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Il 23 agosto 2023 sono entrate in vigore le novità introdotte dalla Legge 24 luglio 2023, n. 102, che hanno riformato alcune delle disposizioni del codice della proprietà industriale (“c.p.i.”).

La riforma ha abrogato il c.d. “professor’s privilege”: ai sensi della precedente formulazione dell’art. 65 c.p.i. la titolarità dei diritti relativi alle invenzioni brevettabili ottenute da ricercatori impiegati presso un’università o una pubblica amministrazione con scopo istituzionale di ricerca era riconosciuta agli inventori stessi. Tale previsione era in espressa deroga a quanto previsto all’art. 64 c.p.i., che, a determinate condizioni, riconosce l’attribuzione dei diritti relativi alle invenzioni realizzate da dipendenti nell’ambito di un rapporto di lavoro al datore di lavoro. Secondo quanto previsto dalla disciplina pre-riforma, l’università o la pubblica amministrazione poteva ottenere un diritto gratuito non esclusivo di sfruttamento delle invenzioni realizzate dai propri ricercatori solamente dopo cinque anni dalla data del rilascio del brevetto, qualora l’inventore non avesse iniziato lo sfruttamento industriale.

Il riformato art. 65 c.p.i. prevede che la titolarità dei diritti derivanti dalle invenzioni spetta alle università e alle strutture di appartenenza dei ricercatori, nel caso in cui le invenzioni siano state ideate e realizzate da questi nell’ambito di un contratto o rapporto di lavoro o di impiego, anche a tempo determinato. In ogni caso, è sempre fatto salvo il diritto morale dell’inventore a essere riconosciuto come tale. Nel caso in cui le invenzioni siano il risultato di lavoro di più persone, i diritti derivanti dalla stessa appartengono a tutte le strutture interessate in parti uguali, salvo diversa pattuizione e fermo restando quanto previsto dall’art. 6 c.p.i. Tra le strutture incluse nell’ambito di applicazione dell’art. 65 c.p.i. sono ricomprese anche università, anche non statali legalmente riconosciute, enti pubblici di ricerca, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (“IRCCS”) e organismi che svolgono attività di ricerca e promozione di attività tecnico-scientifiche senza scopo di lucro o in convenzione tra i medesimi soggetti. Il nuovo sistema di riconoscimento della titolarità dei diritti si applica a tutte le invenzioni che sono state conseguite successivamente al 23 agosto 2023.

I commi 2 e 3 dell’art. 65 c.p.i. hanno introdotto un meccanismo specifico per procedere al deposito della domanda di brevetto delle invenzioni che ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 65 c.p.i.. L’inventore deve comunicare tempestivamente all’ente l’oggetto dell’invenzione, con conseguente onere per le parti salvaguardarne novità. Entro sei mesi dalla ricezione della comunicazione, la struttura deve depositare la domanda di brevetto oppure comunicare all’inventore che non intente procedere in tal senso. Il periodo di sei mesi può eventualmente essere prorogato di tre mesi, previa comunicazione al ricercatore, purché tale proroga sia necessaria per ultimare eventuali valutazioni tecniche necessarie per procedere al deposito. Nel caso in cui il termine decorre senza che l’ente abbia provveduto al deposito della domanda o la struttura si dichiara non interessata a procedere, l’inventore può depositare personalmente la domanda. Pertanto, con l’introduzione della riforma dell’art. 65 c.p.i., la possibilità per il ricercatore di depositare a proprio nome il brevetto è divenuta un’ipotesi residuale, che ha come condizione necessaria l’avvio del meccanismo di attribuzione dei diritti all’ente di ricerca, tramite la comunicazione dell’oggetto dell’invenzione.

Per quanto riguarda la remunerazione che deve essere riconosciuta all’inventore, è stata eliminata la previsione che assegnava allo stesso il diritto a non meno del 50% dei proventi o dei canoni di sfruttamento delle invenzioni. L’art. 65, co. 4, c.p.i. demanda alle università, agli enti pubblici di ricerca e agli IRCCS il compito di disciplinare i rapporti con gli inventori e le premialità concesse per l’attività inventiva, oltre che i rapporti con finanziatori di ricerca da cui derivino invenzioni brevettuali. Sempre nell’ambito della propria autonomia, gli enti di ricerca possono determinare le modalità di applicazione delle disposizioni dell’art. 65 c.p.i. ai soggetti che possono partecipare alle attività di ricerca, tra cui gli studenti dei corsi di laurea, con riferimento a quei risultati inventivi che sono conseguiti nell’ambito delle attività di laboratorio oppure nei percorsi di laurea degli stessi. Tramite l’adozione di regolamenti interni, le università e gli enti di ricerca dovranno anche disciplinare ogni altro aspetto riferibile alle migliori forme di valorizzazione delle invenzioni, oltre che i rapporti con gli eventuali finanziatori della ricerca.

Infatti, la formulazione attuale dell’art. 65, co. 5, c.p.i. prevede che i diritti derivanti dalle invenzioni nell’esecuzione di attività di ricerca che sia finanziata in tutto o in parte da soggetti terzi sono disciplinati con appositi accordi contrattuali, che devono essere redatti tenendo conto di apposite linee guida per l’individuazione di principi e criteri specifici per tali relazioni contrattuali predisposte dal Ministero delle imprese e del made in Italy con il Ministero dell’università e della ricerca (le “Linee Guida”). Le Linee Guida sono state adottate con Decreto Interministeriale del 26 settembre 2023 e contengono una serie di indicazioni per meglio definire il perimetro del contratto stipulato tra l’ente e il soggetto finanziatore, soprattutto in relazione agli aspetti coinvolti nella generazione, nello sfruttamento e nella diffusione dei risultati della ricerca. In particolare, viene chiarito che, oltre all’oggetto e alle finalità della collaborazione, deve essere determinato il regime che regola la gestione delle conoscenze pregresse (“background”) e l’attribuzione dei risultati ottenuti in seguito allo svolgimento della ricerca (“foreground”). Inoltre, deve essere ben definito il regime di riservatezza e confidenzialità a cui sono soggetti i risultati dell’attività di ricerca, oltre che le modalità di comunicazione e pubblicazione degli stessi. In ogni caso, ai sensi dell’art. 65, co. 5, c.p.i. sono fatti salvi gli accordi stipulati prima dell’emanazione delle Linee Guida.

Infine, la riforma ha introdotto l’art. 65-bis c.p.i. che prevede la facoltà per le istituzioni universitarie e dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, gli enti pubblici di ricerca e gli IRCCS possono dotarsi nell’ambito della loro autonomia di un ufficio di trasferimento tecnologico finalizzato alla promozione della valorizzazione dei titoli di proprietà industriale. Tale scopo può essere raggiunto anche tramite collaborazioni con le imprese. Il personale addetto all’ufficio deve essere in possesso di una qualificazione professionale adeguata allo svolgimento dell’attività di promozione. L’obiettivo di questa previsione è favorire una collaborazione più capillare tra il settore pubblico e quello privato per valorizzare al meglio lo sviluppo e lo sfruttamento di nuove tecnologie. Inoltre, grazie all’impiego di personale universitario specializzato e adeguatamente formato, il processo di valorizzazione dei risultati della ricerca e delle invenzioni brevettabili dovrebbe essere ulteriormente ottimizzato.

Secondo alcuni commentatori, la riforma dell’art. 65 c.p.i. dovrebbe eliminare le difficoltà di sfruttamento delle invenzioni che erano state riscontrate nel precedente impianto normativo. In molti casi, il ricercatore, titolare dei diritti, era difficilmente in grado di tutelare e utilizzare al meglio le invenzioni, tenendo anche in considerazione i costi coinvolti nel deposito di un brevetto. Lo scopo del riconoscimento alle università e agli enti di ricerca della titolarità dei diritti relativi alle invenzioni dei ricercatori sarebbe, quindi, quello di agevolare l’innovazione e il trasferimento dei risultati inventivi delle ricerche al sistema produttivo delle imprese. Le strutture di ricerca dovrebbero così ricavare un significativo ritorno economico, oltre che un maggiore investimento e finanziamento nell’attività di ricerca, e, di conseguenza, dovrebbe registrarsi un miglioramento nello sfruttamento delle invenzioni.

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