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Il Tribunale di Milano si è pronunciato sulla violazione dei diritti di proprietà intellettuale su un’opera letteraria in caso di riproduzione su di un’App.

Con una recente decisione, il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di imprese, si è pronunciato sulla questione della violazione dei diritti di proprietà intellettuale detenuti su un’opera letteraria in caso di riproduzione di sue parti su di un’App per dispositivi mobili.

Nel caso di specie, una società editrice aveva sottoscritto un contratto di edizione di durata decennale atto a regolare la pubblicazione e la cessione dei diritti di sfruttamento economico su di un’opera letteraria. In tale contesto, successivamente alla sottoscrizione del contratto di edizione, l’autore dell’opera pubblicava alcune pagine della propria opera attraverso un’App per dispositivi mobili, la quale conteneva anche inserzioni pubblicitarie, nonché sul proprio profilo Instagram e all’interno di una nota agenda per studenti (riproducendo in quest’ultima anche una foto del relativo libro edito dalla società editrice). La società editrice ha convenuto in giudizio l’autore dell’opera letteraria in questione, asserendo che il convenuto avesse posto in essere tali condotte senza ottenerne il necessario consenso da parte dell’attrice.

Secondo il Tribunale di Milano, la liceità di tale forma limitata di riproduzione di un’opera letteraria tramite un’App va valutata, tra l’altro, alla luce delle singole obbligazioni contrattuali coinvolte. Nel caso in questione, lette le relative disposizioni contrattuali sottoscritte dalle parti, il Collegio ha ritenuto che la riproduzione di alcune pagine dell’opera letteraria non può costituire alcuna forma di elaborazione della stessa, risolvendosi sostanzialmente nella sola riproduzione di alcune frasi dell’opera originale. In tale scenario, l’iniziativa oggetto di lite, secondo il Tribunale, non è in grado di costituire nemmeno un’opera autonoma, idonea a porsi in diretta competizione con quella già edita: la sola circostanza che tale forma di riproduzione sia stata effettuata tramite un’applicazione per dispositivi mobili che include inserzioni pubblicitarie non può infatti, a detta del Collegio, costituire dimostrazione della circostanza che tale utilizzazione abbia avuto l’intento e/o l’effetto di porsi in concorrenza con l’opera oggetto del contratto di edizione già stipulato tra le parti.

Il Tribunale rigettava dunque le domande proposte dalla società editrice, affermando l’inesistenza della violazione dei diritti di esclusiva sull’opera letteraria coinvolta.

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