Gli avatar virtuali sul palco di Sanremo: una prospettiva tecnicamente non più così utopistica grazie ai progressi dell’intelligenza artificiale, ma creano delle problematiche legali.
Con la rubrica “Musica Legalissima” le professioniste e i professionisti del Dipartimento Intellectual Property and Technology di DLA Piper vi accompagnano durante il Festival di Sanremo 2023, esplorando le tendenze e i fenomeni più recenti del mondo della musica.
In questo articolo analizziamo le problematiche legali legate alla creazione, tramite sofisticati sistemi di intelligenza artificiale (AI), di avatar di artisti che potranno esibirsi in concerti ed eventi virtuali. Queste nuove forme di intrattenimento e la creazione di controfigure digitali di artisti attuali o passati, impongono riflessioni etiche e giuridiche, a partire dall’utilizzo massiccio di dati personalissimi.
Cantanti tremate. Il palco di Sanremo potrebbe presto ripopolarsi di grandi autori del passato, come Dalla e Battisti, pronti a gareggiare per il podio contro i colleghi più giovani. Come? Attraverso l’utilizzo di avatar virtuali. Una prospettiva inquietante per molti, ma tecnicamente non più così utopistica grazie ai progressi dell’AI.
Lo sviluppo di tecnologie in grado di rendere in maniera sempre più realistica movimenti e fattezze umane sta dando nuovo slancio al business dei “concerti virtuali”, in cui cantanti reali sono sostituiti sul palco da propri alter ego digitali che si muovono, cantano e interagiscono con il pubblico esattamente come loro.
La creazione di queste controfigure virtuali richiede l’analisi e l’utilizzo di grandi quantità di dati personali, che in alcuni casi possono configurarsi come dati biometrici, dati “personalissimi” che permettono da soli di identificare univocamente un individuo (si pensi al timbro della voce o determinate espressione del viso). Gli avatar 3D possono nascere quindi dalla rielaborazione digitale di dati rappresentativi del linguaggio del corpo, movimenti facciali e gesti distintivi raccolti attraverso telecamere e sensori posizionati sul corpo dell’artista performer. Ma, in mancanza di un corpo fisico, possono essere generati anche mediante l’utilizzo di tecnologie basate su machine learning che consentono di creare immagini e video che risultano tanto reali, quanto indistinguibili dalle loro rappresentazioni nel mondo fisico (si vedano per esempio i c.d. “deepfake”).
Per “concerti virtuali” non si intendono solo performance virtuali, in cui cantanti-avatar 3D si esibiscono sui palchi del metaverso, regalando ai propri fan una nuova esperienza multisensoriale e immersiva, fruita comodamente dal salotto di casa (diversi i nomi illustri dei meta-concerts, a cui si è aggiunto di recente anche Sir Elton John). Si parla anche di veri e propri “hologram tours” che vogliono riprodurre l’esperienza di un concerto live proiettando però sul palco le proiezioni tridimensionali delle superstar (esemplare il tour che ha riunito gli avatar virtuali degli ABBA). Tra le applicazioni più sorprendenti e criticate di queste nuove tecnologie si può includere la – per così dire – resurrezione di cantanti del passato, con l’organizzazione di concerti “postumi” che portano sul palco gli avatar di star scomparse ma amatissime dal pubblico, come è avvenuto per le apparizioni di Elvis Presley, di Maria Callas o del rapper Tupac (questo già nel 2012) fino alle più recenti di Whitney Huston.
Anche il Sanremo del 2021, nel suo piccolo, ha sperimentato le potenzialità di queste nuove tecniche presentando al grande pubblico un ospite-ologramma d’eccezione, senza spingersi però alle prodezze dei colleghi americani.
Se la tecnologia muove spedita verso nuovi orizzonti, l’indiscriminato e sregolato utilizzo di strumenti in grado di manipolare la realtà, creando doppelganger pericolosamente ingannevoli e riportando in vita artisti e un performer ormai deceduti, solleva un ampio spettro di questioni giuridiche, che si affiancano ad altrettanti temi etici.
Nel caso di artisti e cantanti, le prime questioni nascono dal complesso intreccio di problematiche legali relative ai diritti di proprietà intellettuale che devono essere conciliati per la creazione e il successivo utilizzo di avatar per concerti ed eventi virtuali. I diritti d’autore e connessi di autori, interpreti, produttori si intrecciano con i diritti dei creatori dell’avatar o ologramma, a sua volta opera tutelabile (come software? Come opera cinematografica?). E qui, si aprono a loro volta ulteriori difficili quesiti sull’ampiezza di tutela della performance dell’avatar stesso e, quando le tecniche di creazione sono basate su AI, rispetto ai limiti di protezione di prodotti generati da tecnologie AI.
Allo stesso modo, la tutela dei diritti della personalità degli artisti “virtualizzati”, dal diritto all’immagine, al diritto all’identità e alla protezione dei dati personali, è fortemente impattata dall’utilizzo di tecnologie che non solo riescono a rendere la fedele riproduzione delle fattezze di un individuo, ma riescono ormai a farlo a partire da foto e video pubblicamente accessibili, senza controllo o consenso da parte dei soggetti raffigurati.
Se l’utilizzo di synthetic media, come i deepfake, può portare a forme di creatività più o meno innocue (spopolano per esempio i deepfake – iperrealistici – di Keanu Reeves e Tom Cruise su Tik Tok, protagonisti di sketch parodia sui loro originali analogici), si rafforza la consapevolezza di una crescente perdita di controllo da parte di celebrities (e persone comuni) sui propri dati, l’utilizzo del proprio nome, dell’immagine e ora anche della voce. Non, quindi, solo una perdita patrimoniale per gli artisti, incapaci di limitare lo sfruttamento e la riproduzione di quei tratti caratteristici che li hanno resi tali, ma una violazione dei più profondi diritti all’autodeterminazione (anche informativa) e alla propria rappresentazione sociale. A ciò si aggiungono problematiche legali relative al rischio reale di utilizzo improprio di falsi digitali, che sfocia in veri e propri furti di identità in cui il travisamento di identità ingenerato dall’avatar virtuale viene sfruttato per truffare i malcapitati “creduloni” o per screditare e compromettere lo stesso rappresentato.
Le cose si complicano ulteriormente se il soggetto rappresentato è un artista ormai defunto, poiché alle questioni di sfruttamento (o esaurimento) dei diritti d’autore patrimoniali post mortem, si aggiungono tematiche relative all’azionabilità da parte degli eredi dei diritti della personalità dell’artista deceduto, a difesa della sua immagine e dignità contro creazioni che seppur creative (come ologrammi postumi) siano ritenuti lesivi della sua personalità.
Resta da vedere se ologrammi, 3D avatar e deepfake rivoluzioneranno il modo di fare e usufruire della musica. Certo è che l’avanzata di tecnologie dirompenti (molte strettamente connesse all’evoluzione dell’AI) richiede uno sforzo collettivo per colmare le lacune di un sistema giuridico che se a volte è in grado di adattarsi velocemente a fenomeni emergenti (es. introduzione di clausole per l’acquisto dei diritti post mortem sulla riproduzione virtuale dell’immagine di un artista), in altri casi risulta ancora inadeguato (es. regolamentazione dei deepfake).
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