempio recente è il caso del 2024, quando UMG ha deciso di ritirare il proprio catalogo musicale dalla piattaforma TikTok. La decisione è stata presa a causa di divergenze sulle royalties e sulla richiesta di compensi più adeguati agli artisti.

A gennaio 2024, UMG ha, infatti, deciso di interrompere le trattative per il rinnovo del contratto di licenza con TikTok, determinando la rimozione di milioni di brani dalla piattaforma, tra cui quelli di artisti di fama mondiale come Taylor Swift, Billie Eilish e Justin Bieber. La rottura è stata causata da divergenze su due aspetti chiave:

  1. il pagamento delle royalties: secondo UMG, TikTok avrebbe proposto un accordo economicamente meno vantaggioso rispetto al precedente, sostenendo che la piattaforma non riconoscesse un compenso adeguato per l’utilizzo dei brani musicali degli artisti della casa discografica.
  2. L’uso dell’intelligenza artificiale (AI): UMG ha anche sollevato preoccupazioni per la crescente presenza di brani generati da AI sulla piattaforma, temendo che questi potessero ridurre i compensi destinati agli artisti reali.

TikTok ha però difeso il proprio modello di business, sostenendo di aver offerto condizioni simili a quelle accettate da altre case discografiche.

Dopo mesi di ulteriori trattative, TikTok e UMG hanno raggiunto un nuovo accordo di licenza. Le canzoni degli artisti UMG sono tornate sulla piattaforma, ripristinando la loro visibilità e le opportunità di engagement con il pubblico. L’intesa non si limita alla concessione delle licenze musicali, ma introduce anche nuove opportunità di monetizzazione e strumenti per supportare gli artisti nella promozione dei propri brani su TikTok.

Il tema dell’adeguata remunerazione degli artisti

L’evoluzione del rapporto tra le piattaforme e l’industria musicale si inserisce in un contesto normativo in cui la tutela della remunerazione degli artisti è sempre più centrale.

La Direttiva UE n. 2019/790 (“Direttiva Copyright”) ha introdotto il principio secondo cui autori e artisti interpreti o esecutori (AIE) devono ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata al valore economico dei diritti concessi in licenza o trasferiti. Tale principio è stato recepito nell’ordinamento italiano attraverso il D.lgs. n. 177/2021, che ha modificato la legge sul diritto d’autore n. 633/1941 (“LDA”), introducendo strumenti fondamentali a garantire maggiore trasparenza ed equità nei compensi.

Un elemento chiave è rappresentato dall’obbligo di trasparenza in capo ai licenziatari e agli aventi causa, previsto dall’articolo 19 della Direttiva Copyright e recepito nell’ordinamento italiano attraverso l’art. 110-quater LDA. Questo articolo stabilisce che i titolari dei diritti debbano ricevere, con cadenza almeno annuale, informazioni dettagliate sulle modalità di sfruttamento delle loro opere, incluse le condizioni di utilizzo e i ricavi generati.

Un altro punto fondamentale introdotto dalla Direttiva e recepito nell’articolo 110-quinquies LDA è il cosiddetto “meccanismo di adeguamento contrattuale” (art. 20 della Direttiva Copyright). Questo meccanismo consente agli autori e agli artisti di richiedere un compenso aggiuntivo e adeguato nel caso in cui il corrispettivo inizialmente concordato risulti sproporzionatamente basso rispetto ai profitti generati dallo sfruttamento successivo dell’opera. Questa norma è stata pensata per proteggere gli artisti dalle asimmetrie contrattuali tipiche dell’industria musicale, dove spesso i compensi iniziali risultano irrisori rispetto ai ricavi generati nel tempo dalle piattaforme digitali. La possibilità di rinegoziare il compenso si rivela particolarmente significativa nel contesto delle piattaforme social, dove un brano può diventare virale in modo imprevedibile.

Infine, ad ulteriore garanzia degli artisti, l’articolo 22 della Direttiva Copyright introduce il diritto di revoca della licenza o del trasferimento dei diritti in caso di mancato utilizzo dell’opera. Tale principio è stato recepito nell’ordinamento italiano attraverso l’articolo 110-sexies LDA, consentendo agli autori e agli artisti di riappropriarsi dei propri diritti se l’opera non viene sfruttata in modo adeguato.

Piattaforme e industria musicale: un equilibrio in evoluzione

L’utilizzo sulle piattaforme social della musica è ormai un elemento imprescindibile per l’industria musicale, avendo un impatto decisivo sulla scoperta di nuovi brani da parte del pubblico. Secondo il report pubblicato da FIMI sull’impatto economico del festival di Sanremo, gli short-form video rappresentano infatti la modalità più utilizzata dai giovanissimi per scoprire nuova musica.

Il rapporto tra social network e le case discografiche è destinato a evolversi ulteriormente. Se da un lato le piattaforme sono fondamentali per il successo degli artisti, che riescono a scalare le classifiche grazie alla diffusione delle loro canzoni sui social, dall’altro le discografiche vogliono garantirsi una giusta remunerazione per l’uso delle proprie tracce, assicurando anche ai cantanti un adeguato compenso.

Gli accordi di licenza per l’utilizzo delle tracce musicali su piattaforme social, come TikTok, rappresentano un nodo cruciale per il futuro del settore musicale nell’era digitale, dove la protezione dei diritti d’autore è strettamente intrecciata con strategie di marketing e innovazioni tecnologiche come l’intelligenza artificiale. Il futuro della musica online dipenderà da un equilibrio tra creatività, equità economica e tutela degli artisti, con le piattaforme social che continueranno a giocare un ruolo centrale per la musica internazionale.

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Autrici: Valentina Mazza e Maria Vittoria Pessina 

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