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Per la Corte di Giustizia europea i pacchetti a tariffa zero violano il principio di net neutrality perché limitano il diritto degli utenti di utilizzare contenuti, applicazioni e servizi tramite un servizio di accesso a Internet.

Con sentenza del 15 settembre 2020, la Corte di Giustizia europea (CJEU) si è pronunciata sul Regolamento UE 2015/2120 in tema di net neutrality, che – in estrema sintesi – sancisce il principio di trattamento equo e non discriminatorio del traffico nella fornitura di servizi di accesso a Internet. La Corte in particolare ha espresso la propria posizione in merito alla compatibilità delle offerte “zero-rating” con il Regolamento.

Le offerte esaminate dalla CJEU sono quelle di un operatore di servizi di comunicazione elettronica , consistenti in diversi pacchetti di servizi di connettività che consentono all’utente che ha sottoscritto il relativo piano tariffario di utilizzare un determinato volume di dati. Dal volume di dati a disposizione dell’utente non viene detratto il consumo relativo all’utilizzo di talune applicazioni e di taluni servizi specifici soggetti a “tariffa zero”. Il volume di traffico dati incluso nel pacchetto viene invece consumato per l’utilizzo, da parte dell’utente, delle altre applicazioni e degli altri servizi, non a “tariffa zero”. Esaurito il volume a disposizione, l’utente può continuare a utilizzare le applicazioni e i servizi a “tariffa zero” senza restrizioni, mentre alle altre applicazioni e agli altri servizi sono applicate misure di blocco o di rallentamento del traffico.

La Corte di Giustizia europea ha ritenuto che offerte siffatte a tariffa zero sono incompatibili con l’art. 3, paragrafi 1, 2 e 3 del Regolamento in materia di net neutrality.

Nella sua decisione la CJEU ha in particolare osservato che il paragrafo 2 dell’art. 3 del Regolamento prevede che gli accordi conclusi tra i fornitori di servizi di accesso ad Internet e gli utenti finali e le pratiche adottate dai fornitori non devono limitare l’esercizio dei diritti degli utenti finali, enunciati dal paragrafo 1 dell’art. 3. Tali diritti includono – prosegue la Corte di Giustizia europea – quello di utilizzare contenuti, applicazioni e servizi tramite un servizio di accesso a Internet.

La CJEU ha dunque ritenuto che le offerte esaminate siano in violazione dell’art. 3, paragrafi 1 e 2 del Regolamento in quanto limitano l’esercizio dei diritti degli utenti finali sanciti dal Regolamento.

Il paragrafo 3 dell’art. 3 del Regolamento – ha osservato poi la Corte di Giustizia europea – prevede che i fornitori di servizi di accesso ad Internet trattino tutto il traffico allo stesso modo, senza discriminazioni, restrizioni o interferenze, e a prescindere, in particolare, dalle applicazioni e dai servizi utilizzati. Il paragrafo 3 dell’art. 3 del Regolamento – che  pure consente ai fornitori di servizi di accesso ad internet di attuare misure di gestione del traffico – prevede che queste debbano essere ragionevoli e che, per essere tali, le misure devono rispettare determinati requisiti, tra i quali il fatto di basarsi non su considerazioni di ordine commerciale ma su requisiti di qualità tecnica del servizio.

La CJEU ha quindi ritenuto che le misure di rallentamento e di blocco del traffico di cui ai pacchetti a tariffa zero esaminati, siano in contrasto con il paragrafo 3 dell’art. 3 del Regolamento sulla net neutrality in quanto basate su considerazioni di ordine commerciale.

In Italia l’AgCom – l’Autorità garante per le comunicazioni – sta da tempo svolgendo un’attenta e costante attività di vigilanza sulle pratiche di zero rating e sulle condotte di gestione del traffico e ha avviato alcuni procedimenti in materia. È probabile che l’attività dell’AgCom in questo senso sia ulteriormente rafforzata dalla sentenza della Corte di Giustizia europea in commento.

Su di un argomento simile, è possibile leggere l’articolo “Il BEREC emana le nuove linee guida sul Regolamento UE su un’Internet aperta

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