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Con una decisione del 5 gennaio scorso, il Tribunale di Milano ha concesso un’inibitoria paneuropea nei confronti di una società britannica, vietandole di commercializzare un prodotto in contraffazione della nota borsa “Le Pliage” di Jean Cassegrain/Longchamp.

La vicenda in esame ha origine da un ricorso presentato dalle società Jean Cassegrain S.a.s., Longchamp S.a.s. e Longchamp Italia S.r.l.. La prima detiene i diritti sul marchio nominativo “Le Pliage” e sul marchio di forma registrato e non registrato che tutela le caratteristiche distintive della borsa denominata “Le Pliage”; la seconda è l’unico licenziatario dei diritti di Jean Cassegrain S.a.s.; infine, la terza agisce come sub-licenziataria e distributrice esclusiva per il territorio italiano dei prodotti Longchamp, tra cui rientrano le borse “Le Pliage”.

Parte resistente, invece, era una società britannica che aveva messo in vendita un prodotto che imitava la forma del “Le Pliage” sul suo sito web, accessibile in tutta Europa, compresa una versione italiana del sito, dove un consumatore italiano poteva acquistare e far recapitare i prodotti direttamente sul territorio italiano.

Inizialmente, il Tribunale di Milano ha esaminato la questione della giurisdizione, poiché le parti ricorrenti avevano intentato un’azione legale contro una società di origine extraeuropea.

A conferma del fatto che i tribunali italiani avessero giurisdizione sulla questione, il Tribunale ha osservato che, per fondare la giurisdizione, è sufficiente che vi sia una minaccia di commissione di atti di violazione sul territorio italiano, ai sensi dell’articolo 126(a) del Regolamento dell’UE n. 1001/27 e, in ogni caso, che vi sia la possibilità che i diritti di proprietà intellettuale del ricorrente possano essere violati sul territorio italiano, ai sensi dell’art. 7(2) del Regolamento dell’UE n. 1215/12. Qui, i ricorrenti sono stati in grado di acquistare i prodotti contestati dalla versione italiana del sito web della società britannica, prodotti che sono stati consegnati in Italia dalla società britannica, confermando così che la vendita di questi prodotti è diretta al mercato italiano e ai consumatori italiani, e non solo a quelli comunitari. Inoltre, ai sensi dell’art. 125(2) Reg. 1001/17 (cfr. altresì comma 2 dell’art. 120 c.p.i.) la circostanza che parte resistente non avesse la sua sede o il suo domicilio in uno degli Stati membri ha reso legittima la sua evocazione in giudizio dinanzi al Tribunale meneghino in relazione al fatto che la ricorrente Longchamp Italia S.r.l. ha sede in Milano.

Entrando, poi, nel merito della questione, dopo l’analisi degli elementi distintivi del marchio di forma registrato e non registrato rivendicato dalle società resistenti, il Tribunale di Milano ha riconosciuto che la società britannica stesse effettivamente commercializzando dei modelli di borse che riprendevano tutte le caratteristiche distintive, arbitrarie e capricciose, proprie della borsa “Le Pliage”. Inoltre, grazie all’ampia giurisprudenza sulla borsa “Le Pliage” depositata dalle ricorrenti, il Tribunale ha nuovamente confermato che i marchi tridimensionali non registrati e registrati di proprietà della società francese godessero di un elevato grado di reputazione.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Milano ha stabilito che la commercializzazione, l’offerta in vendita e la vendita dei prodotti contestati, in imitazione della famosa borsa “Le Pliage” protetta dai suddetti titoli, costituisse “senza ombra di dubbio la contraffazione individuata ex art. 20 lett. c) c.p.i. e di cui all’art. 9 lett. c) del Regolamento UE n. 1001/17”. Ciò in quanto sussisteva “in maniera evidente l’indebito vantaggio per la parte resistente derivante dallo sfruttamento pressoché integrale delle forme protette dalle registrazioni comunitarie, utilizzate da essa senza giusto motivo al solo fine di appropriarsi della particolare notorietà connessa ai marchi registrati e ampiamente utilizzati dalle ricorrenti”.

In aggiunta, secondo il Tribunale di Milano “il protrarsi eventuale dell’offerta in commercio e della commercializzazione di tale modello di borsa [avrebbe determinato] senza dubbio alcuno un pregiudizio alla stessa rinomanza dei marchi azionati,  risultando i prodotti diffusi dalla resistente sottratti a qualsiasi controllo di qualità che determina il concreto pericolo di un appannamento dell’apprezzamento del marchio da parte del pubblico dei  consumatori laddove fosse verificata la minore qualità di esso e determinata inevitabilmente una confusione circa l’origine imprenditoriale di esso, tenuto conto dell’identità tra il prodotto originale e quello contestato che produce un diretto fenomeno di assimilazione della provenienza di entrambi dallo stesso produttore-ideatore”.

Per tali motivi, a tutela del noto marchio di forma, il Tribunale di Milano ha ritenuto necessario emettere un’ordinanza cautelare di inibitoria c.d. paneuropea all’ulteriore commercializzazione del modello di borsa contraffatto nei confronti della società resistente. Tale ordine, dunque, è stato esteso a tutto il territorio dell’Unione europea ai sensi dell’art. 126(1) e dell’art 131(2) Reg. 1001/17, inibitoria assistita dalla penale specificata in dispositivo.

La sentenza esaminata evidenzia che, quando prodotti contraffatti, violando un marchio noto, vengono venduti non solo online in Europa, ma sono chiaramente destinati al mercato italiano, il titolare del marchio può agire giudizialmente in Italia e richiedere un’inibitoria paneuropea, anche se il contraffattore non ha sede in Italia. Di conseguenza, in simili casi, tutti i titolari di diritti di proprietà intellettuale potranno scegliere l’Italia come giurisdizione appropriata per richiedere misure di protezione anche a livello europeo.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Violazione dei marchi UE di rinomanza: l’inibitoria paneuropea può essere concessa in automatico?“.

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