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Nell’era digitale, l’aestethic di un profilo sui social media è diventata un elemento distintivo e di grande valore economico e creativo. Questo concetto di “aesthetic“, che racchiude l’insieme delle scelte visive e stilistiche di un profilo social, come combinazioni di colori, font, immagini e atmosfere, contribuisce a definire l’identità visiva di un creator e a determinarne il successo e la riconoscibilità. Tuttavia, la tutela giuridica di questa estetica complessiva solleva questioni complesse e non ancora del tutto risolte. Il presente articolo intende analizzare alcune possibili forme di tutela giuridica del l’aestethic sui social media, focalizzandosi principalmente sulle soluzioni offerte dal diritto d’autore.

Con il termine “aesthetic” ci si riferisce all’estetica complessiva di un profilo social, ovvero ad una rappresentazione che va oltre i singoli contenuti per abbracciare la coerenza visiva e l’atmosfera generale del feed. La costruzione di un’aesthetic accattivante richiede creatività, tempo e strategia, trasformandola in un vero e proprio asset per influencer e brand.

Tuttavia, individuare strumenti di tutela efficaci per questa estetica globale risulta particolarmente complesso.

Infatti, il diritto d’autore protegge esclusivamente le espressioni creative tangibili, come fotografie, video, grafiche o loghi. Non estende invece la sua tutela a concetti astratti, idee o stili. Pertanto, mentre è possibile proteggere singoli contenuti di un profilo social, come immagini o video originali, l’aesthetic complessiva del profilo social rimane generalmente esclusa dalla protezione offerta dal diritto d’autore. Si considera, infatti, che l’estetica complessiva sia troppo generica o comune per essere protetta. Ad esempio, l’uso di determinate combinazioni cromatiche o layout visivi non può essere considerato una violazione del diritto d’autore, a meno che non si dimostri la copia diretta di elementi specifici e protetti. Questa lacuna rende difficile per i creator difendere il proprio stile distintivo, specialmente quando gli elementi visivi utilizzati sono diffusi e facilmente replicabili.

Un esempio recente che ha messo in luce queste problematiche è la disputa legale tra le influencer americane Sydney Nicole Gifford e Alyssa Sheil. Gifford ha accusato Sheil di aver copiato il suo stile distintivo, noto come “clean girl aesthetic“, e caratterizzato, in particolare, da tonalità neutre come il crema e il beige, e da un’estetica minimalista e raffinata. Secondo Gifford, successivamente ad un incontro avvenuto nel 2022, Sheil avrebbe iniziato a replicare vari aspetti distintivi del suo profilo social, tra cui le angolazioni della fotocamera, le scelte di font, l’arredamento dell’appartamento mostrato nei contenuti, e persino il taglio di capelli. Gifford sostiene che questa condotta costituisca violazione del diritto d’autore, appropriazione indebita dell’immagine e concorrenza sleale. Per tali ragioni, ha chiesto un risarcimento di 150.000 dollari e la rimozione dei contenuti di Sheil dalle piattaforme social.

Sheil si è difesa affermando che l’aesthetic del suo profilo è stata sviluppata autonomamente e, in ogni caso, non è esclusiva di Gifford, poiché si tratta di uno stile ampiamente diffuso.

Il caso evidenzia l’attuale difficoltà di proteggere l’aesthetic di un profilo social. La legge sul diritto d’autore, infatti, si limita a tutelare espressioni creative tangibili (quali, ad esempio, fotografie, video, grafiche, loghi) e non concetti generici (quali, ad esempio, idee, stili, layout o, appunto, la vibe o l’aestethic di un feed). Questo lascia aperto un vuoto normativo che rende complesso difendere il lavoro di un creator contro l’imitazione da parte di un collega.

Quando il diritto d’autore non può essere applicato, un’alternativa può essere rappresentata dalla normativa sulla concorrenza sleale. In Italia, ad esempio, l’art. 2598 n. 3 c.c. disciplina la cosiddetta concorrenza parassitaria, ovvero l’imitazione sistematica delle idee e delle iniziative altrui al fine di appropriarsi del valore economico e creativo generato da un concorrente. Nel contesto dei social media, si può ritenere che la concorrenza parassitaria si verifichi quando un influencer replica l’aesthetic di un altro, utilizzando ad esempio le medesime combinazioni cromatiche, e così sfruttandone il successo e la riconoscibilità per ottenere un vantaggio competitivo. Questo tipo di condotta non si limita dunque a trarre ispirazione, ma mira a confondere il pubblico, causando un danno economico al creator originale.

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