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La Croazia richiede di protezione del termine Prosek. Preoccupazioni per il marchio Prosecco DOP: è iniziata la battaglia delle bollicine?

Con una recente decisione la Commissione europea ha reso nota la presentazione della richiesta di protezione del segno Prosek come Denominazione di Origine Protetta, avanzata dalla Croazia. Diversi i malumori sorti nel nostro Paese, dove si temono conseguenze negative a carico della Prosecco DOP: la battaglia delle bollicine è cominciata?

Le cause principali di tali perplessità sono state principalmente la somiglianza fonetica e grafica, giudicate in grado di generare il rischio di confusione con l’eccellenza italiana. Quella che ormai è dai più definita come la battaglia del Prosecco, inizia in particolare a seguito di due interrogazioni parlamentari di eurodeputati diversi con cui l’Esecutivo europeo ha comunicato la notizia. Lo scontro si sviluppa lungo un primo arco temporale di 60 giorni, che iniziano a decorrere dalla data di pubblicazione della notizia sulla Gazzetta Ufficiale UE. Infatti, l’art. 98 del Reg (UE) n. 1308/2013 stabilisce che entro due mesi dalla data di pubblicazione prevista all’articolo 94, paragrafo 1, lettera d), ogni Stato membro o paese terzo, od ogni persona fisica o giuridica avente un legittimo interesse e residente o stabilita in uno Stato membro diverso da quello che chiede la protezione o in un paese terzo, può opporsi alla protezione proposta presentando alla Commissione una dichiarazione debitamente motivata relativa alle condizioni di ammissibilità disposte nel medesimo Regolamento. Per le persone fisiche o giuridiche residenti o stabilite in un paese terzo, la dichiarazione è presentata, direttamente o per il tramite delle autorità di tale paese terzo, nel termine di due mesi sopra citato.

Nello specifico, la decisione dipenderà dal rispetto delle condizioni previste dalla normativa in materia; a riguardo, ricordiamo in parte quanto enunciato dall’art. 93 Reg (UE) n. 1308/2013, dal quale si evince che un nome per poter essere usato tradizionalmente come denominazione di origine deve, tra gli altri: designare un vino; riferirsi a un nome geografico; essere stato sottoposto alla procedura prevista dalla presente per il conferimento della protezione alla denominazione di origine; da ultimo, soddisfare i requisiti di cui al paragrafo 1, lettera a), e quindi essere conforme ad alcuni requisiti, quali:

  1. la qualità e le caratteristiche del prodotto sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico e ai suoi fattori naturali e umani;
  2. le uve da cui è ottenuto il prodotto provengono esclusivamente da tale zona geografica;
  • la produzione avviene in detta zona geografica;
  1. iv) il prodotto è ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera.

In attesa che le annunciate opposizioni vengano proposte, rimane aperta la speranza che la vicenda si concluda con un rigetto della domanda da parte della Commissione. Rimangano comunque vivi una serie di dubbi.

In particolare, è bene ricordare che la Corte di Giustizia UE si è recentemente pronunciata in riferimento al caso C-783/19 “Champanillo” ammettendo ampia protezione alle indicazioni geografiche sulla base di un’interpretazione della normativa europea in grado di offrire tutela anche rispetto a quei servizi che indebitamente sfruttano la notorietà di un prodotto DOP o IGP. Brevemente, una DOP si considera evocata illegittimamente quando un eventuale consumatore – mediamente informato e ragionevolmente attento e avveduto – rischi di collegare una denominazione controversa ad una DOP già tutelata. Secondo la Corte tale rischio di confusione può derivare dalla identità o somiglianza tra i segni come anche da elementi diversi, quali l’incorporazione parziale della denominazione protetta o l’affinità fonetica.

Dunque, secondo un approccio ottimistico si potrebbero intravedere nei principi espressi in occasione del caso “Champanillo” delle solide mura in grado di proteggere la Prosecco DOP. Tuttavia, la Corte dichiarava poco dopo che la sola omonimia non è sufficiente e che di fatto il Prosek non rappresenta un segno confliggente in ragione della diversa natura del prodotto croato oggetto della domanda de quo, consistente in un vino tradizionale croato dalla boccata dolce e senza bollicine, distante quindi dal Prosecco.

In conclusione, per il momento, in merito all’epilogo tra Prosecco DOP e la battaglia delle bollicine “non v’è certezza”. Tuttavia, lo scenario presentato potrebbe trasformarsi in un terreno favorevole, tra i tanti soggetti interessati, per la Regione Friuli Venezia Giulia, che potrebbe cogliere l’occasione per riportare l’attenzione – in un’ottica meramente provocatoria – sul caso Tokaij, vicenda travagliata conclusasi con il divieto dell’uso del nome del vitigno “Tocai Friulano” per i vini italiani a favore dei vini ungheresi denominati Tokaj o Tokaij. L’eventuale riconoscimento del Prosek potrebbe effettivamente far nascere, secondo alcuni, dei dubbi rispetto alla coerenza in ambito Ue in relazione alle diverse vicende agroalimentari.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Indicazioni geografiche: stop CGUE ai nomi evocativi, ma rimane incertezza”.

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