L’uso dei marchi nelle canzoni è lecito quando è protetto dalla libertà di espressione artistica, dal diritto di critica, parodia e satira.
Con la rubrica “Musica Legalissima” le professioniste e i professionisti del Dipartimento Intellectual Property and Technology di DLA Piper vi accompagnano durante il Festival di Sanremo 2023, esplorando le tendenze e i fenomeni più recenti del mondo della musica.
In questo articolo analizziamo le implicazioni giuridiche derivanti dall’utilizzo dei marchi di terzi nei testi delle canzoni, esaminando le fattispecie in cui la legge e la giurisprudenza considerano lecito tale uso.
Nelle ultime settimane nel mondo della musica e dello spettacolo non si è parlato d’altro: il Festival di Sanremo e l’ultima canzone di Shakira dedicata alla fine del suo matrimonio con il calciatore Piquè, che in poche ore ha fatto il giro del mondo. La cantante colombiana si è infatti lanciata in una polemica poco celata nei confronti della nuova compagna del calciatore, instaurando con quest’ultima una serie di paragoni attraverso l’uso di alcuni marchi univocamente associati a prodotti di lusso da un lato e prodotti di largo consumo dall’altro (“Hai scambiato una Ferrari con una Twingo, Hai scambiato un Rolex con un Casio“).
Oltre a domandarsi per quale team schierarsi, in molti si sono dunque chiesti se l’uso di marchi di terzi nei testi delle canzoni sia lecito. Ciò a maggior ragione nel caso di Peugeot e Casio, che vengono citati in senso chiaramente dispregiativo rispetto a quelli di Ferrari e Rolex, tanto che le due società in questione hanno dovuto prendere posizione sulla vicenda.
Il tema non è sicuramente nuovo e si era già posto in occasione di molti alti brani di artisti italiani e internazionali, che tra gli ultimi vedono la celebre Rolls Royce di Achille Lauro lanciata nel 2019 proprio in occasione della kermesse sanremese. Altri esempi sono Gucci Gang di Lil Pump, Gucci bag di Sangiovanni (Gucci è il brand più citato con 41.752 menzioni nella musica internazionale), Nikes on my feet del rapper americano Mac Miller, Versace on the floor di Bruno Mars, fino a Bollicine che inizia con “Bevi la Coca-Cola che ti fa bene…” del Vasco nazionale.
E allora, si possono citare marchi famosi nei testi delle canzoni? E se sì, entro quali limiti?
Secondo quanto previsto dall’art. 20 del Codice della proprietà industriale italiano (“c.p.i.”), la regola generale è che l’uso di marchi registrati da parte di un terzo è vietato, salvo il caso in cui il titolare del marchio abbia prestato il proprio consenso. Tuttavia, ciò non significa che tutti gli usi non autorizzati del marchio altrui siano necessariamente illeciti.
Infatti, il successivo art. 21 c.p.i. prevede che i diritti di marchio d’impresa registrato non permettono al titolare di vietarne ai terzi l’uso nell’attività economica, purché l’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale. La norma in questione elenca alcuni usi ritenuti espressamente leciti (es. uso per indicare il nome di una persona fisica o pezzi di ricambio), ma la giurisprudenza prevalente interpreta tale previsione in senso ampio per consentire qualsiasi uso dei marchi registrati da terzi per scopi non commerciali.
Un’ulteriore conferma arriva dal Considerando 27 della Direttiva 2015/2436, che prevede che “L’uso di un marchio d’impresa da parte di terzi per fini di espressione artistica dovrebbe essere considerato corretto a condizione di essere al tempo stesso conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale“.
In base a questo principio, secondo parte della giurisprudenza è consentito menzionare i marchi altrui nel testo o nel titolo delle canzoni, in quanto si tratta di un uso protetto dalla libertà di espressione o dal diritto di critica, parodia e satira dell’artista e non vi è un rischio di confusione per il pubblico.
Così, ad esempio, nel 2002 la Corte federale degli Stati Uniti ha affermato che l’uso del marchio Barbie nel famoso brano Barbie Girl degli Aqua senza l’autorizzazione della casa produttrice delle famose bambole fosse lecito perché giustificato da una prevalente finalità di critica della società americana, di cui Barbie è certamente un’icona.
In Italia, nel 2009 il Tribunale di Milano si è pronunciato a favore di Elio e le Storie Tese per l’utilizzo di una versione modificata del logo della Deutsche Grammophon sulla copertina dell’album Gattini. Secondo il Tribunale, infatti, considerata la popolarità della band e il suo noto stile ironico e parodistico, tale uso, benché di chiara natura commerciale, non poteva creare confusione tra i potenziali acquirenti, in quanto “il consumatore medio che opera nel settore in questione appare dotato di intelligenza, diligenza, avvedutezza e cultura tali da far immediatamente percepire il vero scopo dell’operazione“. Per tali ragioni, è stato ritenuto che l’uso del segno sulla copertina dell’album in chiave parodistica non pregiudicasse la posizione del titolare del marchio e non arrecasse alcun vantaggio indebito al gruppo di cantanti.
Tuttavia, va considerato che per stabilire il confine tra tutela dei diritti sul marchio e libertà di espressione o finalità di critica è sempre necessario svolgere un’analisi caso per caso e l’uso non autorizzato di marchi di terzi nei testi delle canzoni risulterà difficilmente lecito quando sia tale da provocare un danno ingiustificato all’immagine e alla reputazione del titolare. Ogni brand resta poi libero di decidere quale sia la via migliore per tutelare i propri marchi, in quanto l’eco mediatica spesso scaturita dalle canzoni può anche aprire la strada a nuove sponsorship e collaborazioni, come nel caso del calciatore Piquè che pochi giorni dopo l’uscita del brano di Shakira si è presentato all’allenamento a bordo di una Twingo!
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