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Con l’ordinanza del 23 novembre 2022, il Tribunale di Venezia ha disposto l’inibitoria nei confronti delle divisioni italiana e tedesche della società di giocattoli e giochi da tavolo Ravensubrger per l’utilizzo a fini di lucro dell’immagine dell’opera “Uomo vitruviano” su alcuni dei propri puzzle, ritenendo tale condotta in violazione delle previsioni normative sulla riproduzione dei beni culturali.

Il procedimento sulla riproduzione di beni culturali come l’Uomo Vitruviano

Il procedimento è stato instaurato nel 2021 dal Ministero della Cultura (“MiC“)  e dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia (“Gallerie“), che lamentavano il pregiudizio grave e irreparabile determinato dall’illecito utilizzo e riproduzione su alcuni puzzle – pertanto, a fini commerciali – dell’immagine dell’opera “Uomo vitruviano” di Leonardo da Vinci, ricompresa tra i beni culturali custoditi ed esposti alle Gallerie, da parte delle società tedesche Ravensburger AG., Raversburger Verlag GmBH e della filiale italiana Ravensburger S.r.l., le quali producevano e distribuivano i puzzle recanti l’immagine dell’opera in assenza di alcuna autorizzazione e senza corrispondere alle Gallerie il canone annuale e le royalties previsti dal “Regolamento per la riproduzione dei beni culturali in consegna alle Gallerie dell’Accademia di Venezia” (“Regolamento“) elaborato in conformità agli artt. 107-109 del Codice dei Beni Culturali.

Avverso l’ordinanza del primo grado cautelare con cui il Tribunale di Venezia dichiarava la propria incompetenza territoriale a favore del Tribunale di Milano, il MiC e le Gallerie hanno proposto reclamo sostenendo che quale giudice competente ai sensi dell’art. 20 c.p.c. doveva essere individuato il Tribunale di Venezia e, nel merito, insistevano nell’accoglimento delle cautele richieste in primo grado per l’illecito perpetrato ex art. 108 del Codice dei Beni Culturali.

Con l’ordinanza del 23 novembre 2022, il Tribunale di Venezia ha accolto il reclamo presentato dal MiC e dalle Gallerie per i seguenti motivi.

La posizione del tribunale sulla competenza territoriale

Il Collegio ha ritenuto sussistere la propria competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. poiché la condotta illecita si risolverebbe nell’appropriazione indebita da parte delle società Ravensburger dell’immagine e del nome dell’opera “Uomo vitruviano” su alcuni puzzle, in violazione dell’art. 108 del Codice dei Beni Culturali. Pertanto, ai fini dell’individuazione del locus commissi delicti ex art. 20 c.p.c. “non risultano determinanti i luoghi di svolgimento delle attività di commercializzazione, distribuzione e promozione dei prodotti (i noti puzzle) raffiguranti l’immagine e il nome de l’“Uomo Vitruviano” in quanto mere modalità di esecuzione dell’illecito già perfezionatosi integralmente in un momento antecedente“.

Dunque, secondo il Tribunale, non può considerarsi quale forum commissi delicti la sede legale della sola filiale italiana della Ravensburger in quanto mero luogo dell’asserita distribuzione dei prodotti oggetto di causa, dovendo invece considerare, ai fini dell’individuazione del tribunale competente, “il luogo di concretizzazione ed effettiva verificazione del danno risarcibile ovvero il luogo dove si sarebbe realizzato lo svilimento o l’annacquamento dell’immagine e del nome dell’opera“.

Pertanto, il Collegio ha concluso ritenendo che, poiché l'”Uomo vitruviano” è custodito a Venezia presso le Gallerie, è Venezia il luogo in cui il danno riconducibile alla condotta delle reclamate si è verificato.

La decisione sul merito

Innanzitutto, il Tribunale ha rilevato l’applicabilità al caso dell’Uomo Vitruviano della legge italiana in materia di riproduzione di beni culturali quale lex fori rispetto a tutte le parti del procedimento in forza dei seguenti principi di diritto internazionale privato:

  1. qualificazione del Codice dei Beni Culturali quale norma di applicazione necessaria ai sensi dell’art. 17 della L. 218/1995 e dell’art. 16 del Regolamento 864/2007 – in considerazione del loro oggetto o del loro scopo, le norme di applicazione necessarie sono ritenute irrinunciabili per l’ordinamento interno e, pertanto, si applicano necessariamente, sia rispetto a fattispecie di carattere interno sia per quelle aventi carattere transnazionale. In particolare, il Collegio, d’accordo con le reclamanti, ha sostenuto che il Codice dei Beni Culturali rappresenti “un unicum a livello europeo” poiché con la sua adozione il legislatore avrebbe inteso tutelare un interesse ritenuto essenziale per lo Stato italiano;
  2. ai sensi dell’art. 4, comma 1, del Regolamento 864/2007, “la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze indirette di tale fatto“. Il Collegio ha quindi concluso ritenendo applicabile la legge italiana poiché in Italia, e più precisamente a Venezia, si sono verificate le immediate conseguenze pregiudizievoli della lesione nei confronti delle parti danneggiate.

In merito alla condotta contestata, le reclamanti lamentavano l’illecito utilizzo e riproduzione sui puzzle dell’immagine dell'”Uomo vitruviano” e del suo nome, tutelato quale bene culturale sostenendo che ai sensi degli artt. 6, 7 e 10 del c.c., del Regolamento e del Codice dei Beni Culturali, l’amministrazione avente in custodia il bene culturale ha il potere di autorizzare/concedere la riproduzione dell’immagine del bene e di determinare i canoni di concessione e i corrispettivi della riproduzione, tenendo conto anche dei criteri elencati all’art. 108 del Codice.

In particolare, il Collegio ha ritenuto che la condotta delle reclamate costituisse un illecito determinante un danno risarcibile ex artt. 2043 e 2059 c.c., “laddove il danno è costituito, in primo luogo, dallo svilimento dell’immagine e della denominazione del bene culturale (perché riprodotti e usati senza autorizzazione e controllo rispetto alla destinazione) e, in secondo luogo, dalla perdita economica patita dall’Istituto museale (per il mancato pagamento del canone di concessione e dei corrispettivi di riproduzione)“.

Rispetto a questo ultimo punto, il Tribunale ha affermato che “ancorché il bene culturale, di per sé considerato – secondo la più autorevole dottrina – come entità immateriale distinta dal supporto materiale cui inerisce e costituente un valore identitario collettivo destinato alla fruizione pubblica, costituisca un bene giuridico meritevole di tutela rafforzata (anche a livello costituzionale) secondo l’ordinamento, tuttavia lo stesso non possiede evidentemente un’autonoma soggettività cosicché si verifica una scissione tra l’oggetto di tutela rispetto alla lesione dell’immagine (i.e. il bene culturale) e il soggetto deputato, quale titolare del potere concessorio/autorizzatorio rispetto alla sua destinazione, ad agire per la sua tutela e a ricevere l’eventuale risarcimento del conseguente danno non patrimoniale (i.e. l’Amministrazione consegnataria del bene)“.

Infine, il Tribunale ha ritenuto sussistere un irreparabile e imminente danno non patrimoniale costituito dallo svilimento dell’immagine e del nome del bene culturale riprodotto determinato dall’utilizzo incontrollato e indiscriminato a fini di lucro della riproduzione dell’immagine dell'”Uomo vitruviano” da parte delle società reclamate, senza il necessario e preventivo vaglio da parte delle Gallerie “circa l’appropriatezza della destinazione d’uso e delle modalità di utilizzo del bene in rapporto al suo valore culturale“.

Pertanto, il Tribunale ha inibito alle divisioni italiana e tedesche della società Ravensburger di utilizzare a fini commerciali l’immagine dell'”Uomo vitruviano” e della sua denominazione, su qualsiasi prodotto e in qualsiasi mezzo di comunicazione, online e offline. Inoltre, a supporto dell’inibitoria emessa, il Collegio ha previsto una penale di 1.500 Euro a favore del MiC e delle Gallerie per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordinanza, e ha ordinato la pubblicazione dell’ordinanza su due quotidiani a diffusione nazionale e due a diffusione locale.

Si tratta della prima decisione che affronta espressamente la questione dell’applicabilità della normativa sulla riproduzione del patrimonio culturale prevista dal Codice dei Beni Culturali ad attività svolte al di fuori dell’Italia. Questo è evidentemente l’unico elemento di “novità” rispetto alle altre – numerose – decisioni in materia.

Infatti, la decisione sul puzzle dell'”Uomo vitruviano – che poteva essere un’occasione per fornire una diversa interpretazione del Codice dei Beni Culturali – non stupisce affatto e, anzi, conferma un orientamento ormai (purtroppo) consolidato nel panorama italiano. La giurisprudenza nazionale in materia è infatti tristemente nota per la sua costanza nell’inibire qualsiasi forma di riproduzione del patrimonio culturale italiano per fini commerciali ove manchi l’autorizzazione dell’ente avente il bene in consegna. Tra le numerose decisioni, la maggior parte hanno visto protagonista il David di Michelangelo, altre, invece, hanno riguardato il Teatro Massimo di Palermo e, più di recente, la Venere di Botticelli.

Purtroppo, l’attuale linea giurisprudenziale sulla riproduzione di beni culturali non cambierà rotta sino a che il legislatore non interverrà direttamente sul Codice dei Beni Culturali. Infatti, l’obsoleto quadro normativo italiano in materia di riproduzione dei beni culturali e delle opere protette dal diritto d’autore è rimasto invariato anche dopo l’entrata in vigore della Direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d’autore e i diritti connessi nel mercato unico digitale, che all’art. 14 prevede “Gli Stati membri provvedono a che, alla scadenza della durata di protezione di un’opera delle arte visive, il materiale derivante da un atto di riproduzione di tale opera non sia soggetto al diritto d’autore o a diritti connessi, a meno che il materiale risultante da tale atto di riproduzione sia originale nel senso che costituisce una creazione intellettuale propria dell’autore“.

Nonostante il chiaro intento del legislatore europeo di promuovere il libero accesso all’uso dei dati in generale, nel recepire la Direttiva (UE) 2019/790 il legislatore italiano ha introdotto l’art. 32-quater nella legge sul diritto d’autore. Il nuovo art. 32-quater prevede che “Alla scadenza della durata di protezione di un’opera delle arti visive, anche come individuate all’articolo 2, il materiale derivante da un atto di riproduzione di tale opera non è soggetto al diritto d’autore o a diritti connessi, salvo che costituisca un’opera originale. Restano ferme le disposizioni in materia di riproduzione dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (ovvero, il Codice dei Beni Culturali)”. Pertanto, le disposizioni relative alla riproduzione dei beni culturali contenute nel Codice dei Beni Culturali rimangono tutt’ora in vigore. Quindi, nulla è cambiato.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Beni culturali e pubblicità: il caso del David di Michelangelo”.

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