L’attuale mandato della Commissione europea sta volgendo al termine e il c.d. “Green Deal” è stata una delle priorità del legislatore europeo che ha provato, negli ultimi 5 anni, a rendere l’Europa più sostenibile, ecologica e ad impatto zero. L’innovazione e la sostenibilità stanno rivoluzionando l’industria della moda, guidandola verso un futuro eco-friendly.
Sulla scorta di quanto stabilito dall’ONU nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sia il legislatore europeo sia quelli degli Stati membri hanno fissato obiettivi ambiziosi per lo sviluppo sostenibile – a livello economico, sociale ed ecologico – per tutti i settori con il fine ultimo di porre fine alla povertà e alle ineguaglianze, nonché di contrastare i cambiamenti climatici, così da costruire società pacifiche che rispettino i diritti umani.
Tra questi, l’industria della moda ricopre da sempre un ruolo principale, a causa del suo grande impatto ambientale derivato dallo sfruttamento delle risorse nella filiera produttiva. Per questa ragione, nel settore del fashion, l’acquisizione dei principi di sostenibilità si presenta come una vera sfida.
Con la crescente preoccupazione per l’impatto ambientale, infatti, anche l’industria della moda sta facendo un salto verso un modello di business più sostenibile e circolare, utilizzando design e materiali innovativi nei processi di produzione e riciclaggio dei prodotti. È così che la moda circolare, un modello basato sulla riduzione, il riutilizzo, il riciclo e il ripristino dei materiali, sta guadagnando sempre più terreno nell’industria della moda. Tale soluzione, tra l’altro, aumentando i posti di lavoro, consente la nascita di attività post-vendita (che si occupano del riutilizzo, del riciclo e della rigenerazione) volte a generare valore anche dai capi d’abbigliamento dismessi. L’adozione di modelli di business circolari, pertanto, non solo riduce l’impatto ambientale dei prodotti, ma offre anche nuove opportunità di creazione di valore e differenziazione per le aziende, facendo guadagnare un valore aggiunto all’immagine dei brand “sostenibili”.
In un mondo in cui la moda cambia continuamente e per essere alla moda viene richiesto di adattarsi velocemente a nuovi stili, la moda sostenibile presenta, però, una sorta di contraddizione in quanto presuppone che i prodotti d’abbigliamento siano “evergreen” e abbiano un ciclo di vita di lungo termine. È così che prendono piede anche le app che agevolano l’acquisto e la rivendita di prodotti di seconda mano, così da promuovere la moda circolare.
In questo contesto in rapida evoluzione, quindi, l’innovazione e la sostenibilità stanno emergendo come due pilastri fondamentali per le aziende che desiderano prosperare in un ambiente sempre più consapevole e orientato al futuro. L’unione di questi due concetti non solo guida l’industria della moda verso una maggiore responsabilità sociale ed ecologica, ma apre anche le porte a un nuovo paradigma di creatività e competitività.
Ma le case di moda sono davvero pronte a plasmare il futuro del settore abbracciando questa nuova sinergia?
Sì, e in questo l’innovazione tecnologica è diventata la migliore amica delle case di moda. L’implementazione di nuove tecnologie che creano soluzioni per ridurre l’impatto che la moda ha sul pianeta sta, infatti, rivoluzionando l’intera filiera della moda, dalla produzione alla distribuzione e al consumo dei capi di abbigliamento. Nuovi materiali sostenibili, come fibre riciclate e biodegradabili, stanno sostituendo i materiali tradizionali a basso impatto ambientale. Tecnologie avanzate, come la stampa 3D e la produzione digitale, stanno ottimizzando i processi produttivi riducendo gli sprechi di materiale e energia. Inoltre, l’intelligenza artificiale e l’analisi dei big data stanno migliorando la pianificazione della produzione e la gestione della catena di approvvigionamento, riducendo gli eccessi di inventario e ottimizzando le rotte di spedizione per ridurre le emissioni di carbonio.
Sono sempre più numerosi, infatti, i brand che progettano modelli con la stampa in 3D riducendo al minimo gli errori di produzione e lo spreco di risorse, come la riduzione del consumo di acqua e la diminuzione dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua poiché non vengono utilizzati prodotti chimici per la loro produzione. Anche se ci vogliono molte ore per produrre ogni articolo, si creano meno rifiuti tessili e si evita la sovrapproduzione di capi che verranno utilizzati solo un paio di volte.
Oltre a fornire risposte di tipo procedimentale, innovando i processi, molti brand hanno iniziato ad impiegare nuovi materiali innovativi, frutto di una continua ricerca della sostenibilità, che stanno sostituendo le tradizionali stoffe fino ad ora utilizzate per i capi di abbigliamento. Infatti, i materiali e le fibre comunemente utilizzati contribuiscono in maniera sostanziale all’inquinamento e al consumo di risorse, ma opzioni come fibre create da alimenti (come bucce d’arancia o mela, caffè e funghi), sviluppate dalla polpa di cellulosa o ricavate da foglie di ananas, tra le altre, aiutano a ridurre tale impatto negativo. Questi nuovi tipi di tessuti producono meno rifiuti durante la fase di produzione e sono durevoli, biodegradabili, riciclabili, rigenerativi e riutilizzabili. Nell’utilizzo di questi materiali innovativi Stella McCartney è stata certamente una pioniera con i suoi prodotti fatti di Alter Nappa o Mylo™.
E proprio la necessità di garantire la sostenibilità del ciclo produttivo dei propri capi, dimostrando al cliente l’impatto ecologico del capo che sta acquistando, spinge i brand ad adottare tecnologie innovative per la tracciatura della filiera produttiva, come la blockchain. Questa tecnologia consente, infatti, ai consumatori di conoscere completamente il ciclo produttivo di un capo, dalla progettazione alla vendita, assicurandosi trasparenza e tracciabilità rispetto ai processi dei brand che amano. Inoltre, il carattere di immutevolezza della blockchain consente di garantire la certezza delle informazioni contenute, riducendo il fenomeno del cosiddetto “greenwashing”, ossia dell’utilizzo, da parte dei brand, dei claim di sostenibilità in maniera fittizia e ingannevole.
Non solo; utilizzando sistemi di intelligenza artificiale, i brand sono in grado di scansionare le forme del corpo per riflettere, sul capo, l’esperienza fisica, nonché di predire le richieste e anticipare le aspettative del consumatore, così da ottimizzare la catena di approvvigionamento e ridurre la quantità di indumenti inutilizzati e da dismettere.
Inoltre, questi sistemi di intelligenza artificiale svolgono un ruolo importante per il consumatore in quanto migliorano anche la sua esperienza di acquisto (ad esempio, grazie all’utilizzo di assistenti virtuali che consentono al cliente di provare virtualmente i vestiti, prima di acquistarli, evitando il cosiddetto ripensamento del cliente nel caso in cui il risultato non sia come sperato!). In questo modo, si riesce a ridurre la quantità di articoli restituiti e a diminuire gli scarti tessili generati dalla sovrapproduzione.
Ma tutta questa innovazione può portare con sé sfide legali ancora inesplorate. Ad esempio, l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale, nuovi mondi virtuali e applicazioni mobili pongono questioni in relazione all’utilizzo legittimo delle informazioni che vengono date in pasto ed elaborate da questi sistemi, soprattutto in relazione ai diritti di proprietà intellettuale su queste, o ancora alla raccolta e al trattamento dei dati personali dei clienti dei brand che utilizzano questi nuovi strumenti. Non solo; questi sistemi, seppur rivoluzionari e proprio per il loro carattere innovativo, possono essere invasivi della sfera personale dei clienti ed impattare sui diritti e le libertà di questi ultimi. Per tale ragione, i brand – oltre a pensare alla sostenibilità dei propri prodotti e processi tramite l’utilizzo di tecnologie innovative – devono tenere in considerazione le normative a protezione dei propri clienti, quali utenti e consumatori, inclusa la normativa sul trattamento dei dati personali e la nuova disciplina prevista dal recente Regolamento sull’intelligenza artificiale (meglio conosciuto come “AI Act”), nonché gli obblighi di trasparenza e comunicazione, anche in materia pubblicitaria e tracciamento della filiera.
Alla luce di quanto sopra, sebbene l’innovazione tecnologica abbia il potere di cambiare l’industria della moda in quanto è in grado di portarla verso la sostenibilità, contribuendo a ridurre l’impatto ambientale, ottimizzando la produzione, minimizzando gli sprechi e riducendo le emissioni inutili, la sostenibilità rappresenta una sfida per tutti, dai legislatori ai brand, fino ad arrivare ai consumatori, che con le loro scelte etiche possono contribuire a questo cambiamento.
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