I sistemi di intelligenza artificiale (AI) stanno creando forme di design generativo, ma possono essere oggetto di protezione ai sensi della normativa su disegni e modelli?
I sistemi di AI stanno trasformando il settore creativo e il mondo del design, con lo sviluppo del cd. design generativo, non fa eccezione. Grazie alla capacità di elaborare enormi quantità di dati in tempo reale, l’AI può aiutare i designer a creare prodotti più innovativi, funzionali e sostenibili. Al contempo, questa rivoluzione tecnologica impone di adattare la normativa in materia di disegni e modelli a criticità e problematiche mai considerate prima per consentire la protezione del design generativo creato dall’AI.
AI e Design: un connubio vincente
Mai come quest’anno il Salone del Mobile di Milano è stato costellato da progetti fortemente caratterizzati dall’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale: da tappeti-opere d’arte in continua trasformazione, a macchine sensoriali in cui l’AI, dopo aver analizzato i gusti e le preferenze della persona, crea una fragranza personalizzata e acquistabile al momento. Al rapporto tra AI e uomo, natura e oggetti è stata poi dedicata la mostra Design After Generation, in cui sono stati indagati temi fortemente attuali quali l’evoluzione tecnologica, la sostenibilità e il sempre più massiccio utilizzo dell’intelligenza artificiale nei settori creativi.
A ben vedere, a differenza di altri ambiti, il designer utilizza da tempo nella sua attività quotidiana software di vario tipo, come programmi CAD, software di elaborazione di immagini o programmi che predispongono modelli per la stampa 3D. In questo ambito, quindi, l’utilizzo di ausili “artificiali” per l’opera del creativo è la norma e anche la letteratura giuridica ha sempre ritenuto che, finché il software è uno strumento di lavoro, una sorta di pennello 2.0, il designer che lo utilizza resta innegabilmente l’autore dell’opera.
Oggi, tuttavia, grazie ai sistemi di AI, ai software più tradizionali si affianca il design generativo, che permette di generare una gamma di soluzioni che soddisfano parametri predefiniti, indicati di volta in volta dal designer stesso. Un esempio in questo senso è la sedia “A.I. Chair”, presentata al Salone del Mobile di Milano 2019. In quell’occasione, lo sforzo congiunto del produttore di arredi Kartell, del designer francese Philippe Starck e dell’azienda americana Autodesk (software house con un focus sul design generativo), aveva permesso la creazione di una sedia elaborata e progettata interamente da un sistema di AI. Scopo di tale progetto era quello di creare una sedia compatta, resistente ed esteticamente in linea con i canoni estetici di Kartell e Stark, utilizzando al tempo stesso il minor quantitativo di materiale possibile.
Il risultato finale ha soddisfatto le aspettative, ma ha suscitato una serie di perplessità e domande. E infatti, la distanza di un sistema AI di questo tipo e la tecnologia precedentemente nota è notevole e pone, tra l’altro, svariate questioni giuridiche.
La protezione delle opere del design generativo realizzate dall’AI
Nel nostro ordinamento, la protezione dei disegni e modelli è subordinata al rispetto di due requisiti fondamentali: (i) la novità, con ciò intendendosi che un disegno o modello è nuovo se nessun disegno o modello identico è stato divulgato anteriormente alla data di deposito della domanda di registrazione; e (ii) il carattere individuale, che richiede che l’impressione generale che il disegno suscita nell’utilizzatore informato (i.e., il soggetto dotato di una conoscenza media di un certo settore) differisca in modo significativo dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello precedentemente divulgato al pubblico.
In questo contesto, l’uso di software di AI nella progettazione del designer non sembra porre particolari problemi in termini di proteggibilità del disegno, tanto più che la legge non è interessata a come il modello sia venuto ad esistenza. Come ha sottolineato la dottrina, “la privativa, infatti, non è rivolta a tutelare lo sforzo creativo del designer come tale. Conta il risultato oggettivamente conseguito e come questo si rapporta al patrimonio delle forme pre-esistenti (…) La privativa per modello appare perciò rivolta a tutelare (più che gli interessi del designer) le ragioni dell’impresa, che investe risorse e assume rischi nello sviluppo del prodotto e soprattutto nelle fasi successive della produzione e della commercializzazione” (cfr. Philipp Fabbio, Intelligenza Artificiale e disciplina dei disegni e modelli, in Rivista di Diritto Industriale, 2021).
In altri termini, a differenza di quanto accade per il diritto d’autore, i requisiti della novità e del carattere individuale non sembrano di per sé richiedere un intervento umano qualificato o creativo.
La qualifica di autore
Altra annosa questione che si pone in materia di AI e disegni e modelli è quella dell’individuazione dell’autore, a cui consegue la titolarità dei diritti di patrimoniali e morali sul disegno/modello.
Fino ad oggi, le questioni più ricorrenti circa la titolarità di un disegno o modello sono state le ipotesi in cui nel processo creativo sono coinvolti designer con ruoli diversi e, soprattutto, la più ricorrente situazione in cui il design sia realizzato in esecuzione del rapporto di lavoro (o su commissione). In quest’ultimo caso, i diritti patrimoniali spettano di regola al datore di lavoro ex art. 38, comma 3 c.p.i., mentre il diritto morale si limita – eventualmente – alla menzione (facoltativa) dell’autore nella domanda di registrazione.
Potrebbe invece porre qualche problema ulteriore l’individuazione dell’autore nel caso in cui il design sia assistito da un sistema di AI, che svolge autonomamente attività complesse. In altri termini, il designer resta l’autore del disegno o all’AI (più correttamente, alla software house e/o allo sviluppatore) dovrebbe essere riconosciuta una parte dei diritti patrimoniali sull’opera?
In linea di principio, la dottrina ad oggi ritiene che la soluzione di massima più aderente alla realtà della progettazione industriale e più in linea con il dato normativo sia il riconoscimento della qualità di autore al designer che utilizza il sistema di IA e/o interviene a valle nel selezionare o validare i prodotti realizzati dall’AI, eventualmente apportando modifiche migliorative.
Ciononostante, non si esclude che, quando più individui contribuiscono alla realizzazione dei disegni o, più generalmente, alla progettazione, si renderà necessario valutare la possibilità che essi si qualifichino come co-autori. Di conseguenza, anche il programmatore potrebbe, in linea teorica, qualificarsi come co-autore, perlomeno nei casi di collaborazione diretta con il designer utilizzatore del sistema.
In conclusione, una corretta individuazione dell’autore è fondamentale per consentire di ottenere la protezione dell’opera di design generativo e richiede di tenere in considerazione di volta in volta le peculiarità del caso di specie e del processo creativo/produttivo, con particolare riferimento all’input iniziale, alla revisione finale e alle attività di selezione e validazione di quanto prodotto dal sistema di AI.
Su un simile argomento può essere interessante il podcast “Le opere dell’intelligenza artificiale sono proteggibili ai sensi del diritto d’autore?”.