Il riparto di competenze tra le divisioni dell’Unified Patent Court (UPC) è regolato dall’art. 33 dell’Unified Patent Court Agreement (UPCA). La norma disciplina anche i casi in cui una medesima azione può essere promossa nei confronti di più parti, così come le ipotesi in cui a dovere essere convenuta in giudizio è una parte avente sede in un Paese diverso da quelli membri dell’UPCA (con tali intendendosi anche quelli, come l’Irlanda, che hanno sottoscritto ma non ratificato l’Accordo).
In particolare, ai sensi dell’art. 33, comma 1, lett. b) UPCA, un’azione di contraffazione può essere promossa nei confronti di più parti innanzi alla divisione locale del Paese ove una di esse ha la residenza o la sede della sua attività. Ciò, a condizione che sussista una “relazione commerciale” tra le convenute e l’azione riguardi la medesima condotta.
L’art. 33, comma 3, UPCA prevede invece che, qualora l’azione sia promossa nei confronti di parti aventi la residenza o la sede in Paesi diversi da quelli membri dell’UPCA, l’azione debba essere promossa innanzi alla divisione locale del Paese ove la condotta è (o può essere) posta in essere, oppure innanzi alla divisione centrale competente per materia.
Le disposizioni in parola non sono prive di zone d’ombra, e la Divisione locale di Parigi ha di recente emesso una decisione che ha contribuito a chiarirne la portata (consultabile qui).
La pronuncia trae origine da un’eccezione preliminare (“preliminary objection”) sollevata da alcune società convenute innanzi alla divisione locale di Parigi in una vertenza avente ad oggetto la affermata contraffazione di un brevetto europeo di titolarità di una società statunitense.
Nello specifico, il procedimento era stato instaurato nei confronti di dodici convenute, una sola delle quali avente sede in Francia. Gran parte delle restanti convenute ritenevano di non potere essere assoggettate alla competenza della divisione locale di Parigi: alcune di esse perché aventi sede in Paesi extra-UE e/o estranei all’UPCA (Regno Unito, Irlanda e Polonia), altre perché l’attrice non aveva, in tesi, dimostrato alcuna “relazione commerciale” con le altre parti in causa.
L’eccezione concerneva in ogni caso solamente l’asserita carenza di competenza della divisione locale di Parigi, e non invece anche la giurisdizione dell’UPC. È sui principi dettati dall’art. 33 UPCA in ordine al riparto della competenza interna, dunque, che si è concentrata l’attenzione dei giudici.
Secondo la Corte, anzitutto, i criteri di connessione previsti dall’art. 33, comma 1, lett. b) UPCA possono trovare applicazione anche in presenza di convenuti aventi sede in Paesi diversi da quelli parte dell’UPCA o in Paesi extra-UE. Pertanto, affinché più parti possano essere convenute innanzi alla divisione locale di un Paese ove anche solo una di esse ha sede, è sufficiente che siano integrati i seguenti presupposti: a) tra di esse sussista una “relazione commerciale”; b) l’azione riguardi la stessa condotta asseritamente illecita.
Quanto al primo dei due requisiti, si tratta però di comprendere cosa si intenda per “relazione commerciale”.
Ad avviso della Corte, sebbene il requisito postuli l’accertamento di una “certa qualità e intensità” del rapporto, esso non deve essere interpretato in maniera eccessivamente rigorosa; ciò, al fine anche di evitare il rischio di decisioni contrastanti aventi ad oggetto la medesima condotta e tenuto conto del principio di efficienza che permea l’intero sistema UPC.
Tanto premesso, la Corte ha ritenuto che l’appartenenza a un medesimo gruppo societario e l’esistenza di una finalità comune alle attività poste in essere dalle convenute (e.g. ricerca e sviluppo, produzione, vendita e distribuzione dei medesimi prodotti) possano essere sufficienti a integrare il presupposto in parola. Nel caso di specie, appartenendo le società a un unico gruppo ed essendo in vario modo coinvolte nelle attività aventi ad oggetto i prodotti asseritamente interferenti con il brevetto azionato, la Corte ha dunque concluso per la sussistenza di una “relazione commerciale” tra le parti convenute in giudizio.
Quanto al secondo requisito, ossia l’unicità della condotta contestata, la Corte ha rilevato che, sul sito del gruppo ove i prodotti oggetto della vertenza erano commercializzati, tra i “contatti per la vendita e il supporto” erano indicati tutti gli indirizzi riconducibili alle società convenute tranne una, che però era a sua volta menzionata quale responsabile della ricerca e sviluppo dei prodotti nell’Unione europea. Tanto è bastato per ritenere soddisfatto anche il secondo presupposto con riguardo a tutte le convenute.
In conclusione, in applicazione dell’art. 33, comma 1, lett. b) UPCA, la divisione locale di Parigi ha confermato la propria competenza a decidere la vertenza con riguardo a tutte le convenute, a prescindere dal fatto che alcune di esse avessero sede in Paesi estranei all’UPCA e/o all’Unione europea, in quanto una di esse aveva sede in Francia, tra loro era ravvisabile una “relazione commerciale” e l’azione aveva ad oggetto la medesima condotta illecita.
In materia di UPC può essere interessante l’articolo “Sospensione del procedimento innanzi all’UPC in pendenza di un giudizio di opposizione avanti all’EPO”.
Autori: Laura Gastaldi e Massimiliano Tiberio