by

Nel contesto dell’evoluzione tecnologica legata all’intelligenza artificiale generativa (AI) e alla tutela del diritto d’autore, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) è stata recentemente investita della sua prima questione pregiudiziale in materia di diritto d’autore e AI generativa. Il caso, Like Company v. Google Ireland (C-250/25), solleva interrogativi centrali sulla qualificazione giuridica dei contenuti generati da chatbot AI, con particolare riferimento alla normativa europea in tema di diritto d’autore e diritti connessi.

I fatti all’origine del rinvio in materia di diritto d’autore e AI generativa

La controversia ha origine in Ungheria, dove la società Like Company, editrice del sito balatonkornyeke.hu, ha pubblicato un articolo su notizie riguardanti il cantante ungherese Kozso, tra cui un presunto progetto per introdurre delfini nel lago Balaton. L’articolo – privo di firma e accompagnato da una foto estratta da Facebook – consisteva in un riassunto di circa 579 parole, basato su informazioni reperibili online.

Secondo i ricorrenti, il chatbot Gemini di Google avrebbe generato, a partire dal prompt “Puoi fornire un riassunto in ungherese della pubblicazione online apparsa su balatonkornyeke.hu riguardo al piano di Kozso di introdurre delfini nel lago?”, un output che riproduceva in maniera sostanzialmente fedele i contenuti dell’articolo originale. Secondo Like Company, ciò costituirebbe una violazione del diritto esclusivo di comunicazione al pubblico, in violazione dell’art. 15 della Direttiva 2019/790/UE sul diritto d’autore nel mercato unico digitale (“Direttiva DSM”).

Google, per contro, ha rigettato ogni addebito, sostenendo:

  • che non vi è stata riproduzione dell’opera in Ungheria, rendendo inapplicabile la normativa nazionale sul diritto d’autore;
  • che il riassunto prodotto da Gemini non rappresenta né una riproduzione né una comunicazione al pubblico, poiché l’articolo originale era già liberamente disponibile online, e perché il riassunto non riproduceva testualmente il contenuto, limitandosi a riformulare i fatti salienti.

In subordine, Google ha invocato le eccezioni ed esclusioni previste dalla normativa europea:

  • l’eccezione per le copie temporanee di cui all’art. 5(1) della Direttiva Infosoc (2001/29/CE);
  • l’eccezione per il text and data mining (TDM) di cui all’art. 4 della Direttiva DSM, che consente l’estrazione di testi e dati da contenuti legittimamente accessibili online, a condizione che il titolare dei diritti non abbia espressamente esercitato l’opt-out.

Le questioni pregiudiziali del caso sull’AI sollevate

Il Tribunale distrettuale di Budapest (Budapest Környéki Törvényszék) ha deferito alla CGUE tre questioni:

  1. Se una risposta generata da un chatbot che riproduce contenuti identici a quelli di una pubblicazione editoriale possa costituire:
    • una riproduzione;
    • una comunicazione al pubblico;
      e se assuma rilievo il fatto che il contenuto generato sia frutto di un processo predittivo tipico dei modelli linguistici.
  2. Se l’addestramento di un modello AI implichi la realizzazione di un atto di riproduzione.
  3. In caso affermativo, se tale attività rientri nell’eccezione per TDM di cui all’art. 4 della Direttiva DSM.

I profili critici del rinvio

Le questioni sollevate toccano alcuni tra i nodi più attuali e controversi nel rapporto tra tecnologie AI e diritto d’autore. Due considerazioni preliminari appaiono rilevanti:

  1. Il giudice ungherese sembra presupporre che il contenuto dell’articolo sia protetto da diritto d’autore. In realtà, la protezione non si estende ai meri fatti, anche se riportati in forma giornalistica. È necessario verificare che vi sia originalità sufficiente nell’espressione dell’opera.
  2. Né il diritto d’autore né i diritti connessi degli editori di stampa impediscono la creazione indipendente: è necessario dimostrare un rapporto di derivazione tra opera originale e contenuto generato. Nel contesto degli LLM, tale accertamento è reso difficile dalla opacità dei dataset di addestramento, tema che alimenta le richieste di maggiore trasparenza da parte dei titolari dei diritti.

Se, tuttavia, fosse accertata la protezione del contenuto e la derivazione, il chatbot potrebbe effettivamente violare i diritti di riproduzione o comunicazione al pubblico. In questo senso, la giurisprudenza della CGUE ha sempre promosso una tutela elevata dei diritti di proprietà intellettuale, in linea con l’art. 17(2) della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE.

Quanto all’argomento secondo cui il carattere predittivo dell’output AI escluderebbe la responsabilità, tale tesi non appare sostenibile: se l’output coincide con un contenuto protetto, la responsabilità può sussistere. Tuttavia, ogni valutazione va effettuata caso per caso, considerando il grado di sovrapposizione tra output e opera.

L’addestramento AI e il diritto di riproduzione

La seconda questione riguarda la natura giuridica dell’addestramento di un modello AI. La posizione europea, anche alla luce delle eccezioni previste per il TDM, sembra ormai orientata nel ritenere che l’addestramento comporti un atto di riproduzione, in quanto implica la copia temporanea o permanente di opere protette per finalità di analisi automatizzata.

Escludere tale rilevanza renderebbe inefficaci le eccezioni per TDM previste dalla Direttiva DSM.

L’ambito applicativo del TDM nell’addestramento AI

Resta da stabilire se le eccezioni per TDM siano applicabili anche all’addestramento di modelli generativi. Nonostante alcuni dubbi dottrinali, l’inclusione esplicita del TDM nell’AI Act suggerisce che il legislatore europeo consideri il TDM come parte integrante dell’addestramento AI.

Tuttavia, il TDM è solo una componente del training: non esiste oggi un’eccezione esplicita che autorizzi l’intero processo di addestramento AI. Le eccezioni europee si applicano a singoli atti per scopi determinati, e sono subordinate a condizioni cumulative:

  • accesso legittimo alle opere;
  • rispetto del three-step test: uso speciale, assenza di conflitto con lo sfruttamento normale e assenza di pregiudizio ingiustificato agli interessi dei titolari dei diritti.

Conclusioni

In attesa della pronuncia della CGUE – verosimilmente non prima del 2026/2027 – questo primo rinvio pregiudiziale segna un punto di svolta nel dibattito europeo sul rapporto tra AI generativa e proprietà intellettuale. La sentenza contribuirà a delineare i confini della responsabilità degli sviluppatori di AI, e a chiarire l’ambito di applicazione delle eccezioni al diritto d’autore nel contesto dell’addestramento automatizzato dei modelli linguistici.

Su un argomento simile può essere d’interesse l’articolo ” AI e diritto d’autore: artisti e giornalisti inglesi contro la riforma della legge sul copyright

(Visited 1 times, 1 visits today)
Close Search Window