La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 22 ottobre 2025 nella causa T-491/24, CMS Italy (fig.) c. PUMA SE segna un passaggio rilevante nell’interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 sul marchio dell’Unione europea (oggi articolo 8, paragrafo 5, reg. 2017/1001).
Essa non solo chiarisce ulteriormente i confini della nozione di “rinomanza”, ma introduce anche un principio di rilievo sistemico in materia procedurale: l’obbligo, per l’EUIPO, di valutare il caso anche secondo l’ipotesi più favorevole (“best-case scenario”) per la parte le cui argomentazioni vengono rigettate.
I fatti e la controversia
La controversia trae origine dall’opposizione presentata da Puma SE contro la domanda di registrazione del marchio figurativo CMS Italy, depositata dalla società italiana CMS Costruzione Macchine Speciali S.p.A. L’opposizione, risalente al 21 novembre 2013, si fondava sull’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in relazione ai marchi internazionali anteriori raffiguranti il celebre felino in salto, rinomati nel settore dell’abbigliamento e delle calzature sportive.
Con decisione del 28 novembre 2014, la Divisione di opposizione respinse l’opposizione per mancanza di prova della notorietà dei marchi anteriori.
Puma propose ricorso dinanzi all’EUIPO il 26 gennaio 2015, depositando nuovi documenti probatori sulla rinomanza dei propri marchi. La seconda Commissione di ricorso respinse tuttavia il ricorso il 29 gennaio 2016 (prima decisione).
Con ordinanza del 22 maggio 2019 (Puma/EUIPO – CMS, T-161/16, EU: T:2019:350), il Tribunale annullò tale decisione, rilevando che la Commissione di ricorso aveva erroneamente escluso sia le decisioni anteriori dell’EUIPO presentate a sostegno della notorietà dei marchi rivendicati da Puma sia i nuovi elementi di prova prodotti in sede di ricorso.
Seguì una nuova decisione della quarta Commissione di ricorso (24 settembre 2020, seconda decisione), anch’essa impugnata.
Con sentenza del 5 ottobre 2022 (Puma/EUIPO – CMS, T-711/20, EU: T:2022:604), il Tribunale annullò nuovamente la decisione, precisando che la Commissione di ricorso aveva omesso di effettuare una valutazione globale della notorietà dei marchi anteriori, limitandosi a un confronto parziale dei segni e a un’esclusione immotivata di uno dei marchi anteriori invocati.
A seguito di tale annullamento, la quinta Commissione di ricorso dell’EUIPO adottò una nuova decisione, respingendo ancora una volta il ricorso di Puma. Pur riconoscendo che i marchi anteriori godevano “quantomeno di un grado medio di notorietà” in vari Stati membri (Germania, Italia, Spagna, Regno Unito e Repubblica Ceca), essa concluse che non esisteva un nesso tra i segni in esame né un pregiudizio alla rinomanza del marchio PUMA.
La pronuncia del Tribunale dell’Unione
Il Tribunale, investito del nuovo ricorso di Puma, ha annullato la decisione della quinta Commissione di ricorso, riscontrando un errore di diritto.
L’EUIPO, infatti, pur riconoscendo un certo grado di rinomanza, aveva omesso di valutare esplicitamente l’ipotesi più favorevole all’opponente, ossia quella di una notorietà “elevata” o “molto elevata”.
Come affermato al punto 31 della sentenza: “Quando, come nel caso di specie, l’EUIPO esamina l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, non gli è sufficiente constatare che il marchio anteriore gode di un grado di notorietà “quantomeno medio”, ma è tenuto […] a prendere in considerazione esplicitamente l’ipotesi più favorevole alla parte soccombente dinanzi ad esso.”
Il Tribunale precisa che, se l’EUIPO utilizza formule approssimative come “quantomeno” o “tutt’al più”, deve comunque ragionare esplicitamente in base allo scenario più favorevole alla parte soccombente (punti 33-36).
La mancata considerazione di tale ipotesi vizia la valutazione globale sull’esistenza di un nesso o di un pregiudizio alla notorietà del marchio anteriore (punto 34).
Ne consegue che: “La commissione di ricorso, non prendendo esplicitamente in considerazione l’ipotesi più favorevole alla ricorrente […] ha violato l’obbligo enunciato ai precedenti punti da 31 a 37 ed è incorsa in un errore di diritto” (punto 54).
L’omissione, sottolinea il Tribunale, integra un difetto di motivazione e compromette la correttezza dell’analisi complessiva circa l’esistenza di un “collegamento” tra il marchio anteriore notorio e il marchio successivo contestato e il potenziale pregiudizio alla rinomanza.
Il principio del “best-case scenario” e la diligenza procedurale dell’EUIPO
Con questa sentenza, il Tribunale codifica un principio generale di metodo: l’EUIPO deve considerare, nel proprio esame, l’ipotesi più favorevole al titolare del marchio anteriore quando le proprie valutazioni risultino indeterminate o basate su formule elastiche.
Tale obbligo rappresenta una specifica declinazione del dovere di diligenza amministrativa, che impone all’istituzione di esaminare “con cura e imparzialità tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti” (punto 37).
Ne deriva che una decisione fondata su una rinomanza “quantomeno media” senza esame dell’eventuale grado superiore è incompleta e giuridicamente viziata, poiché non esplora l’intero spettro delle possibilità fattuali prospettate dalle parti.
Il Tribunale esclude, inoltre, che un ragionamento implicito possa supplire a tale carenza: la valutazione del “best-case scenario” deve risultare espressamente dalla motivazione.
Conseguentemente, la decisione impugnata è stata annullata integralmente. La causa è stata, quindi, rinviata alla Commissione di ricorso per un nuovo esame conforme ai principi stabiliti.
Conclusioni
La portata della pronuncia va ben oltre la controversia tra Puma e CMS Italy. Il principio del “best-case scenario” segna un passo avanti verso una maggiore trasparenza e prevedibilità del processo decisionale dinanzi all’EUIPO, imponendo all’Ufficio di motivare le proprie valutazioni in modo completo, tenendo conto non solo di ciò che appare probabile, ma anche dell’ipotesi più favorevole alla parte soccombente.
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