Con decreto del 25 aprile 2021, il Tribunale di Roma, Sez. GIP-GUP si pronuncia sui margini di legittimità dell’accesso ai dati di traffico telefonico stabilendo che la competenza ad emettere il decreto motivato di acquisizione dei dati relativi ai tabulati telefonici è riferibile solo al giudice e non al pubblico ministero ed è ammissibile per i reati disciplinati dagli articoli 266 e 266-bis c.p.p..
Quella sancita dal decreto autorizzativo del GIP presso il Tribunale di Roma è una delle prime applicazioni pratiche in Italia di quanto cristallizzato dalla Grande Sezione della Corte di giustizia UE (CGUE) nella sentenza C-746/181. La decisione aveva già sollevato riflessioni sul bilanciamento tra diritto alla privacy e accesso ai dati di traffico telefonico “per esigenze di accertamento del reato e sicurezza sociale”. In sostanza, la CGUE aveva ribadito che i margini di ingerenza riservata agli Stati membri con riferimento al complesso di obblighi e diritti sanciti dalla Direttiva relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (Direttiva 2002/58), deve essere valutata commisurando la gravità della “compressione” alla rilevanza dell’obiettivo perseguito.
Il metro di proporzionalità e tipicità delle condizioni sostanziali e procedurali sottese all’ingerenza dell’autorità giudiziaria nella sfera privata del cittadino trova ulteriore supporto nel ruolo centrale attribuito dalla CGUE al controllo preventivo del giudice, autorità che dispone “(…) di tutte le attribuzioni e tutte le garanzie necessarie per garantire una conciliazione dei diversi interessi e diritti in gioco”. Tale requisito di indipendenza e terzietà, inoltre, “implica che l’autorità incaricata di tale controllo preventivo, da un lato non sia coinvolta nella conduzione dell’indagine penale di cui trattasi e, dall’altro, abbia una posizione di neutralità nei confronti delle parti del procedimento penale. E ciò non si verifica nel caso di un pubblico ministero che dirige il procedimento di indagine ed esercita, se del caso, l’azione penale”.
Il decreto del 25 aprile prende atto delle statuizioni della CGUE affermandone la diretta applicabilità nell’ordinamento italiano. Tuttavia, il provvedimento è chiamato a bilanciare l’audace dettato della CGUE con l’art. 132 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 che conferisce al pubblico ministero il potere di disporre, con decreto motivato, l’acquisizione di tabulati nell’ambito di un procedimento penale. Parimenti, la proposizione europea è in contrasto con la giurisprudenza interna della Cassazione per cui “il fatto che ad autorizzare la trasmissione e l’utilizzo del dato sia il solo pubblico ministero garantirebbe comunque un livello adeguato di tutela, posto che la trasmissione di un dato esterno di una comunicazione determinerebbe una compromissione del diritto alla privacy decisamente inferiore rispetto alle intercettazioni, la cui tutela è affidata, invece, al controllo di un giudice”.
Ciò che ne consegue è un vero e proprio impasse a cui il Tribunale di Roma ha tentato di porre una soluzione. La conseguenza del conflitto tra l’art. 132 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e la giurisprudenza europea è quella della non applicazione della norma interna: non si tratta, pertanto, di disapplicazione bensì della diretta applicazione della prevalente normativa sovranazionale in conformità all’interpretazione della CGUE. Inoltre, la categoria delle “forme gravi di criminalità” o la “prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica” indicata dalla CGUE quale indispensabile condizione per rendere proporzionata l’acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico è facilmente individuabile con il rinvio integrale alle fattispecie di reato contenute negli artt. 266 e 266 bis c.p.p.. Pertanto, è stabilito che il giudice possa autorizzare l’accesso ai tabulati ove si stia procedendo per gravi fattispecie di reato per le quali è possibile intercettare l’interessato, onde evitare ingiustificate compressioni del diritto alla privacy oltre le intenzioni accolte nel decreto autorizzativo.
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