Il TAR Lazio ha ritenuto che Google non è responsabile per la violazione della divieto di pubblicità dei giochi con vincita in denaro da parte di un proprio inserzionista.
Come menzionato in un precedente articolo, AgCom aveva emesso una sanzione di € 100.000 nei confronti di Google Ireland in relazione al servizio Google Ads per aver consentito “attraverso il servizio di posizionamento pubblicitario online,” la diffusione, dietro pagamento, di link che indirizzano verso determinati siti di gambling, in violazione del divieto di pubblicità dei giochi con vincita in denaro.
La posizione di Google contro la violazione del divieto di pubblicità dei giochi con vincita in denaro
Contro questa sanzione, Google è ricorsa al TAR Lazio sostenendo che il ruolo di Google Ireland dovesse qualificarsi con riferimento a Google Ads alla stregua di mero “hosting provider”, il quale, secondo il regime di responsabilità delineato dalla Direttiva UE eCommerce 2000/31 e del relativo decreto legislativo di recepimento 70/2003, non può essere chiamato a rispondere del contenuto delle informazioni “caricate” dall’inserzionista sulla piattaforma web messa a disposizione, non essendo neppure tenuto a verificare il contenuto degli annunci.
In tale contesto, Google rilevava che:
- ancor prima dell’entrata in vigore del Decreto Dignità che ha introdotto il divieto di pubblicità dei giochi, nelle “Norme Pubblicitarie” di Google Ads era stato, comunque, introdotto il divieto di pubblicare annunci pubblicitari di giochi e scommesse a pagamento;
- era stato introdotto un software automatico per impedire agli inserzionisti di pubblicare annunci in violazione delle norme pubblicitarie;
- nel caso di specie il software in questione era stato eluso dall’inserzionista attraverso una tecnica fraudolenta denominata “cloaking”, la quale consentirebbe l’aggiramento del sistema di sicurezza descritto; e
- era stato immediatamente sospeso l’account dell’utente e provveduto alla rimozione dell’annuncio contestato.
La posizione del TAR rispetto alla violazione contestata a Google
Con la decisione 11036/2021, il Tar Lazio ha sostenuto quanto segue:
AGCOM può emettere sanzioni anche nei confronti di soggetti stranieri
Il principio del “paese d’origine” previsto dalla Direttiva eCommerce in forza del quale un prestatore di servizi della società dell’informazione sarebbe soggetto solo alla legislazione e giurisdizione delle autorità dello Stato membro dell’UE in cui è stabilito non limita i poteri sanzionatori di AGCOM nella materia della pubblicità del gioco poichè (i) i giochi d’azzardo sono espressamente esclusi dall’ambito della Direttiva e (ii) non esiste una puntuale normativa comunitaria sul gioco d’azzardo online e sulla relativa pubblicità. Allo stesso modo, il potere sanzionatorio di AGCOM nei confronti dei soggetti stabiliti all’estero non può ritenersi limitato dalla posizione assunta da AGCOM nelle proprie neppure dalla previsione Linee Guida AGCOM sulla pubblicità dei giochi con vincita in denaro, poiché sono solo una circolare interpretativa.
Google è un hosting provider non attivo nel servizio Ads e non è quindi responsabile
Secondo il TAR, “la mera valorizzazione” del messaggio illecito non è sufficiente “a fondare, nel caso di specie, la responsabilità del gestore della piattaforma per la violazione del Decreto Dignità”. Google Ads è un servizio di hosting e pur non potendosi affermare la totale estraneità del gestore rispetto ai contenuti che diffonde, “è incontestato che l’attività abbia natura automatizzata” e quindi non comporta “la manipolazione dei messaggi”. In tali circostanze viene quindi a mancare il “ruolo attivo” sul quale si fonda la responsabilità del gestore.
In linea con la sentenza Corte di Giustizia europea 236/2008, il prestatore non può essere ritenuto responsabile per i dati che ha memorizzato su richiesta di un inserzionista salvo che, essendo venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati o di attività di tale inserzionista, egli “abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati o disabilitare l’accesso agli stessi”.
Nel caso di specie, Google Ads prevede infatti che:
- gli annunci vengono creati in piena autonomia dall’inserzionista, il quale ne determina il contenuto tramite un processo automatizzato;
- mediante la registrazione dell’utente, viene creato un apposito “account” con la contestuale accettazione delle “Norme Pubblicitarie” contenenti chiare informazioni sulle attività vietate o soggette a restrizioni;
- successivamente l’utente procede al caricamento del messaggio pubblicitario, nonché ad individuare le parole chiave da associare allo stesso e la categorizzazione di interesse (es giocattoli, abbigliamento ecc.); e
- l’annuncio viene, così, sottoposto all’esame di un software che, con modalità automatiche, ne verifica la rispondenza ai termini e condizioni contrattuali, per poi essere pubblicato.
Ad avviso del TAR Lazio quindi, sono presenti tutti gli indici che determinano l’esclusione della responsabilità del gestore dalla piattaforma internet per i contenuti illeciti che sulla stessa siano stati inseriti da terzi. Infatti, l’intervento del gestore non ha carattere “intenzionale”, non essendo contestata, né provata, la “piena cognizione delle conseguenze del comportamento” di Google che aveva predisposto un sistema idoneo a “bloccare” immediatamente gli annunci illeciti e si sia prontamente attivato per rimuovere l’annuncio che ha occasionalmente forzato tale sistema.
La natura del messaggio vietato
Il TAR non ha condiviso invece l’assunto di Google circa la liceità del messaggio. Infatti, la natura generale del divieto di pubblicità dei giochi con vincita in denaro, vieta con formula volutamente ampia ed onnicomprensiva qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, del gioco d’azzardo. Risulta pertanto irrilevante che il sito pubblicizzato non consentisse di per sé di giocare.
Cosa cambia per il mercato del gambling con questa sentenza?
E’ difficile argomentare che questa sentenza potrà avere un impatto rilevante per il mercato del gambling in Italia. Infatti, il presupposto fondamentale della decisione del TAR è la mancanza di conoscenza da parte di Google dell’attività illecita del proprio inserzionista. E’ da chiedersi quindi quale sarebbe stato l’esito della controversia qualora Google non avesse adottato le misure volte ad evitare la pubblicità dei giochi con vincita in denaro e l’inserzionista fosse riuscito ad aggirarle.
Il ragionamento del TAR potrà essere replicato solo nel caso in cui si creassero altri scenari in cui la pubblicazione degli annunci online è totalmente automatizzata e preveda dei presidi di controllo volti a limitare la possibilità di pubblicare annunci in violazione del divieto.