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Il Tribunale dell’Unione Europea si è espresso nell’ambito di un caso concernente la decadenza di un marchio europeo registrato in relazione a servizi erogati soltanto nel territorio degli Stati Uniti ma pubblicizzati e proposti a consumatori residenti nel territorio europeo (Case T‑768/20), chiarendo la rilevanza degli annunci pubblicitari e delle offerte di vendita ai fini della prova dell’uso effettivo del marchio.

Brevemente, il marchio europeo de quo veniva registrato l’8 luglio 2011 per tutti i prodotti e servizi delle classi 18, 25, 38, 39, 41, 43 e 44 della Classificazione di Nizza. Il 10 ottobre 2018, avverso tale marchio presentava una domanda di decadenza una società asiatica, con riferimento a tutti i prodotti e servizi summenzionati, ai sensi dell’art. 58, par. 1, lettera a) RMUE. Con decisione del 2 marzo 2020, la registrazione veniva integralmente revocata dalla Divisione di Annullamento dell’EUIPO (European Intellectual Property Office), con effetto dal 10 ottobre 2018. Avverso tale decisione, veniva poi presentato ricorso dalla titolare ai sensi degli articoli 66-71 RMUE, successivamente respinto dalla Quinta Commissione di Ricorso che non riconosceva l’uso effettivo del marchio in relazione ai servizi alberghieri e accessori (più nel dettaglio, in relazione alle classi 38, 39, 41, 43 e 44).

In tale sede, tra le varie considerazioni, la Commissione rilevava che, con riferimento al luogo di utilizzazione, la ricorrente aveva fornito una notevole quantità di elementi di prova riguardanti servizi alberghieri e accessori limitatamente, tuttavia, al territorio degli Stati Uniti. Tra gli elementi figuravano: documenti relativi a pubblicità, campagne promozionali rivolte a clienti situati nell’Unione europea, prenotazioni effettuate direttamente dai clienti e tramite agenzie di viaggio situate nell’UE, fatture indirizzate a clienti residenti nell’UE, un portale di prenotazioni accessibile ai clienti dell’Unione tramite il sito Internet della ricorrente, i dati emessi dal software Google Analytics relativi al traffico sul sito web del richiedente, nonché le stampe di tale sito web che si riferiscono a vari servizi e attrezzature alberghiere offerti e utilizzati dai clienti, in particolare nell’UE. In considerazione di tale limite, la Commissione stabiliva che gli elementi forniti non erano di fatto sufficienti ai fini della prova dell’uso effettivo del marchio, essendo idonei a provare un uso effettivo circoscritto al solo territorio degli Stati Uniti, cioè al di fuori del territorio pertinente. Sia la nazionalità sia l’origine geografica dei clienti venivano giudicate irrilevanti come anche gli annunci pubblicitari e le offerte di servizi destinate ai consumatori dell’Unione. Pertanto, non sussistendo elementi di prova in relazione al quinquennio rilevante e tenuto conto del luogo di prestazione del servizio alberghiero e dei servizi accessori e, ancora, indipendentemente dal fatto che la ricorrente si fosse concentrata sui consumatori dell’Unione con la pubblicità e le offerte di vendita di tali servizi, la Commissione concludeva per la mancanza di un uso effettivo del marchio.

La titolare procedeva chiedendo l’annullamento della decisione impugnata agendo dinanzi al Tribunale UE, che si è espresso con sentenza datata 13 luglio 2022.

Tale sentenza si rivela interessante in quanto il Tribunale UE ha riconosciuto che la Commissione ha commesso un errore nel ritenere irrilevante l’uso del marchio controverso nell’UE, limitandosi a considerare esclusivamente il diverso luogo di erogazione dei servizi alberghieri e accessori. Più nel dettaglio, secondo il Tribunale UE, la Commissione ha errato non distinguendo tra il luogo di prestazione dei servizi e il luogo di utilizzazione del marchio, dovendosi considerare rilevante soltanto quest’ultimo ai fini dell’esame dell’uso effettivo. Inoltre, il Tribunale UE confermava quanto sostenuto dalla ricorrente, e cioè che l’uso di un marchio è dimostrato da molteplici tipi di atti e che, ai fini della determinazione del suo uso effettivo, gli stessi non possono essere limitati ai soli atti di fornitura dei prodotti o dei servizi contraddistinti. A sostegno di tale conclusione si pone certamente l’articolo 9, paragrafo 3, lettere b) ed e) RMUE, che annovera tra gli atti pertinenti ai fini dell’accertamento di un uso effettivo del marchio controverso anche gli atti di pubblicità e di offerta in vendita nella misura in cui si verificano nel territorio di cui trattasi. A ciò si aggiunga, altresì, che secondo la giurisprudenza, ai fini della prova dell’uso effettivo del marchio, è sufficiente constatare che lo stesso sia utilizzato conformemente alla sua funzione essenziale, vale a dire quella di garantire l’identità dell’origine dei prodotti e dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di creare o preservare uno sbocco per tali beni o servizi. Infine, è utile ricordare l’orientamento dell’EUIPO secondo cui, quando i prodotti o i servizi coperti dal marchio controverso sono forniti all’estero, come alloggi per le vacanze o prodotti particolari, la pubblicità da sola può essere sufficiente a costituire un uso effettivo [Orientamenti dell’EUIPO per l’esame dei marchi dell’Unione europea, parte C Opposizione, sezione 6 Prova d’uso, punto 2.3.3.3 (uso nella pubblicità)].

Pertanto, alla luce di tali principi, il Tribunale UE ha riconosciuto l’uso effettivo del marchio per servizi alberghieri e accessori e annullato la decisione impugnata, giudicata illegittima.

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