Con una recente pronuncia legata alla tutela dei diritti d’autore, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (“CEDU”) ha ritenuto che la mancata tutela del diritto d’autore da parte di uno Stato costituisce una violazione dei diritti umani e, più precisamente, del diritto al pacifico godimento dei propri beni ai sensi dell’art. 1 del Protocollo n. 1 della “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali“.
Prima di proporre ricorso avanti alla CEDU, il Sig. Safarov, cittadino azerbaigiano protagonista di questa vicenda, aveva già proposto un’azione a tutela dei propri diritti presso il tribunale distrettuale di Sabail, poi presso la Corte d’Appello di Baku e, infine, presso la Corte Suprema. Il Sig. Safarov era autore di un libro pubblicato nel 2009 che, qualche anno dopo, una ONG giovanile ripubblicava sul proprio sito web in versione elettronica, senza alcun autorizzazione da parte dell’autore né pagando alcuna royalty. L’azione del Sig. Sfarov veniva, tuttavia, respinta da tutti e tre i gradi di giudizio. In particolare, la Corte Suprema respingeva il ricorso affermando che la pubblicazione del libro da parte dell’autore aveva reso disponibili le copie a titolo di vendita e, in questo modo, il ricorrente aveva fatto uso del suo diritto di comunicare la sua opera. Osservava ancora che l’obiettivo dell’ONG tramite la pubblicazione dell’opera era semplicemente quello di fornire informazioni sulla storia dell’Azerbaigian.
L’autore si rivolgeva allora alla CEDU. In via preliminare, è importante sottolineare che il ricorso del Sig. Safarov non metteva in discussione l’adeguatezza del sistema di Copyright dell’Azerbaigian, ma piuttosto la sua applicazione da parte dei tribunali nazionali. Infatti, sosteneva che lo Stato dell’Azerbaigian non fosse stato in grado di garantire il pacifico godimento dei suoi beni e, in particolare, dei suoi diritti d’autore violati dalla riproduzione non autorizzata e dalla pubblicazione online della sua opera.
E così, con la sentenza del 1° settembre 2022, la CEDU si distaccava dalle precedenti posizioni dei giudici azerbaigiani ricordando che la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, inclusa la protezione del diritto d’autore, rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”.
Infatti, ogni Stato ha l’obbligo positivo di adottare le misure necessarie a tutela dei diritti umani e, dunque, del diritto di proprietà. Questo obbligo positivo mira a garantire nell’ordinamento giuridico che i diritti di proprietà siano sufficientemente protetti dalla legge e che siano previsti rimedi adeguati mediante i quali la parte lesa possa cercare di difendere tali diritti chiedendo, se del caso, anche il risarcimento del danno.
Il ruolo della CEDU è quello di garantire che le decisioni di tali tribunali non siano arbitrarie o comunque palesemente infondate. Con riferimento al caso di specie, la CEDU ha ritenuto che i tribunali nazionali non avessero adempiuto al loro obbligo positivo di proteggere la proprietà intellettuale attraverso efficaci misure correttive. Il risarcimento del danno, infatti, è stato stabilito dalla stessa Corte che ha rilevato il danno subito dal ricorrente a causa della riproduzione non autorizzata del suo libro e della sua pubblicazione online. Allo stesso modo, la Corte ha ritenuto che il Sig. Safarov avesse anche subito un danno morale che non poteva essere risarcito unicamente con l’accertamento di una violazione.
In conclusione, la CEDU, oltre ad aver accertato la violazione dei diritti umani da parte dello Stato dell’Azerbaigian, ha assegnato al ricorrente, decidendo su base equa, una somma pecuniaria risarcitoria a titolo sia di danno patrimoniale che morale.
Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “È incostituzionale il doppio binario sanzionatorio previsto dalla legge sul diritto d’autore“.