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Il 17 settembre scorso, la Corte d’Appello dell’UPC ha emesso un’interessante sentenza sul tema della security for costs. Si tratta di un istituto previsto dall’articolo 69 comma 4 dell’UPCA e disciplinato dalla Rule 158, ai sensi della quale, in qualsiasi fase del procedimento, su richiesta motivata di una parte, il Tribunale può ordinare all’altra parte di fornire, entro un certo termine, un’adeguata cauzione per le spese legali della parte richiedente che l’altra parte potrebbe dover rimborsare.

La decisione della Corte di Lussemburgo fa seguito a quella resa dalla divisione locale di Monaco e, come vedremo, ne riforma il contenuto. In primo grado, la parte attrice, società automobilistica tedesca che aveva adito la divisione locale di Monaco in merito ad un’azione di contraffazione, aveva richiesto la concessione di un provvedimento che ordinasse la disposizione di una cauzione da parte della convenuta statunitense operante nel settore dell’ingegneria elettronica.

Il Tribunale di prima istanza, dopo aver individuato alcuni requisiti necessari ai fini della concessione della cauzione, aveva respinto tale richiesta; tra i requisiti valorizzati dalla divisione locale tedesca vi è la situazione finanziaria della parte che dovrebbe essere a tal punto compromessa da ingenerare una ragionevole preoccupazione sulla sua possibilità di adempiere a un ordine di pagamento emesso dalla Corte o sulla eccesiva onerosità di eventuali procedure di esecuzione. Quanto all’onere probatorio, i giudici togati della divisione locale hanno chiarito che se, da un lato, spetta al richiedente fornire una prova puntuale e circostanziata dei fatti posti a fondamento della propria richiesta, dall’altro lato, spetta all’altra parte contestare in modo preciso i fatti e le ragioni addotte dal richiedente, anche in virtù di quello che nel nostro Ordinamento è il principio di vicinanza della prova, dal momento che la parte resistente ha più facilmente accesso a dati inerenti la propria situazione finanziaria e patrimoniale. Nel caso specifico, le argomentazioni portate dalla casa automobilistica, tra le quali il fatto che la sede statunitense della controparte avrebbe reso più complessa l’eventuale esecuzione di una decisione resa dall’UPC, non sono state ritenute convincenti e sufficienti a fondare la richiesta di costituzione della cauzione, così respinta dalla divisione locale.

Nella decisione in commento, i giudici di Lussemburgo, pur ribadendo quanto stabilito in primo grado sull’onere probatorio in capo alla parte richiedente, giungono a conclusioni di segno opposto. In particolare, ad avviso della Corte d’Appello, la divisione locale avrebbe errato nel valutare le prove fornite dalla casa automobilistica come “generiche allegazioni”, imponendo un onere probatorio a carico dell’istante eccessivamente gravoso. Al contrario, ad avviso della Corte, spettava alla controparte fornire idonea evidenza delle proprie risorse finanziarie e della possibilità di adempiere ad un eventuale ordine di pagamento delle spese, giusto il principio di vicinanza della prova. Tra gli altri elementi che la divisione locale avrebbe erroneamente valorizzato, vi sarebbe stato – ad avviso della Corte – l’acquisto di un portafoglio brevettuale che, a dire della parte appellata, avrebbe potuto costituire idonea garanzia in caso di inadempimento al pagamento delle spese, ma di cui l’appellata non avrebbe fornito indicazioni sul prezzo, peraltro non necessariamente indicativo del valore delle privative acquistate.

Sulla base di tali presupposti, la Corte d’Appello, ribaltando la decisione della divisione locale, ha concluso per la costituzione di una cauzione pari complessivamente a 400.000 euro.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Applicabilità dell’UPCA alle azioni nazionali di contraffazione: una prima decisione dalla Germania”.

Autrici: Laura Gastaldi e Noemi Canova

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