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La XVII Sezione civile del Tribunale di Roma respinge il reclamo presentato da una società operante nel mercato delle sigarette elettroniche e dei relativi liquidi di ricarica (“Società”) contro l’ordinanza cautelare emessa dallo stesso tribunale a seguito del ricorso presentato da un’associazione a tutela dei consumatori (“Associazione”). È interessante notare come entrambi i provvedimenti del cautelare e del reclamo, siano il risultato di un’interpretazione molto rigida della normativa applicabile, arrivando al punto di proibire qualsiasi forma di comunicazione promozionale riferita ai prodotti in questione.

In sede cautelare, l’Associazione richiedeva al giudice l’inibitoria della campagna pubblicitaria posta in essere dalla Società, poiché tale campagna avrebbe perseguito il fine della promozione della sigaretta elettronica e dei relativi contenitori di ricarica, asseritamente in violazione delle norme che sanciscono il divieto di ogni e qualsivoglia forma di pubblicità di tali prodotti.

Il giudice cautelare aveva parzialmente accolto la domanda dell’Associazione disponendo la rimozione dal sito e dai profili social della Società dei contenuti che non rispondessero ad una mera finalità informativa, affermando altresì che non potesse neppure ritenersi lecito il richiamo operato dalla Società al proprio sito e la pubblicazione sui propri profili social di immagini e contenuti recanti apprezzamenti circa le caratteristiche dei prodotti commercializzati ascrivibili ad altri soggetti (“user-generated content”). Inoltre il giudice disponeva la rimozione delle affissioni pubblicitarie presenti in alcune città italiane.

Il collegio del reclamo, ritenendo infondati i motivi dello stesso, con la propria ordinanza ribadisce la potenzialità diffusiva delle comunicazioni promozionali oggetto di inibitoria poiché effettuate nei servizi della società dell’informazione che per loro natura accessibili ad un numero indeterminato e potenzialmente elevatissimo di persone.

Inoltre, i giudici del reclamo hanno nuovamente evidenziato come anche la “cartellonistica” rientri nel concetto di pubblicazione stampata, dunque, sia vietata ai sensi del decreto legislativo 6/2016. Sul punto infatti, il collegio ha confermato l’interpretazione secondo cui sono considerate stampe o stampati “tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione” e, altresì, che il termine “pubblicazione” indica “indiscutibilmente l’atto con il quale si porta qualcosa a conoscenza di tutti, specialmente attraverso la stampa o l’affissione pubblica”.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il collegio riconosceva dunque l’urgenza di inibire tali comportamenti illegittimi al fine di tutelare la salute umana, respingendo il reclamo proposto dalla Società e così confermando l’inibitoria già emessa in sede cautelare.

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