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AgCom ha emesso tre provvedimenti nei confronti di TikTok, Google e un altro social media che tracciano chiaramente la linea operativa dell’Autorità nel contrasto alla pubblicità del gioco d’azzardo e dei casinò online, disciplinata dall’articolo 9 del Decreto Dignità.

Il procedimento e la sanzione contro un social media per violazione del divieto di pubblicità del gioco

Da agosto 2022 a maggio 2023, l’Autorità ha ricevuto diverse segnalazioni in cui si denunciavano presunte violazioni dell’art. 9 del Decreto Dignità relativo al divieto di pubblicità del gioco effettuate attraverso una piattaforma per la condivisione di video di un social media in relazione ad attività di pubblicizzazione di vincite realizzate attraverso casinò online e, in generale, con il gioco d’azzardo.

Dalle indagini sulla piattaforma è emerso che la pubblicità veniva effettuata da ben 48 canali, attraverso cui venivano promossi, mediante i video caricati quotidianamente, molteplici siti di gioco con vincite in denaro, anche mediante la riproduzione di sessioni di gioco registrate o in diretta (di slot machine o video lottery terminal) ovvero attraverso la rappresentazione di consumi di giochi con premi in denaro. Tutti i contenuti invitavano al gioco d’azzardo o comunque incentivavano all’acquisto e al consumo di giochi o scommesse con vincite monetarie.

In risposta alla contestazione, il social media aveva dichiarato di poter beneficiare del regime dell’hosting provider, rientrando nell’esenzione in qualità di piattaforma di condivisione video, richiamando l’articolo 16 della Direttiva e-commerce (oggi articolo 6 del Digital Service Act) che stabilisce come “il prestatore non è assoggettato ad un obbligo generale 318/23/CONS 19 di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite“, e l’articolo 6 del DSA che individua due condizioni da rispettare per poter rientrare nel regime di esenzione per il provider:

  1. a) che non sia effettivamente a conoscenza delle attività o dei contenuti illegali e, per quanto attiene a domande risarcitorie, non sia consapevole di fatti o circostanze che rendono manifesta l’illegalità dell’attività o dei contenuti; oppure
  2. b) non appena venga a conoscenza di tali attività o contenuti illegali o divenga consapevole di tali fatti o circostanze, agisca immediatamente per rimuovere i contenuti illegali o per disabilitare l’accesso agli stessi.

L’Autorità ha sottolineato però che al fine di poter invocare l’esenzione generale di responsabilità la piattaforma non deve essere in alcun caso a conoscenza dell’illiceità del contenuto trasportato. Tale esenzione non si applicherebbe dunque perché il social media non solo era a conoscenza dell’attività di tali canali ma, considerando il successo degli stessi, aveva pure offerto agli stessi un contratto di natura economica e vantaggi legati all’attività stessa.

Tale condizione è dunque profondamente diversa rispetto agli innumerevoli contenuti caricati dagli utenti senza alcuna compartecipazione alle procedure di monetizzazione, per i quali è oggettivamente e tecnicamente complesso ipotizzare meccanismi di vigilanza preventiva.

L’Autorità ha infatti verificato che 26 di questi canali avevano già presentato la richiesta di diventare prima affiliati e poi partner del social media e che quindi la piattaforma avesse condotto un’attività di verifica sui contenuti pubblicati dai singoli canali per verificarne, in un arco temporale dichiarato di 2 giorni per singola istanza, l’accessibilità del canale al programma di monetizzazione, senza considerare che i video pubblicati dagli stessi si pongono in contrasto con il divieto sancito dal citato articolo 9 del Decreto Dignità in quanto gli stessi pubblicizzano siti di giochi online con vincite in denaro. Ritenendo il social media non sanzionabile per l’attività dei restanti canali, presso i quali la piattaforma non poteva porre in essere un’attività di verifica sui contenuti in quanto tecnicamente e materialmente complesso e considerando che gli stessi non partecipassero ad alcun programma di monetizzazione, ma sottolineando che i canali che avevano effettivamente ottenuto lo status di partner erano 6 e che dunque il social media era a conoscenza e in un certo modo concorreva alla diffusione di tali contenuti illeciti in violazione dell’articolo 9 del Decreto Dignità, l’Autorità ha stabilito una sanzione di 150.000 €  per ciascuno dei 6 canali, per un totale di EUR 900.000.

Il caso Google e la sanzione emessa da AgCom

Con un’altra decisione dell’Autorità, si è invece valutata la condotta di Google, attraverso la sua piattaforma di condivisione video online YouTube, per l’eventuale violazione dell’articolo 9 del Decreto Dignità. L’Autorità ha ricevuto diverse segnalazioni in merito alla pubblicità di vincite realizzate su casinò online e, più in generale, del gioco d’azzardo.

Secondo l’analisi dell’Autorità sarebbero stati caricati circa 23 mila video da 48 canali YouTube diversi. In particolare, Google ha dichiarato che solo 27 dei canali risultano essere partner verificati della piattaforma aderenti al YouTube Partner Program (“YPP“) che permette di ricevere la monetizzazione per i contenuti caricati e accedere al team di assistenza. Tuttavia, per i canali non rientranti nel programma, i creator non ricevevano i ricavi dalla pubblicazione dei contenuti, ma la piattaforma sì, anche se in misura esigua. Al contrario i canali rientranti nel YPP generavano ricavi di migliaia di euro.

L’Autorità ha rilevato che per i 20 canali che non rientravano nel programma non emergesse la responsabilità della piattaforma di condivisione YouTube circa i contenuti illeciti ivi diffusi dai content creators, in quanto la piattaforma non aveva avuto modo di verificare ex ante la linea editoriale e i relativi contenuti.

Con riguardo, invece, ai restanti (27) canali si ribadisce che la società non può avvalersi della condizione generale di esenzione di responsabilità di cui all’articolo 6 del DSA avendo la stessa avuto effettiva conoscenza dell’illecito in ragione delle procedure di verifica da questa effettuate a fronte dell’espressa richiesta da parte di un content creator. L’Autorità ha rilevato come ai content creator che raggiungono una certa soglia di ore di contenuti caricati, di visualizzazioni e di iscritti al canale viene data la possibilità di richiedere di sottoscrivere un contratto ulteriore per divenire “partner commerciale” fornitore di servizio intermediario. I 27 canali in oggetto hanno presentato formale istanza di diventare partner commerciali di Google. Tale istanza è stata resa possibile “automaticamente” da Google direttamente tramite il proprio canale YouTube al raggiungimento di determinate soglie stabilite ex ante dalla piattaforma. La società una volta ricevuta detta proposta da parte dei vari content creator ha avviato le proprie attività di verifica (contenuti caricati, visualizzazioni e numero di iscritti ai canali) afferenti alla natura del canale e ai relativi video ivi presenti sia con risorse automatiche che, soprattutto, con risorse umane in un arco temporale dichiarato non inferiore a 30 giorni per ciascuna richiesta. Da tale quadro di fatto sembra emergere che: a) Google sia pienamente consapevole dell’esistenza di un divieto (nazionale) di pubblicità di giochi online a pagamento con vincite di denaro; b) Google al momento della sottoscrizione del contratto di partnership commerciale sia effettivamente a conoscenza che il tema dei canali proposti dal content creator si pone in contrasto con il divieto medesimo.

Tra i 48 canali, AgCom ha ritenuto, in particolare, di dover identificare la responsabilità di Google esclusivamente per quei canali (15) che diffondono contenuti destinati prevalentemente al pubblico italiano, in ragione di quanto previsto dall’articolo 9 del Decreto Dignità che mira specificatamente a tutelare gli utenti dai rischi della patologia del gioco d’azzardo.

Nella valutazione della sanzione amministrativa, l’Autorità ha chiarito che questa non vada computata sul numero di video caricati, ma sul numero di canali presi in considerazione (15) nel provvedimento, rivolti al pubblico italiano. L’Autorità ha individuato la sanzione minima applicabile in EUR 50.000 per canale, tuttavia, preso in considerazione l’elevato numero di video diffusi, ha aumentato del triplo la sanzione totale per un importo complessivo di EUR 2.250.000.

Il Caso TikTok e perché AgCom ha deciso di archiviarlo

Con la terza decisione pubblicata il medesimo giorno, l’Autorità ha invece valutato la condotta di TikTok per l’eventuale violazione dell’articolo 9 del Decreto dignità. Durante il medesimo arco temporale preso in considerazione nel primo caso analizzato infatti l’Autorità aveva ricevuto diverse segnalazioni in merito a tale violazione da parte di TikTok e dalla navigazione del servizio della piattaforma era emerso che ben 30 canali su TikTok avevano realizzata la promozione di innumerevoli siti internet con vincite in denaro. Le modalità di promozione sono le medesime di quelle riportate nel primo caso analizzato, tra cui la riproduzione di sessioni di gioco registrate o in diretta ovvero attraverso la rappresentazione di consumi di giochi con premi in denaro.

Tra le posizioni difensive di TikTok emerge soprattutto quella relativa al valore economico di tali promozioni, in quanto, secondo la società, non sussistendo alcun rapporto di questo tipo, non ne fosse conseguito alcun ricavo e che inoltre nessuna quota dei ricavi pubblicitari venisse riversata dalla società ai content creator. In aggiunta, la società aveva già provveduto a chiudere alcuni dei canali indicati nella lista.

L’Autorità ha ricostruito il caso specifico di TikTok individuando il fattore discriminante nella circostanza che alla luce di quanto dichiarato dalla società, non vi fosse alcun tipo di rapporto commerciale con i 30 content creator, per cui non può essere imputata alcuna responsabilità in capo alla piattaforma in oggetto in quanto la stessa non ha avuto alcuna conoscenza circa l’illecito commesso presso la propria piattaforma di condivisione di video, in ossequio a quanto previsto dalla elaborazione giurisprudenziale formatasi sulla direttiva e-commerce nonché alla luce del dettato dell’articolo 6, comma 1, lett. a) del Regolamento DSA. Inoltre, la piattaforma avrebbe anche prontamente rimosso i video identificati nell’atto di contestazione inibendo altresì l’accesso ai relativi account da parte degli utenti italiani. Per tali motivi è stata deliberata l’archiviazione del procedimento contro TikTok.

Come devono comportarsi le piattaforme e gli influencer dopo queste decisioni?

Da queste decisioni emerge come l’attività di controllo e il ritorno economico che i social media ricevono dall’attività degli influencer rischi di riqualificarli come hosting provider attivi con la conseguente inapplicabilità dell’esenzione di responsabilità prevista dal Digital Services Act. Le decisioni definiscono una linea di demarcazione che le piattaforme non devono superare per evitare una loro responsabilità. Si tratta di una analisi complessa su cui stiamo assistendo numerose aziende con l’obiettivo di operare nei limiti di quanto consentivo dal divieto di pubblicità del gioco e di limitare il rischio di contestazioni.

Su un argomento simile si può leggere “Sanzione contro Meta per violazione del divieto pubblicità del gioco”.

Autori: Vincenzo Giuffre’ e Marco Guarna

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