Gucci è coinvolta in una controversia avviata come class action, in cui viene accusata di pratiche commerciali ingannevoli e di aver tratto profitto da dichiarazioni false riguardo all’approvvigionamento etico dei suoi prodotti in pelle esotica. La causa, che solleva accuse di crudeltà verso gli animali e di mancanza di trasparenza, ha attirato l’attenzione sulle pratiche di alcuni marchi di alta moda.
Il caso e le accuse contro Gucci
Nel giugno 2024, Tracy Cohen, ex dipendente di Gucci in un negozio di Chicago, ha dichiarato di essere stata formata per vendere prodotti in pelle esotica – come quella di serpente e coccodrillo – presentandoli come provenienti da fonti etiche e rispettose del benessere animale. Cohen sostiene che lei e i consumatori siano stati indotti a credere che queste affermazioni fossero veritiere, fino a quando non ha scoperto articoli di stampa che rivelavano che i fornitori di Gucci erano coinvolti in pratiche non etiche.
Nel marzo 2024, Cohen ha appreso che i fornitori di Gucci in Thailandia erano coinvolti in pratiche non regolamentate di abbattimento di pitoni e coccodrilli. La donna accusa Gucci e la sua società madre, di aver ingannato lei e altri consumatori, inducendoli ad acquistare prodotti in pelle esotica sulla base di false informazioni riguardo alla loro origine etica. La causa è stata intentata a nome di Cohen e di un gruppo di consumatori che hanno acquistato questi prodotti in Illinois a partire dal gennaio 2009.
La decisione del tribunale
Gucci e la sua Holding hanno contestato la causa, chiedendo che venisse annullata. In particolare, la holding ha sostenuto che il tribunale non avesse giurisdizione, considerando che non avesse legami significativi con lo stato dell’Illinois. Tuttavia, il giudice Jeremy C. Daniel del Tribunale Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto Settentrionale dell’Illinois ha respinto questa richiesta, ritenendo che Gucci non avesse abbastanza collegamenti con lo stato per giustificare l’azione legale. D’altro canto, le accuse nei confronti di Gucci sono state accolte, poiché il giudice ha ritenuto che le dichiarazioni di Cohen fossero sufficientemente dettagliate da supportare la sua causa ai sensi della Legge sulle pratiche commerciali ingannevoli e frodi del consumatore dell’Illinois (ICFA).
Le accuse di pratiche ingannevoli
Nel suo reclamo, Cohen sostiene che durante il suo impiego presso Gucci le fosse stato insegnato a vendere prodotti in pelle esotica come provenienti da fonti etiche, con l’assicurazione che gli animali non fossero stati sottoposti a sofferenze. Cohen afferma che queste dichiarazioni erano ingannevoli, poiché, successivamente, ha scoperto che i fornitori coinvolti erano implicati in pratiche contrarie a quanto dichiarato pubblicamente da Gucci.
Il giudice ha stabilito che le accuse mosse da Cohen fossero abbastanza dettagliate da giustificare una causa ai sensi dell’ICFA, che richiede la dimostrazione che il convenuto abbia messo in atto pratiche ingannevoli con l’intento che i consumatori si fidassero di queste informazioni. Inoltre, è stato stabilito che l’inganno dovesse essere connesso a transazioni commerciali che avessero causato danni. Cohen ha argomentato che i prodotti in pelle esotica erano ingannevoli, poiché provenivano da fonti non etiche, in contrasto con quanto dichiarato pubblicamente da Gucci.
L’accusa di arricchimento ingiustificato
Gucci ha anche contestato la richiesta di Cohen di arricchimento ingiustificato. Tuttavia, poiché la causa basata sull’ICFA è stata accolta, anche la richiesta di arricchimento ingiustificato è proseguita. Cohen sostiene che Gucci abbia tratto vantaggio in modo ingiusto dalla vendita di tali prodotti, beneficiando da pratiche ingannevoli che hanno indotto i consumatori a credere che i prodotti fossero etici.
Crescente attenzione verso l’approvvigionamento etico
Il caso contro Gucci si inserisce in un contesto più ampio di crescente attenzione legale e normativa nei confronti dell’industria dei beni di lusso, in particolare per quanto riguarda le pratiche della catena di fornitura. Altri marchi di lusso sono oggetto di indagini simili, riguardanti la protezione degli animali e le condizioni di lavoro all’interno delle loro catene di approvvigionamento.
In risposta alla crescente richiesta di maggiore trasparenza, molte aziende di lusso stanno acquisendo fornitori strategici per esercitare un controllo più diretto sulla produzione e sull’approvvigionamento. Questo consente ai marchi di garantire che materiali come le pelli esotiche provengano da fonti etiche, rispondendo così alle aspettative dei consumatori riguardo alla produzione responsabile. Tali acquisizioni mirano anche a ridurre i rischi reputazionali legati a pratiche non etiche, come la crudeltà verso gli animali e lo sfruttamento del lavoro.
Conclusioni: l’urgente necessità di trasparenza etica nel lusso
La causa contro Gucci segna un momento di crescente consapevolezza da parte dei consumatori sull’importanza etica del benessere animale e della veridicità delle dichiarazioni commerciali, in particolare quelle legate all’ambiente e al benessere degli animali. Il caso evidenzia l’urgenza per l’industria del lusso di garantire maggiore trasparenza, poiché i consumatori sono sempre più attenti e le normative si fanno più severe.
Questo caso potrebbe avere un impatto significativo, spingendo i marchi di lusso a rivedere le loro catene di approvvigionamento e le loro strategie di comunicazione. Per evitare rischi legali e reputazionali, le aziende dovranno allineare proattivamente le loro pratiche di approvvigionamento e le affermazioni pubblicitarie agli standard etici e alle aspettative dei consumatori.
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