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In una sentenza molto attesa che potrebbe ridefinire il modo in cui l’Italia regola l’accesso digitale al gioco d’azzardo, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il divieto nazionale di dispositivi per il gioco d’azzardo nei negozi e in altri luoghi pubblici. La sentenza – n. 104/2025 – rappresenta un punto di svolta per le imprese locali e i fornitori di servizi digitali, lanciando un messaggio forte: la regolamentazione deve rispettare le libertà costituzionali, anche in settori delicati come quello del gioco.

Un divieto assoluto e privo di sfumature

La norma ora annullata – l’articolo 7, comma 3-quater, del Decreto-Legge n. 158/2012 (cosiddetto Decreto Balduzzi) – vietava la disponibilità, nei luoghi pubblici (come bar, negozi e tabaccai), di qualsiasi dispositivo in grado di connettersi a Internet e utilizzabile per il gioco d’azzardo online, anche qualora tale offerta fosse autorizzata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM). La regola si applicava a qualsiasi computer, tablet o chiosco tecnicamente in grado di accedere a siti di gioco, indipendentemente dal fatto che gli utenti ne facessero effettivamente uso. In altre parole, non era necessario che il dispositivo venisse utilizzato per il gioco per incorrere in sanzioni – bastava che fosse presente nel locale. Il divieto, accompagnato da una sanzione amministrativa da 20.000 euro introdotta con la Legge di Stabilità 2016, ha per oltre un decennio limitato la gestione dell’accesso digitale pubblico da parte degli esercenti locali.

La Corte Costituzionale: le leggi italiane sul gioco devono rispettare i diritti fondamentali

La Corte Costituzionale ha stabilito che questo divieto generalizzato di dispositivi da gioco nei luoghi pubblici viola diversi principi della Costituzione italiana, tra cui:

  • Articolo 3: per violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità;
  • Articolo 41: per lesione della libertà di iniziativa economica privata;
  • Articolo 42: per compromissione del diritto di proprietà.

La Corte ha riconosciuto che l’interesse dello Stato nel prevenire la dipendenza patologia da gioco d’azzardo è legittimo. Tuttavia, ha anche sottolineato che la regolamentazione deve essere adeguata, proporzionata e basata su evidenze. Un divieto che non distingue tra attività effettiva e potenziale di gioco è, per definizione, sproporzionato. Inoltre, la sentenza ha evidenziato incoerenze con il diritto dell’UE, compresa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), rafforzando la necessità di bilanciare gli obiettivi di salute pubblica con la libertà imprenditoriale.

Sanzioni fisse: bocciate per mancanza di proporzionalità

Oltre al divieto di dispositivi, la Corte ha anche annullato la sanzione fissa da 20.000 euro per le violazioni. Ha infatti rilevato che la natura automatica della sanzione non teneva conto della reale gravità dell’infrazione e mancava di una valutazione proporzionale.Si tratta di un messaggio costituzionale più ampio: in Italia le sanzioni devono essere commisurate ai comportamenti concreti, non a ipotesi astratte.

Perché questa decisione è importante per il futuro della regolamentazione del gioco in Italia

In un contesto regolatorio in cui gli operatori si apprestano a ricevere nuove concessioni per il gioco online – per le quali verseranno 7 milioni di euro – e devono affrontare il divieto di pubblicità del gioco, la possibilità di avere una presenza fisica sul territorio diventa cruciale. Questo scenario ha favorito la diffusione dei punti vendita ricariche (PVR), negozi che vendono voucher per il gioco. Se i PVR potranno ora mettere a disposizione del pubblico dispositivi che permettono la connessione alle piattaforme degli operatori di gioco, si tratterebbe di un cambiamento radicale, poiché si aprirebbe un nuovo mercato con opportunità molto più ampie per gli operatori. Resta da vedere come (e se) il Governo reagirà a questa decisione. Di certo, la pronuncia della Corte Costituzionale non rappresenta un via libera al gioco d’azzardo online non regolamentato in Italia — ma costituisce una correzione necessaria a un divieto di dispositivi profondamente sbagliato. E questa decisione rende ancora più rilevante la tanto attesa sentenza sul nuovo regime dei PVR attualmente impugnato, di cui si può leggere nell’articolo “Nuovo regime italiano per i punti vendita ricariche (PVR) in vigore”.

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