Il Tribunale dell’Unione europea si è espresso sull’uso e sul secondary meaning di un marchio UE post Brexit, giungendo ad una conclusione di rilievo per le aziende.
Con una recente decisione, il Tribunale dell’Unione Europea si è espresso sul tema della (ir)rilevanza in pendenza di un’azione di nullità delle prove relative all’uso e/o al carattere distintivo acquisito (i.e., “secondary meaning“) di un marchio UE nel Regno Unito, non essendo tali elementi significativi per le domande di marchio UE presentate dopo la fine del periodo di transizione e, cioè, dopo il 31 dicembre 2020.
La sentenza fa riferimento all’articolo 127 dell’Accordo di recesso (accordo concluso tra l’Unione europea e il Regno Unito per il recesso ordinato del Regno Unito dall’UE, conformemente all’articolo 50 del trattato sull’Unione Europea). Secondo tale norma, il diritto dell’Unione benché continuasse ad essere applicabile nel Regno Unito durante il periodo di transizione (cfr. T-421/18), a partire dal 1° gennaio 2021 la legislazione sui marchi dell’UE non sarebbe più stata applicabile nel territorio del Regno Unito, a meno che e nella misura in cui tale applicazione continuativa non fosse espressamente prevista dallo stesso Accordo di recesso.
Nel caso di specie, la data di deposito del marchio contestato risaliva all’8 maggio 2017, ossia prima della scadenza del periodo transitorio, mentre la data di adozione della decisione impugnata al 18 febbraio 2021 e, quindi, successivamente alla scadenza del periodo transitorio. Il Tribunale citava, allora, la propria giurisprudenza per indicare che “nell’ambito di un procedimento di annullamento, il titolare di un diritto di proprietà industriale, in particolare di un marchio anteriore, deve dimostrare di poter vietare l’uso del marchio UE in questione, non solo alla data di deposito o di priorità di tale marchio, ma anche alla data in cui l’EUIPO decide sulla domanda di nullità” (si veda, ex multis, T-169/19). E specificava altresì che tale principio “vale, a maggior ragione, nel contesto dei procedimenti di opposizione” (cfr. T-162/18).
Alla luce di quanto sopra, il Tribunale affermava che, affinché le prove del secondary meaning del marchio anteriore acquisito attraverso l’uso nel Regno Unito siano rilevanti ai fini della domanda di dichiarazione di nullità del marchio contestato, tale uso deve poter essere ancora invocato alla data in cui l’EUIPO si pronuncia sulla domanda di dichiarazione di nullità. Nel caso in esame, tuttavia, la data della decisione impugnata (18 febbraio 2021) era successiva alla scadenza del periodo transitorio. Pertanto, la commissione di ricorso aveva correttamente deciso di non prendere in considerazione l’uso del marchio anteriore nel Regno Unito e di non tenere conto delle prove ad esso relative. Infatti, alla data della decisione impugnata, il pubblico del Regno Unito non faceva più parte del pubblico rilevante dell’Unione Europea.
Il Tribunale concludeva, infine, ribadendo che seppur sia vero che la data da prendere in considerazione per valutare il secondary meaning del marchio anteriore è la data di deposito della domanda di marchio impugnata (cfr. T-349/19), in ogni caso il requisito della permanenza o persistenza del diritto anteriore alla data in cui l’EUIPO si pronuncia sulla domanda di nullità rimane una questione di esecutività, precedente a tale valutazione sostanziale.
Con questa pronuncia sono state fornite indicazioni fondamentali su una tematica che a seguito della Brexit ha di certo creato incertezze tra gli operatori del settore, chiarendo che le prove dell’uso e/o del secondary meaning devono poter essere fatte valere alla data in cui l’EUIPO deve decidere sulla domanda di nullità.
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