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La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sancito l’incompatibilità del comma 11 dell’art. 43 del TUSMAR con il principio UE di libertà di stabilimento.  

Lo scorso 3 settembre la Corte di Giustizia si è pronunciata su una questione pregiudiziale sottopostale dal TAR Lazio in relazione alla compatibilità del comma 11 dell’art. 43 del Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici (TUSMAR) con il diritto dell’Unione, ed in particolare con il principio di libertà di stabilimento, sancito dall’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

L’art. 43, co. 11 TUSMAR prevede che le imprese i cui ricavi, realizzati anche attraverso società controllate o collegate, nel settore delle comunicazioni elettroniche siano superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore, non possono conseguire ricavi superiori al 10 per cento nel sistema integrato delle comunicazioni (SIC), il quale comprende – ai sensi della definizione fornita dal TUSMAR – le attività relative alla “stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni”.

Con la questione pregiudiziale il giudice del rinvio ha domandato alla Corte se l’art. 49 TFUE osti a una normativa di uno Stato membro che ha l’effetto di impedire ad una società registrata in un altro Stato membro, i cui ricavi realizzati nel settore delle comunicazioni elettroniche siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di conseguire nel SIC ricavi superiori al 10% di quelli del sistema medesimo.

Nella sentenza che ha risolto la questione pregiudiziale la Corte osserva che una restrizione alla libertà di stabilimento può in principio essere giustificata da un obiettivo di interesse generale, quale la tutela del pluralismo dell’informazione e dei media, obiettivo a cui risulta essere orientata la norma del TUSMAR.

Peraltro, per verificare se la disposizione in parola sia idonea a conseguire l’effetto di impedire che si producano gli aspetti negativi della convergenza tra il settore delle comunicazioni elettroniche e il SIC – osserva la Corte – “occorre valutare quale sia il nesso tra, da un lato, le soglie alle quali tale disposizione fa riferimento e, dall’altro, il rischio che corre il pluralismo dei media”.

Sul punto, la Corte osserva che:

  • secondo la prassi applicativa della norma in esame, il settore delle comunicazioni elettroniche è definito in maniera restrittiva, riferendolo ai mercati suscettibili di regolamentazione ex ante, e, conseguentemente, escludendo da questo settore i mercati che rivestono un’importanza crescente per la trasmissione di informazioni, come, inter alia, il mercato dei servizi al dettaglio di telefonia mobile;
  • il fatto di conseguire o meno ricavi equivalenti al 10% dei ricavi complessivi del SIC – soglia prevista dall’art. 43, co. 11 TUSMAR – non è di per sé indicativo di un rischio di influenza sul pluralismo dei media, dal momento che il SIC comprende mercati diversi e vari (conseguentemente, se la soglia del 10% fosse ripartita tra ciascuno dei mercati che compongono il SIC, il raggiungimento e l’eventuale sforamento di tale soglia non costituirebbe necessariamente un pericolo per il pluralismo dei media);
  • infine, il fatto che ai fini della determinazione dei ricavi di un’impresa, per la verifica del superamento delle soglie, si prendano in considerazione, non solo i ricavi realizzati tramite società controllate, ma anche quelli realizzati tramite società collegate, può comportare che i ricavi di una società possano essere presi in considerazione due volte (“medesimi ricavi di una società attiva nel SIC potrebbero essere presi in considerazione sia per il calcolo dei ricavi di un’impresa che è sua azionista di minoranza, sia per il calcolo dei ricavi di un’impresa che è suo azionista di maggioranza ed esercita su di essa un controllo effettivo”).

Alla luce di queste considerazioni, la Corte ha concluso che la norma di cui al co. 11 dell’art. 43 TUSMAR “non può essere considerata idonea a conseguire l’obiettivo da essa perseguito, giacché fissa soglie che, non consentendo di determinare se e in quale misura un’impresa sia effettivamente in grado di influire sul contenuto dei media, non presentano un nesso con il rischio che corre il pluralismo dei media”.

La Corte ha pertanto stabilito che “L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro che ha l’effetto di impedire ad una società registrata in un altro Stato membro, i cui ricavi realizzati nel settore delle comunicazioni elettroniche, come definito ai fini di tale normativa, siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10% di quelli del sistema medesimo”.

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