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La EUIPO ha rifiutato la registrazione di un marchio in quanto l’ha considerato decettivo della natura del prodotto e stressato l’irrilevanza di una precedente registrazione di un marchio identico.

Con una recente decisione, la Quinta Commissione di ricorso dell’EUIPO ha confermato il rifiuto totale di una domanda di registrazione di marchio europea, ritenendo il segno ingannevole e decettivo perchè idoneo ad indurre il pubblico in errore. Inutile l’invocazione, da parte della richiedente, delle registrazioni dello stesso marchio in Paesi terzi.

La decisione si inserisce nell’ambito del procedimento di ricorso R 1425/2021-5, concernente la domanda di registrazione di un marchio europeo denominativo costituto dall’elemento JUST e seguito dalla denominazione inglese di uno specifico alimento, cioè a dire uova. La domanda di marchio veniva depositata nel gennaio 2021 in relazione ai prodotti della classe 29, cioè a dire “succedaneo delle uova a base di piante, succedanei delle uova liquide, alimenti lavorati a base di piante”. Giunta al vaglio dell’esaminatore, la stessa veniva respinta ai sensi dell’articolo 7, pa. 1 lettera g), in combinato disposto con l’articolo 7, pa. 2, RMUE, per tutti i prodotti. A determinare il rifiuto totale della domanda da parte dell’Ufficio dell’Unione europea della proprietà intellettuale (“EUIPO”) sarebbe stata, in particolare, la rilevata decettività del segno.

Nello specifico, il marchio, usato in relazione a succedanei delle uova a base vegetale, veniva giudicato ingannevole perché idoneo ad indurre il consumatore a credere che si tratti di prodotti fabbricati e costituiti da sole uova di gallina nazionale.

La Commissione confermava la natura decettiva del marchio anche nonostante le argomentazioni formulate dalla richiedente, tra le quali figura il rinvio alla giurisprudenza in materia di integratori dietetici e alimentari e prodotti farmaceutici, ritenuta non applicabile per analogia, secondo la quale il livello di attenzione con riferimento a tali prodotti specifici è da considerarsi superiore alla media. Sposando una linea di pensiero completamente diversa, la Commissione ha invece riconosciuto come parte del pubblico di riferimento anche i consumatori senza un rigoroso comportamento alimentare, i quali, verosimilmente, limitandosi a leggere il marchio apposto sulla confezione, rischiano di acquistare i prodotti con la convinzione che si tratti di uova o prodotti a base di uova, e non alternative senza effetti. Inoltre, risulta ammessa la giurisprudenza secondo cui le circostanze per rifiutare la registrazione ai sensi dell’art. 7, pa 1, lett. g) presuppongono l’esistenza di un inganno effettivo o di un rischio sufficientemente grave di inganno del consumatore. Ove constatate, anche alla luce della funzione del marchio, tali circostanze determinano l’irrilevanza della effettiva percezione del marchio da parte del pubblico come non ingannevole.

Da ultimo, è utile ricordare quanto chiarito in merito alla rilevanza delle (eventuali) registrazioni del marchio identiche (al marchio oggetto della domanda europea) in diversi Paesi. Ferma restando l’assenza di un obbligo in capo all’EUIPO di riconoscere le decisioni sulla registrazione dello stesso marchio adottate da Paesi terzi, secondo la Commissione l’esistenza di registrazioni identiche o simili in Paesi terzi a livello nazionale non costituisce un impedimento alla registrazione di marchi ingannevoli. Secondo la giurisprudenza consolidata, il regime del marchio dell’Unione europea (“MUE”) è infatti un sistema autonomo, costituito da un complesso di obiettivi e di norme specifiche che, dunque, si applica indipendentemente da qualsiasi sistema nazionale. Di conseguenza, l’idoneità alla registrazione di un segno come MUE deve essere valutata esclusivamente sulla base della pertinente normativa dell’UE.

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