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La Commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento europeo ha votato per escludere la disposizione nel framework della Markets in Crypto Assets (MiCA) che avrebbe vietato il mining tramite il proof of work.

Il 14 marzo 2022, la Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento Europeo (ECON) ha adottato la propria posizione negoziale sul testo della proposta di Regolamento MiCA in materia di criptoattività, originariamente pubblicata dalla Commissione Europea nel settembre 2020 nell’ambito della strategia europea sulla finanza digitale e successivamente rivista dal Consiglio nel novembre 2021.

Tra i tanti i temi sul tavolo, negli ultimi giorni ha destato allarme tra gli operatori del settore la proposta di inserire nel Regolamento MiCA stringenti requisiti di sostenibilità ambientale per le crypto-attività che utilizzano meccanismi di consenso particolarmente energivori, in particolare il cosiddetto “Proof-of-Work” di Bitcoin ed Ethereum. In sintesi, il Proof of Work è un protocollo di validazione delle transazioni su blockchain basato sulla risoluzione di complessi algoritmi matematici che richiede un enorme sforzo computazionale da parte dei validatori del network decentralizzato, con un notevole consumo energetico.

La natura decentralizzata dei sistemi sui quali si basano queste crypto-attività e l’assenza di organismi centralizzati di governo e controllo avrebbe reso particolarmente complesso, se non impossibile, adempiere ai requisiti di sostenibilità ambientale proposti, rendendoli di fatto illegali. Al riguardo, la proposta prevedeva l’adozione di un piano di phase-out per la transizione dal Proof-of-Work a protocolli di consenso più sostenibili come il Proof-of-Stake, che prevede il vincolo di liquidità a garanzia del processo di validazione e non la risoluzione di algoritmi, peraltro già prevista per Ethereum nel corso del 2022. Inoltre, al fine di “forzare” la transizione a crypto-attività fondate su meccanismi di consenso più sostenibili sotto il profilo ambientale, alcuni emendamenti prevedevano una sorta di ban a carico dei prestatori dei servizi crypto (exchange e gestori di trading platforms) rispetto alle valute virtuali non ESG-compliant.

Secondo gli operatori del settore uno scenario di questo genere avrebbe alterato drasticamente il contesto delle crypto-attività dell’Unione Europea, penalizzando il mercato unico in favore degli operatori extra-UE, frenando investimenti e provocando una fuga di capitali verso paesi con una regolamentazione meno stringente.

Con una risicata maggioranza la Commissione ECON ha rigettato il regime più stringente, votando a favore di un testo compromesso per regolamentare con un approccio alternativo il tema sostenibilità delle crypto-attività. È stato infatti chiesto alla Commissione Europea di includere nella tassonomia della finanza sostenibile dell’UE qualsiasi attività di mining di criptovalute entro il 1° gennaio 2025, tramite una modifica del Regolamento UE 2020/852.

Almeno per il momento, dunque, i prestatori di servizi crypto non sono obbligati ad escludere le crypto-attività poco sostenibili dalla loro gamma di prodotti offerti né verranno inclusi tra i soggetti destinatari degli obblighi ESG.

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Autori: Giacomo Lusardi e Andrea Pantaleo

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