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Dopo l’annuncio dell’agosto scorso, Meta ha finalmente cambiato la base giuridica utilizzata per il trattamento dei dati dei suoi utenti per mostrare annunci pubblicitari personalizzati. In particolare, Meta ha introdotto la possibilità di sottoscrivere un abbonamento ad-free alle piattaforme Facebook e Instagram. Molti sono gli utenti che in questi giorni hanno già ricevuto l’invito di Meta ad abbonarsi: quelli che tuttavia decideranno di continuare a beneficiare del servizio gratuito, saranno costretti ad accettare la pubblicità targettizzata.

Tale soluzione, però, sembra non aver ancora sortito gli effetti sperati. Neanche il tempo di presentare il nuovo servizio premium e l’European Data Protection Board (EDPB) ha annunciato, il 1° novembre scorso, di aver adottato un nuovo provvedimento d’urgenza nei confronti di Meta. Il provvedimento dell’EDPB è stato emanato il 27 ottobre, ma non è ancora stato pubblicato, lasciando nell’incertezza gli operatori del settore. Intanto, l’Autorità garante irlandese (che funge da Autorità capofila per Meta) sta ancora valutando la legittimità della nuova soluzione proposta dalla società statunitense, ma siamo sicuri che un suo intervento non tarderà ad arrivare.

La sanzione della Data Protection Commission irlandese: un punto di partenza decisivo nella lotta contro la pubblicità targettizzata senza consenso

Questo è solo l’ultimo atto della battaglia delle Autorità europee nei confronti della pubblicità comportamentale online trasmessa dai grandi operatori del settore. Il 2023 si è infatti rivelato un anno cruciale, in particolare per Meta che è stato oggetto di un susseguirsi di provvedimenti sanzionatori riguardo alle modalità con cui il colosso di Menlo Park raccoglie e tratta i dati personali degli utenti registrati.

Tra queste, l’inizio del 2023 ha visto la Data Protection Commission (DPC) irlandese comminare una sanzione di quasi 400 milioni di euro alla società americana a causa della base giuridica contrattuale scelta da Meta per mostrare i propri annunci personalizzati agli utenti delle sue piattaforme.

La società ha, infatti, sostenuto che l’accettazione dei Termini di Servizio dei suoi social network da parte degli utenti era sufficiente per basare il trattamento dei dati personali connessi alla fornitura dei suoi servizi, compresi quelli di pubblicità comportamentale, sull’esecuzione di un contratto con gli utenti stessi.

Fondamentale per la decisione della DPC è stato il parere vincolante espresso dall’EDPB in cui veniva affermato che la necessità di dare esecuzione a un contratto non può essere considerata una base giuridica legittima per attività di advertising targettizzato e profilazione.

Sulla questione è intervenuta anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) nel mese di luglio, rilevando nella condotta di Meta non solo una violazione del GDPR, ma anche un abuso di posizione dominante nel settore della pubblicità comportamentale.

È così che la DPC prima e la CGUE dopo, passando anche per l’EDPB, hanno stabilito che neppure il legittimo interesse di Meta ad utilizzare la pubblicità comportamentale per finanziare i propri social network è sufficiente a giustificare il trattamento dei dati degli utenti senza il consenso degli stessi.

La risposta dell’Autorità garante norvegese: il divieto trimestrale di mostrare pubblicità comportamentale per Meta

La vicenda ha avuto poche settimane dopo un ulteriore sviluppo con l’intervento dell’Autorità garante norvegese (Datatilsynet) che, a partire dal 4 agosto scorso, ha assoggettato Meta a un divieto trimestrale di utilizzare la pubblicità comportamentale sulle proprie piattaforme nel paese scandinavo.

L’autorità norvegese ha motivato la sua decisione affermando che: “The invasive commercial surveillance for marketing purposes is one of the biggest privacy risks on the Internet today”. Il pericolo sarebbe insito nel fatto che l’uso di pubblicità comportamentale ha il potere di influenzare l’utente e, per questa ragione, non può avvenire “in silenzio”. Secondo il Datatilsynet l’interessato deve essere quindi adeguatamente informato circa i rischi e le dinamiche di questa attività.

Ancora prima che il termine del divieto trimestrale spirasse ormai lo scorso 4 novembre, e stante la perdurante inerzia di Meta, l’Autorità garante norvegese ha infine richiesto all’EDPB un intervento risolutivo sulla questione.

L’intervento dell’EDPB e la risposta di Meta

È per questa ragione che, il 27 ottobre, l’EDPB ha quindi emanato una decisione vincolante urgente,  incaricando la DPC, in qualità di autorità di controllo capofila, di adottare, entro due settimane, misure definitive nei confronti di Meta, imponendo il divieto di trattamento dei dati personali per la pubblicità comportamentale sulle basi giuridiche del contratto e del legittimo interesse in tutto lo Spazio Economico Europeo (SEE). Nel comunicato stampa, l’EDPB ha sottolineato l’urgenza di mettere fine alle pratiche illegali di Meta e ha enfatizzato l’importanza del rispetto della privacy come diritto fondamentale.

In risposta, Meta ha annunciato, il 30 ottobre, la volontà di attuare una nuova strategia di business. Oltre ad adeguare la base giuridica al consenso, l’azienda ha spiegato di voler introdurre la possibilità per gli utenti dell’UE e della Svizzera di pagare un abbonamento mensile per utilizzare Facebook e Instagram senza annunci.

Nel comunicato stampa il colosso americano ha enfatizzato che “la possibilità di acquistare un abbonamento per non avere annunci pubblicitari bilancia i requisiti delle autorità europee, offrendo agli utenti la possibilità di scegliere e consentendo a Meta di continuare a servire tutti i cittadini dell’UE, del SEE e della Svizzera”, precisando come anche la CGUE nella sua decisione ha espressamente riconosciuto che “un modello di abbonamento, come quello che stiamo annunciando, è una forma di consenso valida per un servizio finanziato dagli annunci”.

La nuova campagna abbonamenti di Meta

Ormai da qualche giorno, quindi, gli utenti europei (e svizzeri) dei social network Facebook e Instagram, con un banner all’accesso, stanno ricevendo da Meta una proposta di abbonamento. In particolare, gli utenti sono ora chiamati a scegliere (tramite un triplice passaggio) se sottoscrivere un abbonamento a pagamento per utilizzare i prodotti di Meta senza annunci pubblicitari oppure se continuare a usufruire del servizio gratuitamente, accettando di ricevere annunci pubblicitari targettizzati. Tale offerta, tuttavia, non è priva di condizioni. A seconda del luogo di acquisto, il costo sarà di 9,99 euro/mese sul web o di 12,99 euro/mese su iOS e Android e a partire dal 1° marzo 2024, i costi saranno differenziati in base al numero di account collegati.

Le reazioni delle Autorità garanti europee e la prospettiva futura

Le risposte delle Autorità garanti europee non si sono fatte attendere. In un comunicato stampa recentemente diffuso, Datatilsynet ha annunciato l’intenzione di tenere sotto stretta osservazione la nuova soluzione adottata da Meta, precisando che molti hanno già espresso scetticismo sul fatto che la nuova soluzione soddisfi effettivamente i requisiti normativi, in parte perché si deve pagare se non si “acconsente”.

D’altro canto, la nuova soluzione di Meta ricorda il fenomeno dei cosiddetti paywall tanto caro all’editoria online, secondo cui l’accesso a determinati contenuti premium può essere concesso lasciando agli utenti l’alternativa tra il pagamento di un prezzo e l’accettazione dell’installazione dei cookie di profilazione. Tale approccio, che è ancora al vaglio dell’Autorità garanti europee, sdoganerebbe, infatti, la possibilità di monetizzare i propri dati per utilizzarli come valuta per pagare alcuni servizi digitali.

Non ci resta ora che attendere la pubblicazione della sentenza dell’EDPB e della successiva decisione dell’Autorità capofila irlandese, nella speranza che quest’ultima possa segnare un definitivo epilogo alla vicenda.

Sul tema possono essere di interesse i seguenti articoli: “Pubblicità targetizzata: Meta su consenso come base giuridica” e “L’Autorità privacy norvegese chiede il blocco permanente della pubblicità comportale su Facebook e Instagram”.

Autrici: Deborah Paracchini e Chiara Fiore

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