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Con una recente decisione, il Tribunale Regionale Superiore di Amburgo (il “Tribunale Regionale”) ha affrontato il tema della concessione di misure cautelari aventi efficacia su tutto il territorio dell’Unione Europea.

In particolare, le riflessioni del Tribunale Regionale si sono concentrate nel valutare se, a seguito di violazione di un marchio UE di rinomanza, possa essere concessa in modo automatico un’inibitoria paneuropea.

A tal proposito, ricordiamo che la misura menzionata è prevista dall’art. 131, comma 2, del Regolamento (UE) 2017/1001 (“RMUE”), secondo cui “Un tribunale dei marchi UE la cui competenza si fonda sull’articolo 125, paragrafi 1, 2, 3 o 4, è competente a ordinare misure provvisorie e cautelari che, fatte salve le procedure di riconoscimento e di esecuzione richieste dal capo III del regolamento (UE) n. 1215/2012, hanno efficacia sul territorio di qualsiasi Stato membro”.

In particolare, gli effetti “cross border” delle misure disposte a tutela dei marchi UE discendono dal carattere unitario del titolo invocato. Come chiarito anche dalla Corte Giustizia UE (“CGUE”), “al fine di garantire la protezione uniforme di cui gode il marchio dell’Unione europea nell’intero territorio dell’Unione, il divieto di prosecuzione degli atti di contraffazione o di minaccia di contraffazione deve estendersi in linea di principio a tutto il suddetto territorio“, con la sola eccezione del caso in cui “il Tribunale dei marchi dell’Unione europea, sulla base degli elementi che il convenuto è tenuto in linea di principio a fornirgli, stabilisca l’assenza di un rischio di confusione in una parte dell’Unione“, nel quale unico caso “il commercio legittimo risultante dall’uso del segno in esame in tale parte dell’Unione non può formare oggetto di divieto” (22.09.2016, combit Software GmbH / Commit Business Solutions Ltd, C-223/15, ECLI:EU:C:2016:719, § 130-132)”.

Nel caso in esame, un noto brand di abbigliamento titolare dell’omonimo marchio, riconosciuto dal pubblico a livello internazionale, conveniva in giudizio un negozio di abiti a basso costo che commercializzava abbigliamento sportivo recante un segno simile, se non identico, a quello di titolarità della stessa società attrice. Quest’ultima, allora, rivendicando la violazione di cui all’art. 9, comma 2, lettera c), RMUE a tutela del marchio UE che gode di rinomanza all’interno del territorio comunitario, chiedeva, tra le altre cose, al Tribunale Distrettuale di Amburgo che fosse concessa un’inibitoria paneuropea contro l’uso del segno contestato.

La richiesta dell’attrice veniva accolta, ma avverso la decisione di primo grado parte soccombente proponeva ricorso al Tribunale Regionale.

Anzitutto, il Tribunale Regionale riconosceva che il marchio dell’attrice godesse di una certa reputazione in tutto il territorio tedesco, affermando altresì che il territorio della Germania dovesse essere considerato come parte sostanziale dell’Unione Europea. Sul punto, la decisione ribadiva il principio sancito dalla sentenza Iron & Smith della CGUE secondo cui “laddove sia accertata la notorietà di un marchio comunitario anteriore su una parte sostanziale del territorio dell’Unione, che può eventualmente coincidere con il territorio di un solo Stato membro, si deve ritenere che detto marchio goda di notorietà nell’Unione” (03.09.2015, Iron & Smith, C‑125/14, EU:C:2015:539, § 19 e 20; 06.10.2009, PAGO International, C‑301/07, EU:C:2009:611, § 27-29-30).

In aggiunta, il Tribunale Regionale confermava che il marchio contestato fosse sufficientemente simile al marchio dell’attrice, tale da suscitare la medesima impressione generale nei consumatori, traendo così un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore.

Infine, proprio con riferimento al tema della violazione dei marchi UE di rinomanza, il Tribunale Regionale confermava un ulteriore importante principio comunitario, secondo cui la “giurisprudenza [della CGUE] garantisce che il titolare di un marchio dell’UE possa avere diritto alla tutela rafforzata conferita dall’art. 9, comma 2, lett. c), RMUE in tutto il territorio dell’Unione europea, oppure che non possa avvalersene affatto. Di conseguenza, la portata della protezione conferita da un marchio dell’UE assume un carattere uniforme sull’intero territorio dell’Unione europea” (20.07.2017, Ornua, C‑93/16, ECLI:EU:C:2017:571, § 52).

Ebbene, nel confermare la decisione di primo grado, il Tribunale Regionale concludeva affermando che un’inibitoria basata su un marchio UE di rinomanza potesse essere concessa esclusivamente per l’intero territorio comunitario oppure che non potesse essere affatto concessa.

Alla luce di quanto sopra, questa recente decisione tedesca lascia quindi desumere che nei casi di violazione di un marchio UE di rinomanza potrebbe (o dovrebbe) essere consentito al titolare dello stesso marchio di ottenere un’inibitoria paneuropea proprio perché oggetto della richiesta è un segno che, per definizione, gode di rinomanza nell’intero territorio dell’Unione Europea.

È chiaro che la sentenza esaminata solleva un interrogativo fondamentale riguardo alla portata geografica di un’inibitoria basata su un marchio UE di rinomanza e, in particolare, se tale protezione debba essere “sempre” concessa per l’intero territorio comunitario. Allo stesso tempo, però, questa decisione rappresenta un approccio all’avanguardia nella tutela dei segni distintivi notori, che ha tenuto conto della percezione del pubblico rilevante e ha fornito al titolare del diritto le misure più appropriate per proteggere il proprio marchio comunitario.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Confusione tra marchi: alcuni criteri utili ai fini della valutazione dalla Corte di Giustizia“.

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