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Il 21 gennaio 2025, la Divisione di Annullamento dell’EUIPO si è pronunciata su una domanda di decadenza per non uso riguardante un marchio dell’Unione Europea registrato nella classe dei profumi e cosmetici. Il richiedente sosteneva che il marchio non fosse stato utilizzato per un periodo prolungato, e che dunque fosse decaduto. In risposta, il titolare del marchio aveva presentato una serie di documenti nel tentativo di giustificare il mancato uso nel periodo quinquennale rilevante e di dimostrare l’intenzione di riprendere la commercializzazione.

Tuttavia, parte della documentazione fornita si riferiva a periodi precedenti al quinquennio di riferimento, mentre altre prove riguardavano attività preparatorie come scambi di corrispondenza con potenziali distributori, business plan, immagini promozionali sui social media e richieste di preventivi per il packaging e le etichette. Tra le giustificazioni addotte per il mancato uso del marchio, il titolare menzionava: il passaggio di titolarità del marchio a seguito di una cessione, gli effetti della pandemia da COVID-19 e una sentenza francese che aveva inibito al precedente titolare l’uso del marchio per contraffazione.

Tuttavia, il richiedente la nullità replicava contestando la rilevanza delle attività preparatorie poste in essere dal titolare del marchio, ritenendole inidonee a raggiungere il pubblico. Inoltre, negava che gli eventi richiamati potessero costituire ragioni legittime per il mancato uso. Ha inoltre portato a supporto dati di mercato che mostravano un aumento delle vendite di profumi durante la pandemia, in particolare tramite e-commerce, suggerendo che il titolare avrebbe potuto sfruttare questo canale per commercializzare i propri prodotti. Quanto all’inibitoria, invece, evidenziava che essa era limitata al solo territorio francese, copriva solo una parte del quinquennio in esame e non impediva interamente l’utilizzo del marchio contestato.

La Divisione di Annullamento ha accolto la domanda di decadenza, basandosi sui criteri consolidati dalla giurisprudenza europea in materia di uso del marchio, in particolare per quanto riguarda il tempo, il luogo, il modo e l’estensione dell’uso, valutando inoltre le ragioni legittime addotte per giustificare il mancato impiego.

Con riferimento al criterio temporale, l’EUIPO ha escluso la rilevanza delle fatture presentate, in quanto datate al di fuori del quinquennio rilevante. La giurisprudenza prevede che documenti anteriori possano talvolta essere rilevanti, ma solo se accompagnati da ulteriori prove relative al periodo di riferimento.

Anche la documentazione relativa agli atti preparatori è stata ritenuta inadeguata a dimostrare un uso effettivo del marchio sul mercato, sebbene temporalmente collocata nel periodo pertinente. Secondo l’interpretazione costante della Corte di Giustizia, infatti, gli atti preparatori possono assumere rilevanza solo se dimostrano che i prodotti sono prossimi all’immissione sul mercato. Restano invece irrilevanti gli atti che si configurano come uso meramente interno e non percepibile sul mercato. Nel caso concreto, la documentazione fornita quale prova degli atti preparatori (ovvero, le richieste di preventivi, la corrispondenza con potenziali distributori, il business plan), è stata giudicata insufficiente a fornire prova dell’uso del marchio sul mercato, sebbene collocata all’interno del periodo rilevante.

Per quanto riguarda l’estensione dell’uso, la Divisione di Annullamento ha ricordato che l’uso genuino del marchio non implica necessariamente un impiego quantitativamente rilevante, potendo anche un utilizzo limitato risultare sufficiente. Tuttavia, nel caso di specie, le prove fornite sono state ritenute insufficienti e inidonee a dimostrare un’effettiva presenza del marchio sul mercato di riferimento. In particolare, il business plan è stato considerato come un documento meramente interno, privo di riscontri concreti (come invece possono essere le richieste di finanziamento a istituti finanziari). Allo stesso modo, le richieste di preventivo, non seguite da risposte o sviluppi, sono state qualificate al più come prove di un uso interno del marchio, non percepibile dall’esterno. Anche le trattative con potenziali distributori, non avendo condotto alla conclusione di contratti effettivi, non sono state ritenute prova di una reale commercializzazione. Infine, anche le sporadiche apparizioni del marchio sui social media, benché collocabili nel periodo rilevante, sono state ritenute irrilevanti in quanto non venivano forniti dati sufficienti circa il pubblico effettivamente raggiunto. Sul punto le linee guida dell’EUIPO sono chiare: “la semplice presenza di un marchio su un sito web di per sé non è sufficiente a dimostrare un uso effettivo, a meno che il sito web non mostri anche il luogo, il periodo di tempo e l’estensione dell’uso o a meno che tali informazioni non siano fornite diversamente”. La Divisione ha dunque confermato un’applicazione rigorosa del criterio dell’uso quantitativamente minimo ma effettivo del marchio, chiarendo la necessità di una presenza concreta e percepibile sul mercato.

Quanto all’analisi delle presunte ragioni legittime per il mancato uso, la Divisione di Annullamento ha argomentato come segue:

  • si è escluso che, nel caso specifico, la pandemia da COVID-19 potesse costituire una valida giustificazione per l’interruzione dell’uso del marchio. Il titolare si era limitato a richiamare la pandemia in modo generico, senza fornire prove concrete del suo impatto sull’attività o sull’impossibilità di commercializzare i prodotti. Inoltre, non aveva contestato i dati prodotti dalla controparte circa l’aumento delle vendite online nel settore durante la pandemia. Pur ammettendo che la pandemia possa, in astratto, configurare una ragione legittima, l’EUIPO ha ribadito che essa deve essere comprovata da elementi specifici e direttamente connessi all’impossibilità di utilizzare il marchio, escludendone quindi l’invocazione come giustificazione generica;
  • quanto all’inibitoria giudiziaria francese, l’EUIPO ha riconosciuto che un provvedimento giudiziario può costituire un impedimento oggettivo all’uso del marchio, ma ha escluso che ciò valesse nel caso specifico. L’inibitoria era infatti circoscritta al territorio francese, non copriva l’intero periodo rilevante e si era conclusa con il trasferimento del marchio all’attuale titolare. Inoltre, tale ostacolo era stato determinato dallo stesso titolare attuale, che aveva originariamente promosso il giudizio da cui era scaturita la sentenza. Per tali motivi, l’Ufficio ha ritenuto che tale circostanza non potesse giustificare l’assenza di un uso continuativo del marchio.

In conclusione, la Divisione di Annullamento dell’EUIPO ha ritenuto che, sebbene fossero stati allegati alcuni possibili impedimenti all’uso del marchio, essi non coprissero l’intero periodo di riferimento e non fossero supportati da elementi concreti e sufficienti. Pertanto, in assenza sia di prove concrete circa l’uso effettivo del marchio nel quinquennio rilevante sia di giustificati motivi oggettivi e indipendenti dalla volontà del titolare, l’Ufficio ha disposto la revoca della registrazione del marchio europeo.

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