by

Con ordinanza del 9 giugno 2025 (R.G. n. 10346/2025), il Tribunale di Milano si è pronunciato su un delicato bilanciamento tra libertà di circolazione delle merci e tutela della funzione reputazionale del marchio, riaffermando – in linea con la giurisprudenza europea – che l’aura di lusso di un brand rappresenta un bene giuridico autonomamente tutelabile.

La vicenda trae origine da un ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. promosso congiuntamente da due società, rispettivamente titolare del marchio e licenziataria esclusiva per il territorio italiano, volto a ottenere l’inibitoria della commercializzazione di prodotti recanti il marchio stesso presso canali distributivi non autorizzati.

Secondo le ricorrenti, la modalità di rivendita adottata da alcuni operatori terzi, estranei alla rete selettiva, risultava idonea a compromettere gravemente l’immagine distintiva e il posizionamento reputazionale del marchio, fondato su una strategia distributiva selettiva e controllata.

Il principio di esaurimento, come noto, trova fondamento nell’art. 5 c.p.i. e nell’art. 15 del Reg. UE 2017/1001. Secondo tale disposizione, il titolare non può opporsi alla commercializzazione successiva di un prodotto regolarmente immesso sul mercato dell’Unione, a meno che sussistano “motivi legittimi” che giustifichino l’opposizione.

Tali motivi legittimi, come chiarito dalla Corte di Giustizia (tra le altre, cause C-337/95 Dior, C-59/08 Copad), possono consistere in condotte commerciali che compromettono la qualità percepita del prodotto o ledono l’immagine del marchio, specie ove quest’ultimo sia connotato da una dimensione di lusso o esclusività.

Nel caso di specie, le resistenti avevano posto in essere pratiche commerciali considerate inadeguate rispetto agli standard imposti dalla rete selettiva, tra cui:

  • esposizione promiscua dei prodotti di cosmetica accanto a detersivi e generi alimentari;
  • assenza di personale qualificato;
  • vendita in ambienti disordinati e privi di reparti specifici (es. assenza di corner profumeria);
  • distribuzione “sotto banco”;
  • deterioramento del packaging originario.

Tali modalità sono state ritenute idonee a incidere negativamente sulla percezione qualitativa del marchio, compromettendone non solo la funzione distintiva, ma anche quella pubblicitaria e di investimento, come da consolidata dottrina e giurisprudenza unionale.

Nel respingere il reclamo delle parti resistenti, il Tribunale ha richiamato il consolidato orientamento della CGUE in tema di tutela del marchio di prestigio, ritenendo che le modalità di commercializzazione documentate integrassero un “pregiudizio concreto e attuale” all’identità del marchio, tale da legittimare l’opposizione alla rivendita ai sensi dell’art. 5, comma 2, c.p.i.

Significativamente, il Collegio ha chiarito che la protezione accordata al marchio non è limitata alla sola garanzia d’origine, ma si estende anche alla sua capacità di comunicare un’immagine selettiva, costruita attraverso precise scelte distributive, promozionali e di posizionamento.

Il valore immateriale del marchio – soprattutto nei mercati del lusso – è strettamente legato alla coerenza dell’esperienza d’acquisto, la cui compromissione, anche solo indiretta, può fondare un interesse giuridicamente rilevante a impedire la rivendita non autorizzata.

Le resistenti avevano formulato diverse eccezioni, tra cui:

  • la presunta nullità della clausola contrattuale di divieto di rivendita extra rete (artt. 1341-1342 c.c.);
  • l’illegittimità del sistema di distribuzione selettiva per violazione dei criteri “Metro”;
  • l’insussistenza di un pregiudizio attuale e concreto;
  • la carenza di legittimazione attiva della distributrice esclusiva.

Il Tribunale ha respinto ogni doglianza, sottolineando che:

  • il motivo legittimo di cui all’art. 5 c.p.i. prescinde dalla validità della clausola contrattuale, essendo ancorato a un pregiudizio oggettivo alla reputazione del marchio;
  • la legittimazione attiva può essere riconosciuta anche al distributore esclusivo, ove parte integrante della rete selettiva;
  • l’istruttoria cautelare ha fornito elementi probatori atti a dimostrare una lesione effettiva e non meramente potenziale.

La pronuncia del Tribunale di Milano conferma un principio cardine nella materia del diritto dei marchi: l’esaurimento non è assoluto, e cede quando l’interesse alla tutela dell’identità commerciale e reputazionale del segno distintivo è leso da pratiche distributive incoerenti.

In particolare, per i marchi di lusso, la selettività distributiva non è solo una strategia di marketing, ma diviene elemento funzionale alla conservazione del valore immateriale del brand. La coerenza tra marchio e contesto distributivo, lungi dall’essere una questione meramente estetica, assume rilievo giuridico ai fini dell’art. 5, comma 2, c.p.i.

La decisione in esame si colloca nel solco della giurisprudenza europea che, pur tutelando la libera circolazione, riconosce alla funzione pubblicitaria e d’investimento del marchio un ruolo determinante nella valutazione dell’interesse alla sua protezione post-vendita.

Autrice: Maria Vittoria Pessina

 

(Visited 1 times, 1 visits today)
Close Search Window