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La Corte di Cassazione ha definito la normativa applicabile alla durata dei diritti d’autore sulle opere cinematografiche in particolare, riferimento ad alcuni tra i più celebri cartoni animati.

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha espresso un importante principio in tema di durata dei diritti di esclusiva sulle opere cinematografiche, in particolare, in riferimento ad alcuni tra i più celebri cartoni animati che hanno segnato la storia del cinema.

A fronteggiarsi vi erano, da una parte, una delle più grandi multinazionali statunitensi, operante nel settore della comunicazione e dell’entertainment per la produzione di lungometraggi di animazione e film per bambini, e, dall’altra, due importanti società italiane.

L’origine del contenzioso nasce da un sequestro avvenuto nel 1991 di alcune videocassette contenenti le pellicole dei famosi cartoni animati statunitensi, le quali erano state prodotte e pubblicate dalle predette società italiane dopo aver conseguito il contrassegno S.I.A.E., proprio delle opere cinematografiche già cadute in pubblico dominio, tali da poter essere liberamente riproducibili e utilizzabili.

A tale uso era però contraria la Società americana, in quanto era ferma nel ritenersi ancora titolare di diritti esclusivi nei confronti di tali opere.

In particolare, nella decisione adottata, la Corte di Cassazione ha condotto un excursus riprendendo in esame le precedenti decisioni in materia e la normativa previgente, escludendo nella specie l’applicabilità del D.Lgs n. 440/1945 e del D.L.C.P.S. n. 1430/1947. Questo perché, nel primo caso, si prevedeva una proroga di ulteriori sei anni rispetto al precedente termine di durata dei diritti sulle opere cinematografiche che era pari a trent’anni dalla prima proiezione pubblica dell’opera e, nel secondo caso, poiché veniva accordato un termine per la sospensione della durata di circa cinque anni e due mesi. Su tale impostazioni, erano piuttosto contrastanti i diversi orientamenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione, in quanto le sezioni penali della stessa ritenevano che le due diverse estensioni temporali dovessero essere applicabili in via alternativa, laddove le sezioni civili erano solite applicarle cumulativamente. Tanto è vero che, in una precedente sentenza del 2011, la Cassazione Civile si uniformò alla tendenza delle Sezioni Unite penali, ritenendo applicabile alla Società americana la sola disciplina espressa dal D. Lgs n. 440/1945, con la conseguenza di ritenere le opere di quest’ultima ormai cadute in pubblico dominio.

Con l’ordinanza in esame però, si assiste ad una vera e propria inversione di tendenza rispetto al passato, tornando la Cassazione sui propri passi. In tal caso, infatti le case editrici richiedevano un risarcimento danni da queste subito a causa del sequestro di videocassette avvenuto in modo del tutto ingiustificato poiché le opere, sulla base anche della precedente sentenza, erano state ritenute di dominio pubblico. Infatti, la richiesta di risarcimento danni risalava ad un contenzioso del 1993 che era arrivato sino alla Cassazione civile nel 2015 per poi essere riassunto dinnanzi alla Corte d’Appello meneghina, la quale si era mostrata favorevole alle richieste della convenuta società americana, affermando che la sentenza che dichiarava la caduta in pubblico dominio delle sue opere non poteva in alcun modo avere efficacia di giudicato sulla questione. Non solo, ma la corte aveva ritenuto anche di dover applicare retroattivamente l’estensione a settant’anni della durata dei diritti di sfruttamento economico delle opere.

Conformandosi a tale orientamento, la Cassazione ha quindi da ultimo riconosciuto la piena titolarità dei diritti di esclusiva in capo alla multinazionale, rigettando la richiesta di risarcimento delle società italiane.

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