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AGCM ha dichiarato che le condizioni di servizio di un social media sono vessatorie, obbligandolo a modificarle e introducendo principi validi per ogni sito di ecommerce.
A quasi un anno dall’inzio del procedimento istruttorio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) si è espressa, con un recente provvedimento, in merito alle clausole vessatorie delle “Condizioni di Servizio” della piattaforma di un famoso social media. Il procedimento si è concluso con la presentazione, da parte del social media, dell’impegno a implementare una versione revisionata delle clausole censurate, con lo scopo di sanare i profili di vessatorietà rilevati da AGCM.

Prima di analizzare quali condizioni sono state ritenute vessatorie da parte dell’AGCM e i relativi impegni proposti dal social media, ripercorriamo le tappe principali di questa vicenda.

La vicenda

 A seguito di numerose segnalazioni da parte di associazioni dei consumatori, l’AGCM ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti del social media in relazione al contenuto delle “Condizioni di Servizio (Per gli utenti residenti all’interno di SEE, Svizzera e Regno Unito)”.

Infatti, sin dal principio, questa vicenda ha visto un attivo coinvolgimento delle associazioni dei consumatori, le quali hanno partecipato numerose alla consultazione pubblica indetta dall’autorità. In particolare, le associazioni dei consumatori hanno lamentato la formulazione poco comprensibile delle Condizioni di Servizio, dovuta ad una serie di fattori, quali:

  • la traduzione letterale delle condizioni contrattuali predisposte in inglese, di cui non era stata curata la corrispondenza di senso con le espressioni giuridiche italiane;
  • la disorganica disseminazione delle clausole sulle esclusioni e limitazioni di responsabilità all’interno del testo; e
  • la formulazione eccessivamente generica di alcune clausole, che attribuiva alla Società facoltà unilaterali, determinando un significativo squilibrio nei rapporti fra professionista e consumatore.

Tali profili, secondo le associazioni, venivano aggravati a causa del target della piattaforma che a loro giudizio è costituita principalmente da un pubblico di giovane età, dotato generalmente di una limitata padronanza e cognizione dei propri diritti di consumatori.

Le clausole oggetto di contestazione

AGCM ha accertato la vessatorietà di una serie di clausole contenute nelle Condizioni di Servizio, in quanto queste ultime (i) determinavano un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi contrattuali a carico del consumatore ed (ii) erano formulate secondo modalità non trasparenti e ambigue, soprattutto per la specifica categoria di utenti della piattaforma.

Alla luce dei summenzionati rilievi, il social media ha presentato una serie di modifiche sostanziali e formali alle clausole oggetto di censura che sono state valutate positivamente dall’AGCM. In particolare, le clausole dapprima ritenute vessatorie e successivamente revisionate da parte della Società sono quelle relative a:

  1. modifiche unilaterali delle condizioni e dei servizi. Poiché la clausola – come formulata in origine – attribuiva un generico e discrezionale ius variandi in capo alla Società, prevedendo generiche motivazioni o mere esemplificazioni in relazione alla facoltà di modificare unilateralmente le Condizioni di Servizio, il social media ha limitato la portata di tale previsione, (i) precisando che informerà l’utente con ragionevole anticipo e chiarezza sulle principali modifiche che potrebbero riguardarlo e (ii) chiarendo la data in cui le modifiche entreranno in vigore e che le stesse non hanno carattere retroattivo;
  2. risoluzione, utilizzo dei servizi ed esclusione di garanzie. Secondo l’AGCM, tali clausole conferivano al social media la facoltà generica e discrezionale di sospendere o di chiudere l’account del consumatore e di imporre restrizioni all’utilizzo dei servizi della piattaforma. Quindi, poiché l’utente non era in grado di conoscere le motivazioni della disabilitazione del proprio profilo e di contestare tale decisione, il social media ha da ultimo introdotto alcune garanzie “procedurali”, quali la motivazione della decisione, e la possibilità di inoltrare reclamo;
  3. contenuti caricati dall’utente sulla piattaforma. Secondo AGCM, il social media imponeva, da una parte, delle rinunce eccessivamente ampie agli utenti, che si estendevano anche a diritti personali e morali d’autore, eccedendo le modalità di funzionamento del social media e di condivisione con gli altri utenti e, dall’altra, richiedeva ai consumatori di “garantire” de facto l’assenza di pretese economiche di terzi. Per sanare tale profilo, sono stati circoscritti i diritti sui contenuti attribuiti al professionista, in quanto la portata della clausola – inizialmente omnicomprensiva – è stata limitata, rimuovendo i riferimenti alla (i) rinuncia e cessione di diritti personali (ad esempio: user name, immagine, voce e aspetto fisico) e morali d’autore, nonché alle (ii) garanzie dell’assenza di pretese economiche di soggetti terzi anche professionali;
  4. manleva e limitazioni della responsabilità della Società. L’AGCM ha ritenuto particolarmente problematici tali clausole in quanto le stesse (i) erano formulate secondo modalità ambigue e contradditorie e (ii) declinavano gran parte delle responsabilità derivanti dall’esecuzione del contratto, incluse quelle conseguenti all’inadempimento del social media, prevedendo anche un limite risarcitorio inadeguato di 100 euro, a fronte del rilevante valore economico dei dati personali e dei contenuti forniti dall’utente. In relazione a questo tema, il social media ha circoscritto la (parziale) esenzione da responsabilità degli utenti ai soli contenuti generati.
  5. legge applicabile e foro competente. L’autorità, oltre a considerare la formulazione ambigua e di difficile comprensione, ha eccepito la vessatorietà di tale clausola in quanto, benchè venisse fatta salva l’applicabilità della legge e della giurisdizione italiana, non riconosceva l’inderogabilità del foro del consumatore. Pertanto, il social media ha modificato il testo, prevedendo espressamente che le condizioni contrattuali sono soggette alla legge dello Stato di residenza dell’utente e che, in caso di controversie, è competente il tribunale del luogo di residenza del consumatore.

Gli impegni sopra indicati sono rilevanti anche per altre aziende che offrono servizi online e/o svolgono attività di ecommerce richiedendo di porre attenzione nella formulazione e localizzazione dei propri termini generali e condizioni di servizio ai sensi della normativa italiana, in particolare considerando le norme applicabili in relazione alla tutela dei consumatori che, tra l’altro, come ben sappiamo, sono state oggetto di recenti e importanti interventi da parte del legislatore.

Si conferma quindi un trend che vede, da una parte, un elevato attivismo da parte delle associazioni di categoria e, dall’altro, una crescente sensibilità delle autorità indipendenti nei confronti delle principali piattaforme digitali, specialmente nei casi in cui l’utenza media delle stesse sia costituita da minori.

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