In risposta alle richieste di cambiamento, anche le aziende del settore moda hanno mostrato un crescente interesse per le Benefit Corporation.
La notizia dell’ultima mossa di Patagonia, Benefit Corporation operante nel settore moda, ha fatto il giro in tutto il mondo non appena è stata annunciata: il miliardario, proprietario del famoso marchio di moda, ha deciso di cedere la sua azienda a un fondo di beneficenza.
“Nonostante la sua immensità, le risorse della Terra non sono infinite ed è chiaro che abbiamo superato i suoi limiti“, ha dichiarato l’imprenditore a proposito della sua decisione di cedere la proprietà. Il gesto è certamente impressionante. Al di là dell’innegabile eccezionalità di questo atto, è importante notare che pone le basi per l’ascesa di una clientela sempre più consapevole dell’impatto sociale e ambientale che le diverse società hanno al giorno d’oggi.
Il caso di Patagonia fa luce sull’attuale dibattito sull’impatto e sul ruolo che le grandi aziende hanno quando operano nel mercato globale in uno stato di crisi ambientale e sociale. È noto che le ripercussioni del processo produttivo e delle strutture aziendali sul nostro pianeta sono significative. Ancor più quando si tratta dell’industria della moda, che è stata oggetto di innumerevoli critiche per quanto riguarda il suo impatto ambientale. I tempi sono certamente stretti e alle aziende viene chiesto di impegnarsi in una catena di approvvigionamento che dia priorità all’etica rispetto ai costi.
È quindi in risposta a queste critiche e alla richiesta di cambiamento che le aziende hanno mostrato un crescente interesse per il “movimento delle Benefit Corporation”, che garantisce un livello di stabilità organizzativa stabilendo impegni sociali e ambientali tra una serie di aziende che accettano volontariamente di mantenere determinati standard di entrambi.
Questo è riscontrabile nell’industria della moda italiana, con Save the Duck che è stata tra le prime aziende italiane del settore a ottenere lo status di Benefit Corporation. “Abbiamo iniziato a interessarci a questo percorso tra il 2017 e il 2018, la spinta è arrivata dai consumatori che volevano confermare il nostro impegno per poterlo poi comunicare a loro”, racconta Silvia Mazzanti, Sustainability Manager dell’azienda. Nel settore della rivendita, che ha visto un’immensa crescita negli ultimi anni, Vestaire Collective è diventata uno dei maggiori player del mercato e, soprattutto, vanta una lo status di Benefit Corporation che le conferisce un notevole vantaggio competitivo.
Non si poteva non citare Chloé del Gruppo Richmont, che ha aperto la strada nel mondo del lusso. A questo proposito, è interessante l’affermazione di Cristina Colombo, client impact director. Ha affermato che la sostenibilità è oggi una delle piattaforme più importanti per la crescita del marchio; e che la Responsabilità Sociale rappresenta oggi il 49% della reputazione aziendale, rispetto al 17% di 10 anni fa: si comprende subito che ci sono anche implicazioni strettamente economiche che faranno sì che questo modello di business green diventi un quadro potente in grado di influenzare significativamente i profitti delle aziende nei prossimi anni. Seguendo questa strada, altre aziende al di fuori del settore moda possono essere segnalate come titolari dello status di Benefit Corporation, tra cui spiccano Illy Caffe ed Erborario nel panorama aziendale italiano.
Il movimento delle Benefit Corporation è nato nel 2006 negli Stati Uniti, creato da un gruppo di imprenditori che ritenevano indispensabile cambiare il modello di business dominante e promuovere un’evoluzione radicale del capitalismo come lo conosciamo oggi. A partire dal 2010, nello Stato del Maryland, le Benefit Corporation hanno iniziato a essere codificate sotto una nuova forma giuridica, che riconosce loro questo paradigma aziendale. Ad oggi, le Benefit Corporation sono legalmente riconosciute in 32 Stati americani e, da gennaio 2016, sono riconosciute anche in Italia in base alle disposizioni della Legge di Stabilità.
Questa normativa delinea i requisiti alla base della disciplina delle Benefit Corporation, rendendo così l’Italia il primo Paese europeo a concedere alle proprie società uno status giuridico riconosciuto. Si tratta, ovviamente, di società che utilizzano il profitto come strumento per la creazione di valore sociale, incidendo così sul modello imprenditoriale e di business delle imprese tradizionali. L’ordinamento giuridico nazionale non ha inteso creare un nuovo tipo di società: le società Benefit, infatti, possono adottare la struttura giuridica di qualsiasi società ai sensi del codice civile, ma prevede una disciplina che consente il duplice scopo dell’impegno sociale e ambientale.
Innanzitutto, l’enunciazione nell’oggetto sociale degli scopi perseguiti rende pienamente lecito ciò che in precedenza era di dubbia ammissibilità, ossia la possibilità di indicare nello statuto scopi diversi dalla causa sociale tipica, vincolando così la missione aziendale nel tempo, rendendola più solida e incrollabile alla luce di eventuali cambiamenti di proprietà, struttura o gestione.
Ne consegue che gli amministratori sono ora tenuti a orientare le strategie gestionali verso la realizzazione di tali finalità, essendo previsto che il mancato concreto perseguimento degli scopi di beneficio comune dichiarati comporti l’applicazione delle disposizioni in materia di pubblicità ingannevole e di quelle del codice del consumo in materia di pratiche commerciali scorrette.
Inoltre, per rendere più efficace questo modello di business, le Benefit Corporation riconosciute sono tenute a redigere una relazione annuale sulle attività svolte per il raggiungimento degli obiettivi dichiarati. Questi rapporti devono contenere, tra l’altro, una valutazione della performance sociale e ambientale dell’azienda attraverso l’utilizzo di uno standard di valutazione esterno e indipendente.
Non appena l’azienda indica nel proprio statuto gli obiettivi che persegue ed è in grado di dimostrare di aver soddisfatto i requisiti legali previsti, può introdurre nel proprio nome la denominazione di “società Benefit” o l’abbreviazione “SB”. Il riconoscimento di questo status consente all’azienda di commercializzarsi e di rendere noto a terzi che, oltre allo scopo di lucro, persegue ulteriori finalità di utilità sociale, con informazioni chiare e legalmente garantite.
Infine, il modello delle Benefit Corporation può essere considerato lo strumento più adatto per raggiungere un compromesso tra la crescita del profitto e l’urgenza ormai ineludibile di operare adottando tutte le misure appropriate per proteggere l’unico stakeholder imprescindibile: il nostro pianeta.
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