La recente sentenza della Corte d’Appello di Bologna del 24 settembre 2024 rafforza l’importanza del Codice dei Beni Culturali (“CBC”) nel disciplinare l’uso commerciale delle immagini del patrimonio culturale. Questa decisione sottolinea come la protezione dei beni culturali italiani si intrecci con le esigenze del diritto commerciale.
Il Codice dei Beni Culturali e la Valorizzazione delle Immagini Storiche
La giurisprudenza italiana ha consolidato negli anni l’obbligo di richiedere un’autorizzazione per l’uso a scopo di lucro di immagini o simboli del patrimonio culturale nazionale. Gli articoli 107 e 108 del CBC stabiliscono che ogni utilizzo commerciale di beni culturali richiede il consenso preventivo dell’autorità competente e un compenso, determinato in base al tipo di utilizzo e ai benefici economici generati. Questo principio è stato al centro del caso che ha visto un produttore di Aceto Balsamico di Modena citato in giudizio per aver utilizzato, senza autorizzazione, l’immagine del Duca d’Este di proprietà della Galleria Estense di Modena sulle confezioni dei suoi prodotti.
Il Caso
Nel 2018, il Ministero della Cultura ha avviato una causa contro il produttore, sostenendo che tale uso violasse il CBC, il quale subordina l’uso commerciale dei beni culturali all’autorizzazione dell’amministrazione pubblica. La Corte di primo grado di Bologna ha dato ragione al Ministero, condannando il produttore a un risarcimento di oltre 22.000 euro per ciascun anno di utilizzo non autorizzato dell’immagine. In appello, il produttore ha contestato la legittimità del CBC, definendolo una sorta di “diritto d’autore sui generis, di durata illimitata”, in conflitto con i principi fondamentali del diritto d’autore e con la Costituzione, che tutela la libertà economica e promuove la cultura.
La Decisione della Corte d’Appello
La Corte d’Appello ha confermato la sentenza, chiarendo che i beni culturali godono di un “diritto all’immagine di carattere perpetuo”, simile a quello delle persone fisiche. La Corte ha dichiarato che “i diritti d’immagine si estendono certamente ai beni del patrimonio culturale, in considerazione del loro valore collettivo”. Di conseguenza, qualsiasi utilizzo commerciale non autorizzato rappresenta un danno per questo valore, meritevole di risarcimento.
La Corte ha anche respinto l’idea che il CBC crei un “copyright sui generis”, spiegando che la protezione amministrativa del Codice non è comparabile al diritto d’autore, poiché ha come scopo “la salvaguardia della memoria della comunità nazionale e del territorio e la promozione dello sviluppo della cultura”, in accordo con l’articolo 9 della Costituzione.
In aggiunta, la sentenza richiama la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“CGUE”) (Commissione v. Italia, C-180/89), secondo cui la conservazione del patrimonio storico e artistico può giustificare restrizioni alla libertà di prestazione di servizi, a sostegno dell’interesse pubblico nella tutela dei beni culturali.
Conclusioni
Questa decisione evidenzia un orientamento consolidato della giurisprudenza italiana in tema di protezione dei beni culturali, conferendo loro una sorta di “diritto d’immagine perpetuo”. La sentenza sottolinea l’importanza della supervisione amministrativa sull’uso commerciale del patrimonio culturale italiano, un chiaro monito alle aziende che intendono utilizzare immagini di beni culturali a fini commerciali senza previa autorizzazione.
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