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Il metaverso pone nuove problematiche legali in relazione al strategia di gestione del proprio pacchetto marchi che devono essere prontamente gestite.

Un meta-mondo, o forse tanti meta-mondi, al centro di una moderna corsa all’oro che chiama a raccolta tutte le maggiori multinazionali e che si pone costantemente al centro dell’attenzione dei media. Lo chiamano “metaverso”, secondo la primissima definizione pensata da Neal Stephenson, ed è un insieme di tante realtà in cui ogni persona approda e inizia a condurre una sorta di seconda vita, virtuale, assumendo le sembianze di un avatar. Con le persone approdano i marchi.

Con riferimento a questi ultimi, alla loro registrazione e in generale alla loro protezione, come impatta questa migrazione di massa virtuale dei brand? È certo che i marchi giocano un ruolo fondamentale nel mondo fisico come nel metaverso. Tutto questo fa nascere dunque l’esigenza di elaborare nuove strategie di tutela e, magari, di deposito? E ancora, ammettendo che un meta-marchio necessiti di protezione, come è meglio provvedere in tal senso? Segue una risposta (non completamente) ovvia.

Innanzitutto, abbiamo evidenziato come uno dei principali interrogativi comuni ruoti proprio intorno alla necessità di provvedere, o meno, a nuovi (ri)depositi di marchi, auspicabilmente in grado di offrire una maggiore tutela in vista dell’utilizzo degli stessi nella realtà tendenzialmente inesplorata e indefinita del metaverso. Un adattamento in questo senso parrebbe essere certamente necessario. Ma volgendo lo sguardo agli aspetti meno ovvi, in cosa si concretizza davvero la differenza tra i “vecchi” depositi e i “nuovi” depositi?

Partendo dal presupposto che l’avvento del metaverso segna una sorta di anno zero in questo settore, nell’ambito dei c.d. nuovi depositi di marchi il primo focolaio della rivoluzione after metaverse è da rintracciarsi nel ricorso a diverse e inusuali classi della Classificazione di Nizza. Ferma restando la necessaria coerenza di base della declaratoria rispetto al settore di riferimento, nell’ambito di un “vecchio” deposito di un marchio chiamato a contraddistinguere scarpe, nessun mandatario avrebbe mai rivendicato la classe 9, legata, inter alia, al concetto di software. Contrariamente, senza ombra di dubbio avrebbe avuto cura di inserire la classe di prodotti 25, e magari la classe 18, per ragioni di affinità dei prodotti. Oggi, ciò potrebbe non essere più sufficiente.

Il fenomeno degli NFT e ora anche del metaverso impongono una profonda revisione delle regole del gioco in relazione alla strategia di gestione dei marchi, online e offline. In sede di elaborazione della declaratoria, è diventato necessario tradurre la natura virtuale dei prodotti e servizi come anche della meta-realtà in cui gli stessi troveranno la propria destinazione. In altre parole, è necessario creare delle specifiche “evolute”, erette sulle fondamenta logiche di quelle attinenti alla realtà fisica e, allo stesso tempo, in grado di individuare con chiarezza e precisione il medesimo prodotto e servizio destinato alla sola realtà virtuale. Ciò si traduce, in primis, nell’inserimento di nuove classi, quali in particolare le classi 9 (in cui ricadono, tra gli altri, “apparecchi e strumenti scientifici, software, computer e dispositivi periferici per computer”) e 41 (in cui ricadono, tra gli altri, “i servizi di giochi on-line, l’organizzazione di esposizioni per scopi culturali o educativi”), ma non solo. Prendendo in esame alcuni dei depositi “pionieristici” effettuati da diverse multinazionali note a livello globale, scopriamo un’evoluzione che investe anche le classi “normali” e soprattutto le specifiche impiegate.

Lo scorso ottobre 2021, una nota azienda attiva nel settore delle calzature sportive dava seguito a una serie di nuovi depositi che hanno generato la curiosità di molti a causa delle caratteristiche apparentemente incoerenti con il settore di attività. Tuttavia, la coerenza era assente soltanto in apparenza perché i depositi non erano connessi a un settore di riferimento radicato nel mondo fisico, bensì virtuale. Motivo per cui la multinazionale rivendicava i seguenti prodotti e servizi in sede di tutela del proprio marchio generale (caso 1):

  • Classe 9: prodotti virtuali scaricabili, ovvero, programmi informatici contenenti calzature, abbigliamento, cappelleria, articoli ottici, borse, sacche da sport, zaini, attrezzi sportivi, arte, giocattoli e accessori per uso online e in mondi virtuali online.
  • Classe 35: servizi di vendita al dettaglio in negozio relativa ai seguenti prodotti: prodotti virtuali, ovvero, calzature, abbigliamento, articoli di cappelleria, articoli ottici borse sportive, zaini, attrezzature sportive, arte, giocattoli e accessori, tutti i suddetti prodotti sono per uso online; servizi di vendita al dettaglio on-line in relazione ai seguenti settori: merci virtuali, ovvero, calzature, abbigliamento, articoli di cappelleria, articoli ottici, sacche, borse, borse sportive, zaini, attrezzature sportive, arte, giocattoli e accessori.
  • Classe 41: divertimento, ovvero, fornitura online di calzature, abbigliamento, articoli ottici, borse, borse da sport, zaini, attrezzatura sportiva, arte, giocattoli e accessori virtuali non scaricabili per uso in ambienti virtuali.

Nel novembre 2021, la medesima multinazionale, in sede di deposito del marchio chiamato a contraddistinguere non i singoli beni virtuali, bensì la realtà virtuale dalla stessa creata, depositava la seguente declaratoria (caso 2):

  • Classe 9: prodotti virtuali scaricabili, ovvero programmi per computer riguardanti calzature, abbigliamento, cappelleria, occhiali, borse, borse sportive, zaini, attrezzature sportive, arte, giocattoli e accessori per l’uso online e in mondi virtuali online; software scaricabili per giochi interattivi da utilizzare tramite una rete informatica globale e tramite varie reti senza fili e dispositivi elettronici; software scaricabili per impegnarsi in reti sociali e interagire con comunità on-line; software scaricabili per l’accesso e lo streaming di contenuti d’intrattenimento multimediali; software scaricabili per fornire accesso a un ambiente virtuale on-line; software scaricabili per la creazione, produzione e modifica di design e personaggi animati e non animati digitali, avatar, sovrapposizioni digitali e skin per l’accesso e l’uso in ambienti online, ambienti virtuali online e ambienti virtuali di realtà estesa.
  • Classe 25: calzature; abbigliamento, ovvero maglie, pantaloni, pantaloncini, t-shirt, camicie, felpe, felpe con cappuccio, pantaloni della tuta, gilet, canotte, tute sportive, giacche, giacche a vento, cappotti, biancheria intima, cinture, reggiseni sportivi, calzini, polsini, fasce per la testa, cappelleria, cappelli, berretti, visiere, fasce per il sudore, maglioni, gonne, vestiti, sciarpe, guanti; abbigliamento per lo sport, ovvero uniformi per lo sport; collant sportivi; maniche sportive; abbigliamento per uso atletico; calzature e abbigliamento che incorporano la tecnologia NFC (Near Field Communication).
  • Classe 35: fornitura di un sito Web interattivo e software applicativo per servizi di giochi di realtà virtuale.
  • Classe 41: servizi di intrattenimento, ovvero fornitura di calzature virtuali on-line non scaricabili, abbigliamento, cappelleria, occhiali, borse, borse sportive, zaini, attrezzature sportive, arte, giocattoli, accessori, design e personaggi animati e non animati digitali, avatar, sovrapposizioni digitali e skin da utilizzare in ambienti virtuali; servizi di realtà virtuale e giochi interattivi forniti on-line da una rete informatica globale e tramite varie reti senza fili e dispositivi elettronici; servizi d’intrattenimento, ovvero fornitura di software per giochi non scaricabili on-line e videogiochi on-line; servizi di intrattenimento, ovvero fornitura di ambienti virtuali in cui gli utenti possono interagire per scopi ricreativi, ricreativi o di intrattenimento; servizi d’intrattenimento, ovvero fornitura di un ambiente on-line riguardante lo streaming di contenuti d’intrattenimento e lo streaming dal vivo di eventi d’intrattenimento; servizi di intrattenimento sotto forma di organizzazione, organizzazione e hosting di spettacoli virtuali ed eventi di intrattenimento sociale.

Questo secondo caso offre diversi spunti di riflessione. Innanzitutto, è interessante notare le specifiche delle classi 9, 35 e 41 dei marchi della classificazione di Nizza e in particolare la cura con cui le stesse sono state elaborate, in modo tale da tradurre con chiarezza e precisione la realtà virtuale in termini effettivamente spendibili in tale sede. Contrariamente, tale natura virtuale dei beni e servizi non pare essere stata pienamente incorporata nelle specifiche della classe 25, classe centrale considerando il settore di interesse. Due domande sorgono quindi spontanee: perché non adottare la stessa logica anche nella classe 25, sulla quale, tra l’altro, sembrano essere costruiti anche i nuovi depositi del marchio generale sopra menzionati (v. caso 1), ove le specifiche definiscono chiaramente la natura virtuale dei beni? E, in secondo luogo, perché non rivendicare altresì la classe 38, notoriamente dedicata alle piattaforme e, più in generale, ai servizi che permettono ad almeno una persona di comunicare con un’altra, nonché i servizi di diffusione e di trasmissione di dati? La declaratoria relativa alla piattaforma, le cui peculiarità si intrecciano con le diverse declinazioni delle caratteristiche e impieghi del software, si rivela sufficiente, senza dubbio, ma è comunque interessante richiamare l’attenzione su queste nuove strategie di deposito. Ciò, non tanto per seguire l’esasperante esigenza di categorizzare i marchi con riferimento a ogni aspetto del fenomeno del metaverso, ma piuttosto per porsi a riparo dalla mancanza di chiarezza che lo accompagna in questa fase embrionale, anche in vista di probabili futuri casi di contraffazione.

Ad ogni modo, soffermandoci ulteriormente sulle “meta-declaratorie”, proseguiamo citando un terzo caso concernente i nuovi (ri)depositi dei marchi notoriamente conosciuti di titolarità di una diversa multinazionale nota a livello globale per i propri fast-food, effettuati lo scorso febbraio. La diversità che li caratterizza è sottile ma è in grado di rivelare una crescente sensibilità verso questo fenomeno e soprattutto una crescente capacità di recepirlo e tradurlo sotto forma di specifiche prodotti/servizi (caso 3). Di seguito, alcune delle specifiche impiegate, che riteniamo rilevanti.

  • Classe 9: prodotti alimentari e bevande virtuali. file multimediali scaricabili contenenti grafica, testo, file audio e video e token non fungibili.
  • Classe 35: servizi di vendita al dettaglio on-line di prodotti virtuali.
  • Classe 43: gestione di un ristorante virtuale con prodotti reali e virtuali, gestione di un ristorante virtuale online con consegna a domicilio.

Tralasciando la classe 35 (contenente, tra gli altri, i marketplace), ove la specifica si presenta ancora in uno stadio che definiremmo intermedio, le classi 9 e 43, a nostro avviso, cristallizzano un’importante ulteriore cambio di direzione. Di fatto, in questi depositi non viene tradotta e adattata soltanto la natura virtuale del bene in sé considerato, ma anche il circoscritto spazio virtuale in cui i beni virtuali verranno offerti agli avatar. Ancora, non si tratta della costruzione ex-novo di una serie di specifiche idonee a individuare con chiarezza e precisione i confini della piattaforma o i singoli beni e servizi, bensì della traduzione degli store virtuali, che fino ad ora non erano stati del tutto presi in considerazione e tradotti in maniera puntuale. Come detto, si tratta di una differenza minima e forse frutto di un ragionamento che ora appare ovvio, ma la realtà è che è stato necessario attendere diversi mesi e intraprendere diversi tentativi di nuovi depositi per acquistare consapevolezza di ogni singolo elemento coinvolto. La classe 43 è sicuramente emblematica perché riporta la specifica “gestione di un ristorante virtuale con prodotti reali e virtuali […]” e non, ad esempio, “servizi di ristorazione, ovvero fornitura on-line di prodotti alimentari e bevande virtuali”, che sarebbe stata in linea con i primissimi depositi citati (caso 1).

La conclusione, forse, è che ci si adatta meglio a ciò che si riesce a comprendere e che la scelta delle classi come anche delle specifiche ivi inserite è cruciale ai fini della tutela del marchio, indipendentemente dalla realtà, fisica o virtuale, in cui lo stesso verrà utilizzato. Secondo alcuni, l’approccio che assume i nuovi depositi come assolutamente necessari potrebbe risultare eccessivamente prudente, specie se si limita il ragionamento ai soli marchi notoriamente conosciuti, rispetto ai quali vige la c.d. tutela rafforzata e non trova applicazione il principio di specialità. La tutela di questo gruppo di marchi è certamente agevolata e potrebbe esserlo anche in assenza di depositi a tutela dei beni e servizi virtuali, probabilmente. Tuttavia, non sarebbe realistico oltre che utile analizzare il tutto nell’ottica di questo unico gruppo di privative, senza considerare quindi anche i marchi che non godono di rinomanza, rispetto ai quali, invece, il principio di specialità della tutela trova applicazione. Ad ogni modo, per il momento, ai fini di una maggiore chiarezza, è necessario attendere le decisioni concernenti i primi casi di contraffazione di marchi rilevati nel metaverso, con cui si farà luce sull’effettiva esigenza di provvedere, o meno, ai nuovi depositi a tutela di beni/servizi virtuali offerti/erogati in luoghi virtuali. Inoltre, ancor prima è necessario attendere e scoprire l’orientamento che verrà adottato a riguardo dagli uffici marchi (USPTO ed EUIPO, in primis). Infine, chissà che pian piano tutto questo non porti altresì ad una revisione della Classificazione di Nizza, tale da ricomprendere anche le nuove e rivoluzionarie meta-specifiche. Senz’altro sarà necessario rivedere e integrare la protezione esistente adottando nuove classi.

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