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Con una recente pronuncia in materia di diritto d’autore, la Corte di Cassazione, sezione penale, ha dichiarato una serie di collane, facenti parte di una collezione registrata come “opera creativa” presso il Ministero dei Beni delle Attività Culturali e del Turismo (Mibact), prive dei requisiti del carattere creativo e del valore artistico previsti ai fini della tutela autorale, e pertanto non qualificabili come “opere di arte figurativa similare”.

Oggetto della decisione della Cassazione è una collezione di collane conosciuta come “Cristal net”, realizzata nel 2007 e commercializzata a partire dal 2010, inizialmente tramite vendita al dettaglio, poi all’ingrosso e in occasione di fiere di settore. Nella primavera del 2014 la collezione veniva, poi, registrata e pubblicata come opera creativa nel Registro delle opere tutelate dalla normativa sul Diritto d’Autore, esistente presso il Mibact per consentire agli autori di precostituire una prova circa la paternità dell’opera e l’avvenuta pubblicazione della stessa.

L’iter giurisprudenziale che ha visto coinvolta la collezione “Cristal net” ha avuto inizio quando la società titolare delle collane decideva di instaurare un giudizio di merito avanti al Tribunale di Milano nei confronti di una concorrente che commercializzava prodotti di bigiotteria identici a quelli dell’attrice.

Nel primo grado di giudizio, la collezione veniva considerata come “opera di arte figurativa similare” e dunque meritevole di tutela autorale in quanto contraddistinta dall’applicazione di idee originali circa la forma, la scelta del materiale utilizzato, ma soprattutto quanto alla versatilità e al trasformismo. Tra le opere protette dalla legge sul diritto d’autore, infatti, ci sono quelle che appartengono al campo delle arti figurative che, secondo un’elencazione esemplificativa ai sensi dell’art. 2, n. 4, LDA sono quelle della “scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e di altre arti figurative similari, compresa la scenografia”. Veniva, così, condannata la convenuta che commercializzava articoli di bigiotteria alla pena della reclusione prevista per il reato di cui all’art. 171 ter, co. 2, lett. a), LDA.

A diverse conclusioni giungeva, invece, la Corte di Appello che riteneva la collezione non rientrante nella categoria dei beni tutelati dalla disciplina sul diritto d’autore per assenza del requisito della creatività di cui all’art. 2, n. 10, LDA, riformando così la precedente condanna e assolvendo l’imputata per insussistenza del fatto.

Per confutare l’esito del secondo grado di giudizio, la società titolare della collezione “Cristal net” proponeva allora ricorso in Cassazione.

In primo luogo, la Cassazione rilevava come entrambe le corti di merito avessero concordato su un dato fondamentale e, cioè, la certa esclusione delle collane dalla fattispecie di cui all’art. 2, n. 10, LDA secondo cui sarebbero “comprese nella protezione (autorale) … Le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”. Entrambi i procedimenti concludevano che la collezione in esame non possedesse i requisiti della novità, della creatività e del valore artistico.

La Corte di Cassazione, allora, chiariva la differenza sussistente tra le “opere di arte figurativa similare” e le “opere di disegno industriale”: le prime, si riferiscono a un prodotto della creatività, identificabile attraverso il suo autore e declinato nella forma figurativa, che deve trovare espressione in un solo esemplare o in un numero limitato di esemplari; le seconde, al contrario, trovano la loro collocazione nella fase progettuale di un oggetto destinato a una produzione seriale. Secondo l’ormai consolidata giurisprudenza, infatti, le due ipotesi si pongono su di un piano di reciproca esclusione, dal momento che, diversamente, non sarebbero state oggetto di distinte previsioni.

Pertanto, la Suprema Corte riteneva che la Corte d’Appello avesse correttamente escluso la collezione “Cristal net” dalla categoria dei beni tutelabili dalla legge autorale, perché, posto che tale collezione fu destinata prima alla vendita al dettaglio e poi all’ingrosso, per i motivi sopra esposti era da escludersi ogni sua qualificazione alla categoria delle “opere di arte figurativa similare”, come erroneamente ritenuto dal Tribunale di Milano.

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